Politica

MARX ERA COMUNISTA?
di Marco Comandè (8/9/2000)

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"In se stesso non si tratta del maggiore o minore grado di sviluppo degli antagonismi sociali, quali sorgono dalle leggi naturali della produzione capitalista. Si tratta proprio di queste leggi, di queste tendenze che agiscono e si fanno valere con ferrea necessità. Il paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello meno sviluppato l'immagine del suo avvenire. (la sottolineatura è mia - ndr).
Ma lasciamo perdere questo. Dove la produzione capitalistica ha preso piena cittadinanza da noi, p. es. nelle fabbriche vere e proprie, le condizioni sono molto peggiori che in Inghilterra, perchè non esiste il contrappeso della legislazione sulle fabbriche. In tutti gli altri campi siamo oppressi (in Germania - ndr.), come tutto il resto dell'Europa occidentale continentale, non solo dallo sviluppo della produzione capitalistica, ma pure dalla mancanza di tale sviluppo. (la sott. è mia - ndr.) Accanto ai mali di oggi ci incombe tutta una serie di mali ereditari, che derivano dal vegetare di metodi di produzione vecchi e sorpassati, con i loro conseguenti rapporti sociali anacronistici. Noi soffriamo non solo per i viventi, ma anche per i morti. Le mort saisit le vif !"
"Una nazione deve e può imparare da un'altra. Se pure una società è arrivata a scoprire la legge di natura del proprio movimento - e scopo ultimo di questa opera è rivelare la legge economica del movimento della società moderna - non può nè saltare nè togliere di mezzo con decreti le fasi naturali dello svolgimento. Ma può abbreviare e attutire le doglie del parto."
Questi sono due passi del Capitale di Marx, inseriti nella prefazione alla prima edizione.
Cosa vogliono dire? A mio avviso, che Marx è stato talmente bistrattato a destra e idolatrato a sinistra, con la conseguenza che si è perso, è andato smarrito nei meandri della selva oscura dell'interpretazione qualunquistica e propagandistica.
Mi spiego meglio: a leggere questi due passi, dovremmo dedurre che l'evoluzione capitalistica si diffonderebbe a poco a poco in tutto il mondo (come infatti sta già avvenendo oggi con la globalizzazione), "in forme più brutali o più umane, secondo il grado di sviluppo della stessa classe operaia". La diffusione sarebbe inevitabile, con tutte le ingiustizie che comporterebbe (il Terzo Mondo contro l'America imperialistica e l'Europa protezionistica), e l'unica cosa da fare sarebbe quella di accelerare il passaggio verso la società democratico-capitalistico-liberista-liberale attuale, e non verso quella comunista perchè sarebbe questo il massimo sviluppo della produzione capitalistica raggiunto. Abbreviare le soglie del parto non significherebbe quindi scacciare l'imperialista bianco, ma rendere la società terzomondista capitalistica-ecologica-sindacalizzata.
Capitalistica perchè il processo di accumulazione primaria, l'agricoltura, la medicina e la manifattura, garantirebbe ai poveri gli standard di vita che abbiamo noi occidentali: mortalità infantile allo 0,5%, eccedenza di prodotti agricoli, sanità efficiente...
Ecologica perchè punterebbe sulla pianificazione familiare (un figlio per donna come nelle società occidentali) e sullo sviluppo dei servizi (che non inquinano come le fabbriche e le automobili). In altre parole, sostenibilità del rapporto popolazione-risorse, turismo ambientale (avete mai provato a visitare un parco ecologico o a seguire i documentari sulla natura in TV?), computer, metropolitane efficienti sul modello londinese e parigino (senza la congestione del traffico: secondo un'indagine, il 90% delle macchine nei Paesi ricchi sarebbero usate in città; con la metro, l'inquinamento si sarebbe ridotto del 90%!), scuola, sanità...
Sindacalizzata perchè, per esperienza, le società maggiormente democratiche sono quelle ad alto tasso di sindacalizzazione. Tanto per citare qualche caso: l'Europa del Welfare State è più democratica dell'America liberista; il primo sintomo del crollo del Comunismo orientale lo si è avuto con la vittoria del sindacato polacco Solidarnosh contro la monenklatura sovietica.
Quando Marx parlava, la speranza media di vita per un borghese era di 34 anni, per un operaio era di 17 anni. Oggi è di 75-85 anni per gli occidentali, di 60 per i ricchi del terzo mondo e di 30 per gli altri. Mi sembra che gli attacchi dei vari Bertinotti occidentali non rispecchino il pensiero marxista (se non addirittura lo contrastino).
Altri elementi che dovrebbero contribuire a ridimensionare le accuse a Marx. La prima: storicamente, aveva previsto la Grande Depressione del 1880 e l'imperialismo. La seconda: ai tempi della rivoluzione russa del 1917, il dibattito fu molto acceso sulle parole marxiste; c'era la coscienza da parte dei marxisti ortodossi, dell'errore storico commesso ai danni di Marx, cioè che il comunismo sarebbe dovuto nascere nello Stato più ricco, e non in quello più povero (o quasi) del mondo; e non a caso, gli ortodossi suggerivano di instaurare prima la società borghese, e POI quella comunista. Ma Lenin voleva bruciare i tempi per spregiudicatezza: se ne sono viste le conseguenze (previste da Marx).
Cosa cerco di sostenere con tutte queste affermazioni? Che noi occidentali ci troviamo già in una società marxista, malgrado quello che dicono gli estremisti comunisti. E che non bisogna insistere nell'attaccare l'imperialismo americano come se fosse il Male Assoluto, senza guardare il rovescio della medaglia: anche in America ci sono i "buoni" patrioti, sensibili alle esigenze di giustizia, e questi "buoni" non sono una minoranza.
Concludo con un augurio: che Marx possa essere reinserito nei dibattiti attuali, purificato dalle menzogne leniniste.

