Solitamente, quando si
manifesta una inedita espressione artistica dalla difficile collocazione
od etichettatura, la critica di turno si trova quasi sempre in
una condizione di disagio psichico, attraverso il quale viene
pienamente giustificato il grande "senso di novita'"
che permea nel nascituro filone prima di allora mai udito, e
quindi del tutto inedito e rivoluzionario.
Risalire ad una corretta etimologia del termine "progressivo"
comporterebbe un giudizio analitico ben piu' profondo ed accurato
di quanto si possa credere.
Nondimeno, chi dovra' affrontare questo delicato (ma necessario)
processo non avra' certamente vita facile, anzi!: il tempo non
e' mai, in casi come questi, dalla parte di chi giudica; casomai
esso gioca a netto favore del musicista fautore di rivoluzione
ed innovazione stilistico-musicale, simbolo di un'epoca in continuo
fermento capace di correre (e di evolversi) alla velocita' della
luce.
"PROGRESSIVE" sta per "progresso", qui inteso
nell'accezione piu' ampia del termine; spesso e volentieri si
e' abusato di questa etichetta, volta a definire una decisiva
evoluzione in campo artistico, per quel che concerneva un'allora
(siamo intorno al 1966, quando l'atmosfera intorno a pubblico
e musicisti comincia a "surriscaldarsi"...) movimento
pop-rockistico in procinto di legittimare il suo status di "Arte".
Un passo decisivo si rivelo' essere SGT. PEPPER, l'arcinoto "concept"
dei Beatles: in molti sostengono sia questa la data di nascita
di musica rock intesa come "fenomeno artistico" passato
dall'eta' "adolescenziale" e disincantata ad una piu'
autoritaria ed espressiva, capace di muoversi tramite concetti
ed ideologie proprie, un'arte musicale del tutto o quasi indifferente
alle mode passeggere che erano solite succedersi tra giovani
e meno giovani di quell'epoca, atte ad influenzare, piu' negativamente
che positivamente, menti ancora acerbe e bisognose di nuovi "inputs",
per cui fin troppo facilmente influenzabili ed assogettabili.
Il cosiddetto "ROCK PROGRESSIVO" ha origine e sviluppo
nella fervente Gran Bretagna degli Swingin' Sixties, nel momento
di dominio assoluto da parte dei Beatles e Rolling Stones. E'
francamente impossibile stabilire una data certa relativa all'inizio
di questa cruciale escalation creativa, sebbene a grandi linee
si possa proporre il 1966 quale anno di svolta.
I Fab-Four, con REVOLVER, diedero coscienza a tutto il mondo
degli straordinari prodigi di cui si era capaci utilizzando a
fondo ogni trucco da studio di registrazione (come d'altronde
dimostreranno a 360° con il celeberrimo SGT. PEPPER, appena
un anno dopo); con loro le tecniche di ricerca del suono e di
nuove dimensioni musicali divennero sinonimo di strabiliante
crescita artistica, e venne data ampia dimostrazione di come
non vi fossero effettive, prestabilite barriere che si potessero
infrangere contro le piu' ardite velleita' di un musicista eccitato
dall'idea di poter sconvolgere tutti e tutto, desideroso come
mai prima d'ora di affrontare nuovi percorsi onde trascinare
la musica rock la' dove non era mai stata capace di giungere.
I Beatles furono la sintesi di questo "nuovo concetto",
e la loro musica ne beneficio', raggiungendo inaudite vette di
versatilita' artistica, mostrando a piu' riprese un'obliquita'
compositiva senza eguali, erigendo il semplice rock'n'roll a
forma d'arte come in precedenza non era stato minimamente considerato.
Non sto affermando che i Beatles furono i moderni avventori del
futuro Rock Progressivo, ma, in un certo senso, sebbene a modo
loro, furono "iniziatori" di una allora ancora sconosciuta
(ma evoluta) ideologia-musicale-creativa. Per diversi anni il
termine "progressive" e' stato fatto cadere su gruppi
che non avevano quasi nulla da spartire con questa nuova corrente
musicale: ad es., l'ultra-celeberrima, straosannata A WHITER
SHADE OF PALE dei Procol Harum, si poteva etichettare come "timido
tentativo di pop-sinfonico", ma di "progressive"
non vi era alcunche'; stesso discorso per A NIGHT IN WHITE SATIN
(ripresa in italiano dai NOMADI con il titolo HO DIFESO IL MIO
AMORE) dei MOODY BLUES: solo perche' un brano (peraltro pregevole)
possedeva una struttura piu' complessa del solito non dovrebbe
definirsi affatto "progressiva". Ma altre furono le
malinterpretazioni ai danni del termine "progressive";
belle canzoni, magari con arrangiamenti orchestrali sulla scia
di SGT. PEPPER, ma pur sempre di canzoni si trattava, e niente
piu', francamente.
