MUSICA - LA STORIA DEL ROCK

LED ZEPPELIN'S THE SONG REMAINS THE SAME

Lo spettacolo....rimane sempre lo stesso....

di Alan "J-K-68" Tasselli (13/11/2002)

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Certo il sottoscritto Tasselli non e' mai stato un folle ammiratore del Dirigibile per antonomasia del Rock, ma questo non puo' impedirmi dal redigere una lucida, quanto personale retrospettiva su uno dei maggiori fenomeni musicali del XX° Secolo.
Non ho idea di quanti abbiano parlato del famigerato primo "quadrilatero", ovvero i primi quattro LPs a portare la firma LED ZEPPELIN, e poco mi importa. Anzi, quasi nulla. Nulla. Non c'e' veramente nulla da aggiungere che non sia gia' stato detto milioni e milioni di volte..... Che il gruppo capeggiato da Jimmy Page e Robert Plant abbia costituito una svolta fondamentale per l'evoluzione della musica rock del secolo (e Millennio) passato e' fin troppo risaputo, e sarebbe assai arduo, per non dire impossibile, reinterpretare le gesta dei nostri eroi senza cadere in un ottuso e fine a se stesso, ingombrante, volgare esercizio verbale, con il fatale rischio di raggiungere i limiti prossimi ad un vero e proprio "abuso di parola". Sorta di "genocidio del pensiero e valutazione critica". Il qui presente, serafico Tasselli se ne frega altamente del "periodo aureo targato Led Zeppelin", onde invece "appoggiare" il proprio critico ed inconvertibile, inattaccabile pensiero su uno dei capitoli zeppeliniani meno discussi di sempre: il progetto THE SONG REMAINS THE SAME, autentica summa e perfetto concentrato dell'esuberanza tipica del gruppo inglese, ma, anche, molto tristemente, il primo accertato punto di non-ritorno, un non-ritorno indicante una musica Rock che non sarebbe piu' stata capace di fare marcia indietro per ritornare sui propri passi, collassando impietosamente e favorendo l'avvento dell' iper-distruttivo ed iconoclasta fenomeno-PUNK (e conseguente "morte" del rock'n'roll). A suo modo, il celebre film THE SONG REMAINS THE SAME e' lo specchio di un istituzione (il Rock, appunto) sempre piu' prossima alla decadenza, rivoltata su se stessa, distorta in ogni maniera possibile, segregata all'interno della sua pregiata campana di vetro, una campana sinonimo di assurde forme di arroganza, estrema pignoleria, perfezionismo esasperato e pavoneggiamenti fino al limite della sopportazione umana. Concettualmente, la pellicola vorrebbe rappresentare i LED ZEPPELIN in forma-concerto, habitat a loro congeniale e naturale, ribadendo a pubblico e critici la loro immensa portata rivoluzionaria, onde legittimare, semmai a quel punto ce ne fosse veramente il bisogno, la propria, indiscussa, inattaccabile leadership musicale in tutto il mondo. Anziche' riunire, semplicemente, una serie di eccitanti
filmati, rigorosamente fedeli alla carica "on-stage" del complesso londinese, i LED ZEPPELIN optarono, sconsideratamente, per una serie di trovate ad effetto, di stampo "sovra-cinematografico", ognuna delle quali rappresentative dell'ideale filosofico dei quattro protagonisti: Robert Plant che gioca a fare il vichingo, sperduto nella foresta, con tanto di moglie e figli "nature", Jimmy Page epicamente impegnato in qualita' di estremo scalatore di insormontabili vette montane, John Bonham (indovinate un po'...?) incallitissimo collezionista di macchine d'epoca, con tanto di corsa spericolata, mentre John Paul Jones, il piu' romantico dei quattro, ha il piacere di intercalarsi nella parte di un cavaliere roso dal desiderio di salvare la propria madamigella in pericolo, prigioniera del Male.
Le pretenziosita' divistiche ed assolutistiche dei quattro membri del dirigibile non lascia spazio alla gioia visiva di uno spettatore oramai nauseato da tanto, troppo auto-compiacimento, una sequela interminabile di auto-celebrazioni, esasperata mitizzazione del proprio io e del sentirsi con assoluta certezza padrone del mondo,
quasi i quattro intendessero rendere noto al pubblico un loro ipotetico "raggiungimento metafisico", dove il lecito viene scavalcato dall'illecito, e la razionalita' affoga nell'irrazionalita', in qualcosa di sempre piu' irraggiungibile ed impalpabile, insopportabilmente irreale.
