MUSICA - Recensioni
PASSION

di Peter Gabriel


di Fulvia Di Iulio (22/4/2004)

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Album: Passion
Autore: Peter Gabriel Genere: World Music

Recensione di Fulvia Di Iulio - Data: 25/09/2003 - Giudizio: 4/5

Peter Brian Gabriel nasce a Cobhan nel Surrey il 13 Febbraio 1950. Vive i primi anni in campagna ed inizia a prendere le prime lezioni di pianoforte, ma il suo strumento preferito rimane la batteria. Entra nel college, ma sarà un'esperienza negativa, che riesce a superare solo grazie alla musica. Ascoltava il genere soul, poi i Beatles, i Bluesbreaker di John Mayall e il beat dei Rolling Stones e Yardbirds. Ad undici anni scrive la sua prima canzone Sammy The Slug e nel 1965 forma il suo primo gruppo: i Garden Wall. Nel 1966 con Banks, Steward, Philips e Rutherford nascono i New Anon, ma nel 1967 con l'arrivo di Tony il complesso si trasforma e sarà conosciuto con il nome di Genesis e nello stesso anno firmano un contratto con la DECCA. Ma in realtà, il classico gruppo dei Genesis (Banks, Rutherford, Hackett, Collins, Gabriel) si costituisce solo nel 1971 con l'album Nursery Crime per terminare nel 1975. Peter Gabriel lascia il gruppo e intraprende la strada del solista. Si può dire che il sond di Gabriel non appartiene agli anni in cui vive né in quelli passati, piuttosto fa un tipo di musica proiettata nel futuro. Fa le cose con calma e meditazione e ci parla attraverso le sue canzoni "Gli attori se ne sono andati. Restiamo solo io e te (Here Comes The Flood)". Il suo linguaggio musicale non è semplice ed è in costante evoluzione. Utilizza tutti gli stili di suoni possibili, mettendo insieme quartetti vocali, folk, sinfonie, sintetizzatori, accordi particolari, percussioni latine, fox trots e alla fine riesce nell'intento di saperli mescolare magistralmente. Un esempio di tale bravura l'ottiene con Passion, che tra l'altro ha avuto un grande ruolo nel mondo musicale. Ha conquistato la critica di mezzo mondo ed ha vinto un Grammy come "miglior disco new age" dell'anno. Rinasce la world music firmata Peter Gabriel e sarà il primo di una lunga serie di progetti internazionali come il Womad (World of music e Arts and Dance) nato per far conoscere all'Occidente le tradizioni musicali di paesi sconosciuti tanto che tale appuntamento è diventato un progetto annuale itinerante. Passion nasce nel 1989 come colonna sonora per il film di Martin Scorsese "L'ultima Tentazione di Cristo" (dal romanzo di Nikos Kazantzakis). L'album associa musicisti provenienti dal Pakistan, Turchia, India, Costa d'Avorio, Egitto, Bahrain, Nuova Guinea, Marocco, Senegal e Ghana. Sono molteplici le sonorità che si sono originate, in particolare il flauto turco di Kudsi Erguner, le tabla di Hossam Ramzy, il violino di Shankar, le percussioni di Fatala, i vocalizzi di Nusrat Fateh Ali Khan Youssou N'Dour e Baaba Mal, il doudouk armeno di Vatche Housepian e Antranik Askarian. A dirigere questa singolare orchestra è il maestro Peter Gabriel, che riesce ad ottenere con grande successo una eterogeneità di suoni. La maggior parte dei brani sono riebolazioni di vecchi testi di centinaia anni di storia di temi armeni, kurdi ed egiziani. Ma questo non penalizza la sua opera, in quanto l'ascoltatore non ha l'impressione di essere nel passato, anzi tutto fa pensare di essere proiettati in una world music del futuro usando delle scenografie di vecchi tempi. La novità è che questo sound può tranquillamente annoverarsi nella storia del rock, perché rock è l'approccio con cui Gabriel gestisce l'intero sound, sempre