Non sempre nell'ambito
del pop la ricerca spietata ad un successo commerciale discografico
(o qualche mero hit da classifica) ha rappresentato il vertice
di un musicista, soprattutto da un punto di vista profondamente
artistico.
La musica come capacita' cognitiva, ai piu' "invisibile",
in grado di analizzare, PSICANALIZZARE i propri tortuosi sentieri
percorsi da una tribolata, spesso labirintica materia cerebrale,
quasi mai in grado di offrire al suo "padrone" momenti
di placida serenita', se non altrimenti assai poco visibili "squarci"
di lucida visione, accompagnati da immancabili, repentine quanto
spietate ritorsioni psichiche dalla incomprensible natura; in
una parola: inconcepibili, sorta di "oggetti inter-mentali
non propriamente identificati". Ed identificabili. Peter
Hammill, insieme ai leggendari VAN DER GRAAF GENERATOR, ha avuto
il merito assoluto di sapersi impegnare, in un lungo, sconnesso
e arduo percorso di auto-psicanalisi, attraverso la forma a lui
piu' congeniale: la musica.
Una musica tetra, dagli sguardi minacciosi, retta da atmosfere
cupe ed ossessive, un infernale "viaggio" all'interno
del nostro farraginoso, tribolato subconscio; una "nuova
forma" di intelligenza trasposta in una musica dall'alto
fascino, sebbene destinata a pochi, rigorosissimi eletti.
Questo era l'inaudito concetto musicale che il "GENERATORE
VAN DER GRAAF" avrebbe proposto ad un pubblico ancora acerbo
ed impreparato a soluzioni tecnico-compositive assai complesse
ed estremamente cervellotiche; uno dei complessi pionieristici
del rock progressivo britannico il quale vide la luce nei convulsi,
tardi anni '60, in contemporanea alla nascita ed alla successiva
esplosione del gruppo prog-rock per antonomasia, i KING CRIMSON
del geniale Robert Fripp (che, insieme a Peter Hammill, puo'
essere legittimamente considerato il "Mr Progressive"
per antonomasia, autentico, indiscusso "padre" del
neonato genere progressi-sta).
Ma ancora piu' di Robert Fripp, Peter Hammill ebbe l'indiscusso
merito di aver affrontato la straordinaria gamma espressiva che
la musica poteva a quel tempo offrire, "impregnandola"
di ossessioni ed incubi propri, non-curante dell'anti-commercialita'di
cui si sarebbe fatto a breve egregio portavoce e leader indiscusso
dei piu' nascosti "meandri-psichico-musicali", sua
personalissima forma di espletazione artistica. Un modo inconfutabilmente
innovativo di conoscere e conoscersi attraverso l'universo infinitamente
elastico della Musica. Hammill propose, al proprio serratissimo,
elitario pubblico, una massa di suoni e distorsioni che fosse
il compendio nonche' la rappresentazione del suo favolistico
mondo sospeso tra fiaba dal candore assoluto ed il piu' prossimo,
fiammante Inferno dominato da losche figure e tragiche premonizioni
che solo una mente satura e estremamente votata ad un pessimismo
abissale sarebbe capace di manifestare.
La musica intesa come materia di trasmissione teatral-fatalistica;
nuove vie espressive traccianti solchi di acuto, spesso ingovernabile,
incomprensibile pessimismo, sul quale Hammill "dipingeva"
le sue tetre composizioni, suites dall'inedito sapore introspettivo,
spettrali ed al contempo fascinose, sospese tra geniali intuizioni-prog
(si ascolti ad esempio il sax, quale elemento inedito in ambito
rock, prima del suo impiego nel primo album dei VAN DER GRAAF,
"AEROSOL GREY MACHINE", del 1968) e la voce tagliente,
squisitamente espressiva, unica di Hammill, in grado, grazie
anche ad un uso meticolosissimo e maniacale, di "spostarsi"
con straordinaria abilita' e spiazzante eleganza dal dolce sussurro
intimista alle note piu' metalliche "sventra-cristalli".....
Peter Hammill possedeva una voce inconfondibile; lo stesso termine
di "voce" era una definizione di per se' superficiale
e vaga; un vero e proprio strumento in grado di complementare
i suoi immaginifici, introspettivi e minimalistici testi.
La monumentalita' e la grandiosita' degli arrangiamenti compensano
al millimetro gli intenti "sacrali" ed "esorcizzatori"
di Hammill, anima in perenne ossessione e conflitto con il proprio
IO, un ingovernato esteta del pensiero ad oltranza incapace di
porre freno alle proprie inqualificabili angosce.
