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Nell'ambito della Storia
del Rock, Keith Emerson ha fondamentalmente ricoperto due ruoli
tra loro diametralmente antitetici: da una parte egli fu il principale
responsabile dell'ingresso di un "nuovo" strumento
quale la tastiera, proponendo, audacemente, una "traduzione"
delle piu' rigorose partiture classiche in chiave rock, una soluzione
mai tentata prima dell'avvento di Emerson, inaugurando in tal
modo un filone musicale definibile come "neoclassicismo-pop-rock",
preciso e distinguibilissimo ramo di quel movimento fortemente
contaminante che fu il "progressive-rock" britannico.
Dall'altra, invece, lo stesso Emerson avrebbe portato le potenzialita'
del proprio adoratissimo strumento oltre i limiti piu' umanamente
(e musicalmente) concepibili, trascinandosi in "delittuose"
quanto provocanti assai auto-celebrazioni, un "morbo"
che presto si sarebbe diffuso in molti altri "intoccabili"
polistrumentisti della sua era. Tale scellerato quanto iper-divistico
atteggiamento non solo avrebbe reso sterile buona parte della
musica anglosassone verso il morire della prima parte degli anni
'70, ma avrebbe comportato (accusa gravissima, questa) al primo,
vero declino dell'industria discografica, permettendo al punk
(e conseguentemente alle generazioni successive, generazioni
spossate dagli ipertecnicismi delle ere precedenti) di irrompere
spietatamente, sadicamente sulle coscienze di molti ascoltatori,
decretando il primo accertato decesso della musica Rock in qualita'
di istituzione apparentemente indistruttibile. Dopo aver scritto una delle pagine piu' memorabili del rock sinfonico con i NICE (ed il loro insuperato capolavoro, ARS LONGA VITA BREVIS, edito nel 1968, quale album manifesto di una nuova era pronta a fiorire ed a disseminare "frutti" di ogni tipo, senza fra l'altro dimenticare un altro caposaldo quale FIVE BRIDGES SUITE, forse ancora piu' convincente di ARS LONGA), Keith Emerson, tastierista dall'impeccabile, immediatamente riconoscibile virtuosismo, decide, sulla "scia" fornita dai CREAM (il primo super-gruppo della storia), di fondare anch'egli un terzetto che rappresentasse la fusione di tre tra i maggiori talenti che la scena britannica aveva espresso sino a quel punto. A tal proposito ingaggio' GREG LAKE (cantante e bassista, reduce dall'esperienza straordinaria del capolavoro progressista IN THE COURT OF THE CRIMSON KING, opera di "rottura" da parte dei leggendari KING CRIMSON di Robert Fripp) e CARL PALMER, costui poderoso batterista in precedenza membro degli ATOMIC ROOSTER, un complesso dominato dalla figura carismatica (e tormentata) di Vincent Crane, geniale tastierista, propositore di soluzioni musicali a meta' tra prog e hard-rock. Ed e' cosi' che dall'unione di questi tre superbi virtuosi ebbe inizio l'epopea del primo "super-art-rock-group" della Storia del Rock: gli EMERSON LAKE AND PALMER. Gia' con i NICE, Keith Emerson aveva affinato e poi perfezionato quella sua tipica arroganza da "animalesco" "keyboard-man", imponendosi all'attenzione della stampa musicale come un ibrido in cui erano riuniti, per la verita' molto accattivanti e inaudite per i tempi che correvano, numerosi stilemi e tendenze musicali: Emerson, infatti, era fortemente attratto dalle contaminazioni che la musica classica poteva avere con una strumentazione che si servisse ANCHE di una potente amplificazione: nacque cosi' il termine di "art-rock-sinfonico" (o perlomeno, Keith Emerson fu uno dei primissimi, se non addirittura il primo in assoluto, a coniare questo radicale ed inusuale termine), genere musicale che consisteva nell'arrangiamento in chiave rock di sinfonie di stampo classico tratte dal vastissimo repertorio pianistico del grande tastierista inglese. Fu il primo a proporre composizioni di musicisti quali TCHAJKOWSKY, MUSSORGSKY, SIBELLIUS, MOZART "rigenerate" sotto forma di epiche jam-strumentali, chiaro pretesto onde poter sfoggiare, senza titubanza o timore reverenziale alcuno, tutto il proprio, caratteristicamente straripante ego musicale (poi via via trasformatosi in sommi, indigeribili atti di auto-compiacimento di carattere gratuito ed altamente ingiustificato...). Il grande esordio avviene nel 1970, ed e' a tutt'oggi, meritatamente, un esemplare spaccato di "art-rock" conciso e mai debordante, dove le indisponenti, a volte ingombranti personalita' dei tre musicisti trovano il giusto equilibrio; la miscela musicale proposta non sembra mai cadere nel ridicolo, oppure in eccessivi solismi auto-celebrativi, come invece purtroppo accadra' a partire dalle prove immediatamente successive. Le indiscusse vocazioni virtuosistiche di Emerson trovano il massimo compimento nelle due mini-suites THE BARBARIAN e, in particolar modo, in THE THREE FATES, ma non si ha quasi mai l'impressione il grande tastierista voglia strafare o rubare insolentemente la scena agli altri due. D'altronde Greg Lake eccelle nella mielosa (ma deliziosamente romantica e mai banale) ballata LUCKY MAN, mentre Carl Palmer si dimostra tra i migliori e piu' eclettici batteristi in circolazione grazie alle