sintetico e mai astratto, tipico appunto di questa espressione sonora, nonostante Passion racchiuda linguaggi musicali folk di mezzo mondo. L'intero album è una continua ascensione, parte da una base tribale pagana fino ad arrivare all'estremo misticismo arabo e orientale, per poi concludersi con la celebrazione della Passione Cristiana. Passion è basato sull'ideazione del pensiero di Scorsese, nella lotta tra il divino in Cristo e il lato umano in un modo severo e provocatorio. Da qui, parte l'album, integrandosi con questo proposito e narra questa lotta con energiche sinfonie e meditazioni mistiche, litanie arabe, tribalismi raga e danze della giungla. The Feeling Begins, è l'inizio del grande evento e presenta vari strumenti in progressivo avvicendarsi come octabans, surdu, skins (Manny Elias), tabla, cimbali, doudouk, chitarra e doppio violino (Shankar). Più che inizio di un album sembra l'ouverture che precede un gruppo di dervish in pellegrinaggio nel deserto.Gethsemane è il giardino delle preghiere: 1.25 di preludio con un flauto elettronico, la giusta atmosfera per entrare in meditazione. La batteria di Massambla Dlop ci inserisce nelle nenie arabe con Of These, Hope. Ed ecco che Lazarus Raised ci introduce sulla soglia della resurrezione magicamente suonati con una melodia kurda per duoduok e tembur accompagnati da Gabriel al piano. Improvvisamente tutto viene interrotto da: A Different Drum, esempio tipico di ethno dance di Gabriel, tra suoni della giungla (interpretati dalla sua voce), percussioni tribali e vocalizzi (David Sancious) in cui si evidenziano e si integrano perfettamente suoni occidentali con quelli primitivi africani. Di nuovo il sound si addolcisce con Zaar, affascinante piece con il piano di sottofondo e note di tamburine, duf, tabla, cimbali e triangolo e il violino nervoso (Shankar) che anticipa il techno funk tribale di Troubled e prepara il mantra di Open sempre con il violino e vocalizzi di Shankar. Kudsi Erguner e il suo flauto obliquo turco apre Bifore Night Falls e rientriamo nel misticismo. With This Love segna un dolcissimo brano tra l'oboe e il doppio violino che si completano nel piano e nel synth-computer di Gabriel, conferendo un arrangiamento elettronico e richiamando la musica barocca. Con le tabla e le percussioni latine ci inoltriamo in una tempesta di sabbia in Sandstorm. Fino alla fermata successiva di Stigmata, con l'unico sound di Kementché di Mahmoud Tabrizi Zadeh e la voce di Gabriel che decreta l'inizio dell'ascensione e prosegue con Passion, e ci apre le porte alla passione del Cristo tra il requiem e il mantra indiano. Gabriel si improvvisa muezzin e canta insieme a Nusrat Fateh con il sottofondo dei vocalizzi di Youssou N'Dour, la tromba di Hassel, le percussioni brasiliane, le tastiere per mettere in risalto il clima di rito assoluto. A questo punto, il coro di With This Love non può che sembrare il canto delle donne che gemono per la morte del Cristo, fiduciose della sua resurrezione. Tra il flauto di Kudsi Erguner e i sintetizzatori di Gabriel nasce Wall Of Breath e in un battito la volta di The Promise Of Shadow, che anticipa in un assolo percussionistico Disturbed, col il violino (Shankar) di sottofondo in cui risaltano i tamburi africani e i tabla. Dalle percussioni al tamburino, dall'argul all'organo, dal basso alle tastiere, si decreta la resurrezione (It Is Accomplished). Lentamente, tutta l'impresa si spenge con una melodia struggente di pochi minuti con Bread And Wine e così Gabriel ci saluta, mentre scivolano via le note con una dolcezza commovente.