Il grado di umilta' di questi "gran signori dell'hard-rock" e' pari al tonfo provocato da un peto scaricato da un povero, "incontinente" vecchio trombone oramai prossimo agli 80 anni. La linea che separa la loro modestia dall'egocentrismo piu' spropositato e' equivalente alla distanza che intercorre tra il suolo terrestre e linea piu' avanzata della stratosfera..... Non so se ho reso l'idea…. In THE SONG REMAINS THE SAME, per assurdo, non e' la musica ad essere padrona, inspodestabile sovrana delle immagini, bensi' un aberrante, gretto quasi, eccesso divistico, all'interno del quale si complementano alcune trovate registiche di assai dubbio gusto, sorta di "neo-classicismo-psichedelico", ammesso che il termine possa rientrare nei vostri gusti.
Francamente ad una prima visione il sottoscritto rimase interdetto, confuso, infastidito, innervosito... avrei avuto voglia di estrarre la videocassetta dal registratore e gettarla nel piu' vicino bidone dell'immondizia. In quell'occasione i LED ZEPPELIN si dimostrarono furbi mestieranti schifosamente ruffiani e dalla consistenza e concretezza gravemente latenti; spettacolarmente, cinematograficamente e musicalmente THE SONG REMAINS
THE SAME risulta essere un semi-fiasco. Sottolineo "semi" perche' perlomeno meta' della pellicola e' "salvata", in extremis, dal groove e pathos di azzeccate (ma non poi troppo) versioni di WHOLE LOTTA LOVE e STAIRWAY TO HEAVEN, i due mega-classici per eccellenza ed assoluti must-have per ogni fan di rock che si rispetti. Da par suo, Page si dimostra lontano anni-luce dal concetto di umilta', e ostenta marcatamente i propri pavoneggiamenti chitarristici, al limite della corrosione pura, tanta e' la logorrea musicale riversata dal chitarrista sul pubblico, in aggiunta, of course!, alle non secondarie dosi di innata superbia da parte degli altri tre "compari". Altrettanto discutibile la scelta delle sempre decantate, osannate performances dal vivo, a meta' tra irrisorie, auto-parodistiche celebrazioni del mito LED ZEPPELIN e sconcertanti, vomitevoli, incomprensibili "prolungamenti strumentali jammati" da parte soprattutto di un comunque ispirato Page. Plant, nondimeno, pare sforzare oltre il dovuto la sua inconfondibile ugola, alternando prove convincenti ad altre decisamente meno ispirate. Ineccepibili, se buon memoria non mente, lo stutus interpretativo di Bonham e Jones, sempre all'altezza della situazione.
Propongo un quesito, tipico "tasselliano": ma non sarebbe stato meglio incentrare il proprio carisma di marca zeppeliniana sulla realizzazione di un documentario-rock stile-GIMME SHELTER dei Rolling Stones?... (fra l'altro qui l'entourage degli Zeppelin non avrebbero dovuto sopportare l'incombenza e la pesante responsabilita' di un omicidio tra la folla…)
Era davvero necessario auto-"commiserarsi", auto-compiacersi pateticamente, cosi' come i Led Zeppelin hanno palesemente dimostrato lungo tutto il corso di THE SONG REMAINS THE SAME?... Valeva davvero la pena sovraccaricare di (finto, quanto mai opaco e falso) entusiasmo un pubblico troppo "sordo" e "cieco" per poter realmente comprendere la portata di una truffa preparata, presumo io, a tavolino da nostri quattro "sacri"
del Dirigibile?....
Di sicuro, gli Zeppelin sono riusciti nell'intento di far passare in secondo piano cio' che avrebbe dovuto rappresentare il fulcro del video/film, vale a dire il concerto tenuto al MADISON SQUARE GARDEN di NEW YORK nel lontano 1973. Si avra', come risultato finale, un film che non decolla mai, fastidiosamente dispersivo e pasticciato, una "polpa" di situazioni inutili ed ampollose, apparentemente senza capo ne' coda, quasi rovesciate sull'ascoltatore/spettatore senza rispettare un minimo senso logico, il tutto riflesso e riassunto in una dimostrazione di arroganza e totale mancanza di rispetto tipiche di quelle rock-stars ultra-viziate e iper-miliardarie che non hanno piu' niente da dire ma che si ostinano, maledetti loro, a far suonare la stessa canzone all'infinito, senza alcuna intenzione di alzarsi dalla poltrona onde alzare la puntina del disco e far calare, con gran sollievo da parte di un pubblico spossato e rintronato, il sipario.
Forse non si tratto' di un caso che il titolo di quella infame pellicola fu "LA CANZONE RIMANE SEMPRE LA STESSA". Lo spettacolo, noiosissimo ed indigeribile, pure. Ed il "Dirigibile" comincio', da allora, a volare sempre piu' basso.
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