Per "PROGRESSIVE ROCK" s'intende tutt'altro: ora siamo
nel 1968 e dintorni, quando si affacciano sulla scena complessi
dall'elevata abilita' strumentistica: i JETHRO TULL di Ian Anderson,
primo musicista in assoluto ad introdurre il flauto in qualita'
di strumento solista nel contesto di un gruppo rock; i gia' menzionati
MOODY BLUES, autori del sublime ed ambizioso DAYS OF FUTURE PASSED;
i FAMILY di Roger Chapman; gli eclettici TRAFFIC di Steve Winwood,
Jim Capaldi e Dave Mason, autori di una polifunzionale commistione
divisa tra rock, pop, folk, accenni jazz e soul, uno dei primi
"combi" ad offrire una 'si' vasta varieta' stilistica,
autentici alfieri favoritori di un'evoluzione musicale in costante,
irresistibile ascesa (nonche' geniali strumentisti senza pregiudizi
o rigide congetture armonico-creative alla quali dover sottostare);
i VAN DER GRAAF GENERATOR, guidati dall'enigmatico, contorto,
irto di nevrosi e paranoie Peter Hammill (di non secondaria importanza
l'introduzione di un inusuale, per i tempi, strumento come il
sassofono, un'innovazione assoluta in campo-rock, e questo per
merito di un geniale musicista quale Dave Jackson); gli EMERSON,
LAKE AND PALMER (evoluzione dei precedenti, ed assai piu' eccitanti
e originali, NICE), capostipiti di uno scontato, a volte fin
troppo irritante, pop-rock-classico-sinfonico, che nella piu'
parte dei casi si mostrava essere fine a se stesso nonche' patetico
pretesto onde mettere in risalto le virtu' solistiche del pirotecnico,
virtuosisissimo KEITH EMERSON (in definitiva uno dei musicisti
e compositori piu' sopravvalutati e sovraestimati degli anni
'70...e non solo...); infine vorrei citare i KING CRIMSON di
Robert Fripp, il "Mr. Progressive" per antonomasia,
autore del primo vero capolavoro-manifesto del rock progressivo,
IN THE COURT OF THE CRIMSON KING, edito nel Novembre del 1969.
In seguito si portarono alla ribalta altri giganti del futuro
movimento progressista quali YES, GENESIS, GENTLE GIANT, CAMEL,
i misconosciuti AMAZING BLONDEL (un complesso dotato di estrema
inventiva, propositore di un sound folk-celtico-medioevale di
rara bellezza, suonato con strumenti d'epoca, fautori di un particolare,
avvolgente misticismo), gli straordinari, ultra-cerebrali SOFT-MACHINE
di Robert Wyatt ed altri ancora (il mosaico e' davvero infinito...).
Numerose ed assai articolate erano le intelaiature per mezzo
delle quali si dispiegava il Rock Progressivo di allora: YES
e GENESIS vertevano principalmente su di un pop-sinfonico spesso
dilatato oltre i limiti consentiti (talvolta, come nel caso degli
YES, tali "dilatazioni" avevano puri connotati autocelebrativi...);
i KING CRIMSON di Robert Fripp costituivano invece un ricco,
complesso laboratorio all'interno del quale i musicisti chiamati
in causa apparivano piu' essere entita' astratte e funzionali
ai progetti del loro dispotico padrone, per certo la vera anima
di una musica sempre in crescita e creatrice di generi e sotto-generi
musicali; in contesti come questi la forma-canzone in pratica
non esiste piu', essa si evolve, viene decomposta e poi ricomposta,
ed il risultato sono incantevoli (a volte assai pretenziose)
suites le quali fungono da vetrina per musicisti dotati di spropositati
ego e sempre in lotta creativa fra di loro; i VAN DER GRAAF GENERATOR
si puo' dire fossero "figli" del concetto-"frippiano",
ma devoti ad una loro personalissima autonomia, la quale si rifletteva
egregiamente nella figura del loro leader naturale, il possente,
evocativo, trascendentale, problematico Peter Hammill, sicuramente
la voce piu' bella dell'intenso panorama progressive; un vocalist
in grado di grattare gli specchi come rievocare e dipingere momenti
di assoluta liricita', spesso "piangendo" tramite le
parole dei suoi obliqui, contorti testi.
I JETHRO TULL erano specchio ed immagine del loro leader, il
funambolico IAN ANDERSON, il piu' grande ed autorevole flautista
rock di tutti i tempi, nonche' sommo punto di riferimento per
molti appassionati di musica pop a cavallo tra gli anni '60 e
'70. La miscela musicale dei Jethro Tull, intendo dire, in particolare,
quella dei primi 5 album, ancor antecedente una paurosa sbandata
verso un pop piu' convenzionale, fiacco e scontato, era improntato
su fascinose atmosfere in bilico tra folk di stampo medio-valeggiante
e sferzate rockistiche pre-hard-rock, "condite" dal
superbo eclettismo di un flauto a tratti fortemente sospeso ed
onirico, mentre in altri contesti fiabesco e complementato dalla
voce "menestrellina" di un sempre ispirato Anderson.
I gia' citati TRAFFIC furono forse i primi a coniare il termine
di "crossover", mescolando sapientemente (e con impareggiabile
gusto e pathos) i piu' diversificati generi allora in voga: pop,
rock, folk, soul, jazz, senza dimenticare pero' l'importanza
di una melodia efficace e avvincente.
Riepilogando, risulta assai improbabile dare una definizione
secca e decisa del termine progressive; esso era la complessa
articolazione e manifestazione dei generi di cui ho dibattuto
soprastantemente. O forse... si trattava di qualcosa di molto
piu' semplice... A voi ogni piu' etero-laterale commento (od
analisi) al riguardo...!! Io ho solamente cercato di fare del
mio meglio. E penso di esserci riuscito. Parola, versi di una
mente.... "progressista"....INDEED!!!
....certainly your very
own 21st Century Schizoid Man...... lost in his eternal own Space..................... Questo testo è depositato presso
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