impressionanti performances stilistico-esecutive sfoggiate in TAKE A PEEBLE e, guarda caso, in THE THREE FATES. Per la serie: (forse) meglio di cosi' non poteva proprio andare. Ed infatti.... non andra'..... TARKUS, uscito l'anno successivo, mostrera' (a dir il vero non poi cosi' sorprendenti...) alcune cadute di tono; l'LP e' caratterizzato dall'egemonica, lunghissima suite che porta il nome del titolo dell'album. Essa e' quanto di piu' pretenzioso ci si possa aspettare da un complesso di art-rock-sinfonico ed il predominio "artsy" di questo "effort" e' ulteriormente contraddistinto dalla mancanza di sciroppose, romantiche ballate in tipico "Lake-fashion". Nondimeno, in TARKUS sono presenti due evidenti "throw-aways" (scarti) quali JEREMY THE BENDER e la fiacca ARE YOU READY EDDY?..., chiaramente inutili riempitivi. L'ensemble si rivela essere decisamente piu' egoistico, sebbene la "musicianship" del trio rimane ancora a livelli accettabili; TARKUS si rivelera' essere un episodio tutto sommato felice della loro decennale carriera ed un "must-have" per i loro sempre numerosissimi fans. Il successivo PICTURES AT AN EXHIBITION rappresenterebbe, idealisticamente, il concerto-tipo emersonlakepalmeriano, con tutti i "pro" ed i "contro" del caso: da parte sua Emerson gigioneggia instancabilmente, irritando non poco il pubblico (e l'ascoltatore a casa) e gli altri due "partecipanti" paiono volerlo assecondare a tutti i costi........ I momenti di felice ispirazione non mancano, ma purtroppo (come dimostreranno anche le loro successive produzioni, a partire da TRILOGY e poi continuando con BRAIN SALAD SURGERY fino agli ignobili album pubblicati nelle seconda meta' dei '70) il "morbo da iper-virtuoso" si e' gia' impadronito della materia cerebrale dei Nostri (in particolare di Emerson) e di li' a pochi mesi infettera' tutto o quasi 'establishment "neo-classic-rockistico", portando ad un clima di saturazione collettiva ed alla conseguente sterilizzazione un genere ormai rantolante e prossimo al suicidio artistico. Keith Emerson, musicalmente parlando, e' lo strumentista di formazione classica che piu' di ogni altro ha tentato di avvicinarsi al genio esecutivo di Jimi Hendrix, per quel che concerne la tastiera. Ma tale merito appare sin troppo eccessivo (quando non gratuito): Emerson e' stata la piu' lampante dimostrazione di come un genio esecutivo spesso non sappia essere un grande musicista, musicista qui inteso nella piu' pura accezione di "compositore", ovvero creatore, facitore di melodie e quindi di qualcosa che si avvicini al concetto di arte creativa. Con Keith Emerson il concetto di musicista competente ed altamente espressivo assumera' connotati radicalmente differenti e difformi dai termini con i quali si tende a descrivere l'immensa portata musicale hendrixiana. Mentre Hendrix riusci', nel solo arco di tre anni, a rivoluzionare il concetto di chitarra (fino a poco tempo prima considerato un mero strumento di accompagnamento prevalentemente ritmico), "conducendo" lo strumento verso limiti sonori e stilistici inauditi, nonche' apportando numerosissime ed altamente rivoluzionarie tecniche (sia di registrazione che esecutive), Emerson si limito' a sfoderare uno stile che via via diveniva sempre piu' "figlio di se stesso", squallidamente monotono e clamorosamente fine a se stesso, quasi "anti-musicale".... Dove Hendrix primeggio', ovvero non solo in termini strumentali ma anche compositivi, Keith Emerson falli', impietosamente, ed egli a tutt'oggi risulta essere l'esemplare piu' lampante di come si possa essere un grande musicista ma allo stesso tempo cronicamente incapace di gestire una linea compositiva che non sfoci altrimenti in pretenziose, inutili cavalcate pseudo-celebrative, alla fine solo indisponenti e provocanti un forte senso di irritazione (se non di presa per il c..., come sarebbe lecito pensare all'ascolto dei suoi "famigerati", kilometrici, "rivoltanti" assoli......). Fare musica significa anche (soprattutto!!) saper comporre melodie; Hendrix era in grado di eccellere sia in veste di implacabile esecutore che in qualita' di propositore di inediti connubi e cross-overs fino a poco tempo prima impensabili. Ed e' per questo motivo che ritengo semi-fallimentare l'arte (o pseudo-tale) proposta dal pur bravo Emerson; se Hendrix e' stato uno dei massimi e piu' originali esponenti nella breve storia del Rock, Emerson, al contrario, si e' rivelato essere uno dei suoi figli piu' degeneri, un artista che ha compromesso la propria arte in favore di vanagloria, verosimilmente sprecando un grande talento in favore di vere e proprie "kermesse auto-celebrative", che tutto possedevano tranne che musica e melodia. E, non essendoci VERA musica all'interno dei suoi dischi, che sentimenti mai avra' potuto esprimere, nei confronti della sua vastissima (ed affezionatissima...?) platea?... Da inserire tra le icone (?...) rock piu' sopravvalutate di ogni tempo. O forse non siete di questo parere?... Questo testo è depositato presso www.neteditor.it e quindi coperto da diritti d'autore. 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