Politica

FAZIONI O PARTITI?
di Alessandro Crupi (10/1/2003)

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Un'altro anno politico se n'è andato caricandosi sulle spalle la consueta dose di polemiche, accuse e denigrazioni reciproche. Chi si aspettava, ad inizio 2002, una ripresa del dialogo costruttivo fra i diversi schieramenti che popolano la scena politica italiana è rimasto profondamente deluso. Il muro contro muro ha prevalso nettamente sul confronto di larghe vedute e non appare fattibile, al momento, un deciso cambiamento di rotta. Anzi. Anche nel corso dei tradizionali discorsi e conferenze-stampa di fine anno, alla polvere da sparo dei "botti" si è aggiunta quella dei vari segretari di partito che non hanno perso occasione per delegittimarsi vicendevolmente. Ma non c'è da sorprendersi. Sparare a zero sull'avversario politico è divenuto un rito comune e legittimo che appartiene ormai al costume e alla dialettica politica. Qualcuno potrebbe ribattere affermando che "la politica è anche questo". Verissimo, senza dubbio. Infatti, nessuno nega che per far sentire la propria voce in un mondo così complesso e ambiguo come quello politico, occorre spesso usare la durezza dei toni. Tuttavia gli eccessi non sono mai salutari per nessuno e, talvolta, osservando un dibattito tra segretari di partito o tra altri esponenti politici, sembra di assistere più ad uno scontro tra fazioni nemiche che ad un confronto serio tra "onorevoli". Si cade, insomma, nella trappola della baruffa che non porta a nulla di positivo. Gli unici aspetti che questi atteggiamenti suscitano nei cittadini sono un generale e progressivo distacco da un simile modo di fare politica e la più totale confusione su ciò che rappresenta la verità. Risultato: noi non ci capiamo nulla. Perciò i vari leaders di destra, sinistra o centro potrebbero spiegare a cosa può servire al cittadino ascoltare simili diatribe verbali senza formulare una proposta concreta, chiara e libera da condizionamenti strumentali? Mi rifiuto di pensare che questa sia la vera essenza della politica. Non trovo giusto che il popolo italiano venga raggirato o confuso su tutti i temi che gli stanno più a cuore sol perchè bisogna opporre le proprie falsità a quelle dell'avversario per esigenze di partito, cioè per tentare di sottrarre all'altro elettori. I signori che ci governano e che stanno all'opposizione hanno forse dimenticato alcuni termini fondamentali che rispondono al nome di "bene comune" e "dibattito costruttivo". A tal proposito è utile ricordare che un partito, per definizione, si riconosce in una serie di principi ideologici per promuovere il bene pubblico e, soprattutto, per fare da tramite tra la società civile e lo stato. Non dovrebbero quindi essere ammessi gli interessi specificatamente personali o limitati al partito stesso. E' legittimo cercare di convogliare la maggior quantità di consensi possibili altrimenti ne va dell'esistenza del partito ma ciò non significa che per sedurre il cittadino lo si debba ingannare con promesse irrealizzabili o con affermazioni illusorie confidando sulla sua buona fede e astraendolo volutamente dalla realtà. In questo modo, inoltre, si rischia di usare la gente a proprio vantaggio credendola incapace di discernere il vero dal falso. Sarebbe, invece, più importante che il partito esamini tutto ciò che lo circonda in maniera equilibrata e raccolga le impressioni direttamente dai cittadini promuovendo dibattiti. E' opportuno che le forze politiche si avvicinino maggiormente alle esigenze della società civile. A mio avviso dovrebbero essere apportati dei correttivi all'intero impianto politico. Partendo dal presupposto che i partiti non possono essere aboliti, si dovrebbe lasciare più spazio ai cittadini concedendo loro la possibilità di confrontarsi direttamente con i vertici dei partiti in Parlamento tanto da partecipare attivamente al dibattito politico accrescendo il loro peso nel processo decisionale. Per quanto concerne la disciplina all'interno del partito, invece, ritengo opportuno che ogni singolo componente debba essere lasciato libero di esporre la propria idea in qualsiasi occasione senza dover essere costretto a soggiacere sempre alla cosidetta "logica di partito". E se lo schieramento ad esso contrario avrà formulato una proposta oggettivamente positiva per l'interesse pubblico è giusto che il partito opposto ne riconosca il merito e appoggi l'idea collaborando con esso per portare avanti, o eventualmente correggere, la stessa nell'interesse della collettività. A volte occorre superare i propri pregiudizi ideologici facendo prevalere la linea bipartisan soprattutto quando ognuno indirizza la propria azione al servizio dell'interesse generale. Il fatto che poi esista il contraddittorio è democraticamente perfetto. Guai se ci fosse il monopolio delle idee senza possibilità di replica. Tuttavia si concretizza poco se ciascuno pensa di rifiutare le opinioni altrui bollandole immediatamente come insulse e inadeguate. La panacea di tutti i mali sarebbe l'ascolto e il dialogo senza logiche pregiudiziali. Maggioranza e opposizione dovrebbero operare insieme nel rispetto dei ruoli proponendo idee e non chiudendo mai preventivamente la porta alla discussione. Anche questa è democrazia. Non si può certo dire, invece, che in Italia ci siano i presupposti per agire in questa direzione. La scena politica si è trasformata in un'arena senza freni e regole. Le risse e le sceneggiate in Parlamento si sono sprecate con disarmante facilità e noi lì, ad assistere a questo scempio. Diamoci una calmata, dunque, onorevoli signori che avete scelto di svolgere questo lavoro e ricordate che il fine ultimo della vostra vocazione deve essere il benessere comune.

Cordiali saluti