La seconda opera dei Van Der Graaf, THE LEAST WE CAN DO IS WAVE
TO EACH OTHER, e' il primo, esemplare spaccato della direzione
musicale di Hammill & Co.: arrangiamenti "cerebrali"
e spettrali, testi traballanti tra il piu' inspiegabile degli
enigmi e la piu' cupa digressione negli Inferi della nostra sconquassata
psiche, momenti di luce assoluta, contrappuntati da "buchi
neri" e squarci di galassie oniriche; l'oscuro, tetro Pianeta
di Hammill diventa manifesto di insicurezza e di gravi stati
depressivi, una a sè stante forma di comunicazione per
le poche anime frustrate da una realta' opprimente che non lascia
spazio alla acuta sensibilita' dell'uomo.
Hammill non professa amore, ne' desiderio di liberta'; la sua
e' una "fuga" personale da tutto e da tutti, ma in
particolar modo da se stesso e dalla sua incapacita' di saper
affrontare un "universo" piu' grande di lui, sperduto
nella sua immensita', disperso nei suoi intricatissimi labirinti
nei quali la mente umana spesso rimane incastrata e poi schiava
di sublimi paranoie e roboanti interrogativi ai quali l'uomo/HAMMILL
si rifiuta di rispondere compiutamente, opponendo ad essi una
musica aggressiva ma sostenuta da una inarrivabile, disarmante
sensibilita'.
DARKNESS, il brano di apertura, si tratta di una delle piu' felici
composizioni di Peter Hammill; inizio minaccioso (si odono incauti
soffi di vento, presagio di un imminente temporale) sottolineato
da linee di basso plumbee, sul quale un sottile, quanto morboso
tessuto sonoro preannuncia l'alto lirismo della voce del cantante:
complessivamente la musica dei Van Der Graaf Generator soffre,
talvolta, di una certa marcata "amelodicita'", ma tale
regola trova la sua eccezione proprio in questa composizione
iniziale.
La voce espressiva e "teatrale" di Hammill, uniti ad
un senso interpretativo totalmente fuori dal comune, donano
drammaticita' e pathos a DARKNESS, coniugando una splendida melodia
dal grande, mai del tutto celato o nascosto fascino epico, compensati
da un testo forse "figlio" di un tempo lontano, un
tempo che sola la mente sviluppata e precorritrice di Hammill
riesce a comprendere in pieno.
REFUGEES e', in brevi, laconiche parole, un capolavoro di infinita
dolcezza ed espressione umana: la sottilissima, morbidissima
ugola di Hammill sembra appoggiarsi, letteralmente, sulla magnetica
corporatura del brano; il sottoscritto e' catturato dal "feel"
fiabesco ed etereo del brano, carpendo l'estrema poeticita' sia
del testo che della struttura compositiva. WHITE HAMMER conferma
gli intenti eccentrico-progressive della band: i continui cambi
di tempo possono essere interpretabili come gli intensi "pasti
della mente" di cui Hammill pare soffrire eternamente, ma
in fondo mi sto occupando di un "generatore di morbosi complessi
della etica umana" trasposti in musica, non delle Pietre
Rotolanti o di menestrelli rivendicatori di pace ed amore universale.
Il Rock Progressivo raramente ha toccato vertici di assoluto
lirismo ed espressione di infinita' umanita' quanto quelli inseriti
all'interno dei concetti, a loro modo anarchici e contro ogni
tipo di comprensibile convenzione o dogma proposti dai VAN DER
GRAAF GENERATOR, e, soprattutto, dal suo leader storico Peter
Hammill, divagatore estremo delle proprie estremita', artista
unico nel manifestare i lati piu' nascosti, gli angoli piu' oscuri
ed inesplorati della nostra a noi cara materia grigia. E per
questo, era impossibile che il "generatore" si potesse
trasformare in una "macchina da soldi"; non si sarebbe
trattato altro che di un micidiale, bestiale controsenso, che,
per certo, non avrebbe saziato l'inarrivabile voglia di ricerca
"inter-psichica" di Peter Hammill.
Ascoltare un disco dei Van Der Graaf Generator e' come navigare
su di un Oceano di sensazioni e di continui stravolgimenti spazio-temporali;
non sai mai quanto durera' la calma o quando verrai assalito
dalla piu' furiosa tempesta e dai fulmini piu' accecanti e minacciosi.
Nessuno sa... e forse... nessuno MAI sapra'....
ALAN "J-K-68"
TASSELLI
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