MUSICA - LA STORIA DEL ROCK

PET SOUNDS

Quando l'Estate di dissolse alle porte di un malinconico Autunno californiano

di Alan "J-K-68" Tasselli (25/2/2004)

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E' il 1966 e la musica Pop assiste ad una esplosione artistica senza precedenti, ovvero l'uscita di due album che costituiranno il primo accertato passo verso l'eta' adulta della musica giovanile per eccellenza: REVOLVER dei Beatles e PET SOUNDS dei Beach Boys. Ma PET SOUNDS, ancora piu' dell'opera beatlesiana pre-SGT PEPPER, anticipa quel "grande periodo di decadenza giovanile" che diverra' un marchio di fabbrica dei tardi anni '60. Oltre, naturalmente, ad imporsi in qualita' di divina ispirazione per futuri musicisti desiderosi di staccarsi dal cliche' giovanile tanto in voga nella prima meta' del "favoloso decennio". "Sua Eminenza Sir" Paul McCartney non esito' a definire la "magnum opus" dei Beach Boys sua principale, innegabile fonte d'ispirazione per SGT. PEPPER: da cio' appare ancor piu' comprensibile l'innovativa portata rivoluzionaria di PET SOUNDS nell'ambito di una musica Pop che gradualmente avvertiva il bisogno di evolversi verso direzioni mai esplorate prima di allora, conglobando aspetti legati ad una profondita' interiore e ad un senso di ricerca ammirevoli, sia per coraggio che per determinazione: attraverso i solchi di PET SOUNDS l'Estate tanto decantata nei dischi precedenti andava progressivamente dissolvendosi, quasi scomparendo, onde lasciare spazio ad un incombente, sebbene dolce, appena appena sfuocato, Autunno. La malinconia prende il sopravvento, sovrapponendosi all'euforia tipica di quelle indimenticabili, roventi estati californiane - incombe la Guerra nel Vietnam e, seppure distante da concetti e proclami anti-militaristi, Brian Wilson fotografa alla perfezione una generazione costretta a dimenticarsi dell'eta' dell'innocenza, un'eta' che sembrava immortale e destinata a durare per sempre. PET SOUNDS e' una sublime sintesi di combattuti sentimenti da parte di un uomo forse alla ricerca di se stesso e di una stabilita' interiore che fatica, tremendamente, a manifestarsi....: ha appena avuto inizio l'"era della decadenza giovanile". Solitudine, illusione, disillusione e poi nuovamente illusione, il personalissimo tormento di un Wilson che mai si e' riconosciuto con l'iconografia piu' classicamente californiana: per certi versi, un antesignano del "pop introspettivo" che godra' di sempre maggiori consensi nel decennio successivo.
Emblematica risulta l'opener WOULDN'T IT BE NICE? - perfetta amalgama tra un disincantato desiderio di felicita' interiore ed un sentimento di imminente dissoluzione emotiva - tutto il disco d'altronde sapra' egregiamente "disegnare" questa altalena di stati emozionali contrastanti ed antitetici, incostanti e contraddistinti, "macchiati" da un indissolubile senso di estrema, quasi incontrollabile ma in fondo non cosi' imprevedibile malinconia...
GOD ONLY KNOWS e' uno dei brani-chiave della grande opera wilsoniana, elaborata composizione che anticipa musicalmente il barocchismo beatlesiano di Sgt. Pepper: armonie vocali sontuose e curate al millimetro, ed una melodia che da' l'impressione di stendersi "ariosamente" sulla coscienza di un ascoltatore sensibile e catturato, "schiavo" delle tessiture armoniche ideate da Wilson.
Si tratta di un album molto vicino, per quel che concerne una spiccata, spudorata attitudine allo sperimentalismo unito alla voluta rottura con gli stili precedenti, al gia' citato LP beatlesiano pubblicato il 1 Giugno 1967: e' come se l'uno fosse la logica conseguenza dell'altro: due assoluti capolavori che hanno avuto l'infinito pregio di rompere ogni schema con il passato onde imporre concetti e prospettive del tutto ignorate, prima del loro avvento - per la prima volta l'Estate non e' piu' al centro dell'Universo Giovanile, ma subentrano altre "stagioni": PET SOUNDS e' un tripudio di effetti speciali mai fini a se stessi, un concentrato di campanellini, cani che abbaiano, passaggi a livello con tanto di treno fischiettante e strumenti solitamente estranei alla musica Pop (fra cui corni francesi, theremin, clavicembali, clarinetti, viola, violoncelli ed altre stramberie andanti a formare un armamentario di riuscitissime "diavolerie" dal vago, ingenuo e comunque godibilissimo sapore psichedelico).
La conclusione (CAROLINE NO) e' dimessa, lievemente offuscata: un tramonto guastato ed una malinconia sempre piu' insistente, unita alla sensazione, grave e solenne, di non poter piu' ritornare indietro, verso quell'Estate che prometteva molto, moltissimo amore ma che ora sta inesorabilmente "annegando", insieme a tutte le sciocche speranze di una gioventu' in lento declino, in un inedito, disilluso, apatico Autunno californiano.

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