Commento all'articolo MARX ERA COMUNISTA?
di Enrico Decca (21/9/2000)

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Non per essere il "solito antipatico" marxista, ma la tua analisi su Marx e il comunismo non è del tutto coerente.
La grinza che noto di più è il discorso riguardo allo scoppio della rivoluzione in Russia e non in un paese capitalista più sviluppato.
Ti dirò che Lenin non volle mai bruciare le tappe, la rivoluzione d'ottobre scoppiò per due motivi principali:
la classe operaia vide subito che la classe borghese appena salita al potere stava minando lo scoppio della rivoluzione comunista in Europa a causa della guerra che la Russia intraprendeva con la Germania (paese dove gli operai sarebbero insorti nella vera rivoluzione comunista).
In russia quindi fu instaurato un capitalismo di stato (non il comunismo) utile alla nazione stessa dal momento in cui la classe borghese russa non era in grado di portarlo a giusto compimento, ma soprattutto utile nel far uscire lo stato da una guerra distruttiva e che non permetteva agli operai russi e gli operai tedeschi ad aiutarsi vicendevolmente.
Tutto funzionò fino a quando la Germania non sterminò il partito di Rosa Luxembourg e represse con la forza la fiammella nascente della rivoluzione.
Per finire (ma il discorso sarebbe più lungo) il comunismo non è ancora stato attuato ("il comunismo non sta in un paese solo") e Stalin non fece altro che una massacrante controrivoluzione (nei campi di concentramento russi vi erano soprattutto i leninisti) mascherando i propri interessi con il nome di "comunismo" e spacciando le sue analisi per dette dall'ormai defunto Lenin.

Per ora ti saluto,
Enrico Decca (Bs)

Replica al commento dell'articolo MARX ERA COMUNISTA?
di Marco Comandè (25/9/2000)

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L'articolo di risposta al mio "Marx era comunista?" è molto bello. Vi si fa un'osservazione che anch'io condivido, anzi sapevo già da tempo che il Comunismo in Russia non è stato altro che un Capitalismo di Stato e senza capitalisti.
Però ... non mi sembra che l'osservazione possa smentire quello che sostengo: che, cioè, Marx possa associarsi all'URSS e alla sua economia collettivista. Non lo smentisce, e anzi lo rafforza: è proprio la prova più importante per riabilitare il pensiero marxista, a livello storico. Spiego ora il perchè.
Marx aveva detto:"Una società non può saltare nè togliere di mezzo con decreti le fasi naturali dello sviluppo. Ma può abbreviare e attutire le doglie del parto". Ora, è proprio questo l'errore madornale dei comunisti: saltando la fase del profitto capitalista e quella della crisi di sovrapproduzione del 1880, è stato tradito il pensiero classico: Marx non condannava il profitto, nè tanto meno la circolazione del denaro; Marx condannava lo sfruttamento capitalista del proletariato, e di questo la storia gli ha dato ragione. Qual è stata la conseguenza pratica nell'URSS del togliere di mezzo con decreti il diritto capitalista al surplus? semplice: la sottoproduzione, con conseguente penuria di beni. Le successive conseguenze catastrofiche sono state ampiamente pubblicate nei libri di storia, e non c'è bisogno che le ricordi. I gulag, le deportazioni operaie, borghesi e contadine, le vittime della fame... Ma c'è un periodo storico che va tenuto bene in mente, perchè ci ha coinvolto direttamente: il collasso del comunismo sovietico nel decennio 1980-1992. Collasso che è avvenuto quando il prestigio estero della Russia era alla sua massima gloria. La situazione interna, carestie, criminalità spicciola incontrollabile, centinaia di morti al giorno, rendeva consapevoli i vertici massimi del Soviet supremo del fallimento dell'economia collettivistica. E si è corretto lo sviluppo economico: l'apertura al mercato capitalistico ha eliminato "i mali ereditari, che derivano dal vegetare di metodi di produzione vecchi e sorpassati, con i loro conseguenti rapporti sociali e politici anacronistici".
Accanto all'apertura del mercato, si sono visti anche gli aspetti negativi del capitalismo: mafia, sfruttamento del proletariato, povertà assoluta... però "il processo di rivolgimento può essere toccato con mano. Arrivato a un certo punto deve avere un contraccolpo sul continente. Qui si muoverà in forme più brutali o più umane, secondo il grado di sviluppo della stessa classe operaia", perchè "il Paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare al meno sviluppato l'immagine del suo avvenire"!.
Queste citazioni del pensiero marxista le ho già riportate nel mio precedente articolo. Come si vede, possono essere rimodellate o risistemate come un mosaico, a conferma della preveggenza di Marx.