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Questa che segue e' una intervista mossa "ai danni" (piacevoli, tutto sommato) del critico Alan J-K-68 Tasselli, con il preciso intento di scrutare piu' approfonditamente l'intenso e spesso problematico ego di questo eccentrico individuo, smaccatamente incline ad analisi molto colorate e decisamente sferzanti, non tenendo assolutamente conto di quale reazione altrui egli possa scatenare. Tasselli e' indiscutibilmente una persona di stampo marcatamente "free", che ama districarsi in territori solitamente poco battuti ma ugualmente affascinanti e tutti da riscoprire. In lui vige un principio fondamentale di anarchia, un'anarchia a tutto tondo, mi si permetta di dirlo, principi, quelli tasselliani, mai sovraccarichi di inutili, pretenziosi giochi verbali. Certo, a lui piace fornire al lettore di turno un linguaggio discretamente forbito (ma non troppo, in fondo, diciamo piu' che accettabile), ma col preciso scopo di dire, fino alla fine, la (scomoda) verita', una verita' forse mal accettata dai piu' ma pur sempre verita'. Godrete ora di un'intervista esclusiva a Tasselli. Spero voi la troviate di vostro gradimento, e, se cosi' non fosse, potrete sempre ricacciarmi nel posto dal quale sono venuto, e cioe'.... casa mia!!... BUON GODIMENTO!! |
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PENNARELLI: ...dunque, Sig. Tasselli, cominciamo subito con un quesito senza compromessi: spesso nelle analisi da parte del critico emerge, mi si permetta di dire, il piu' delle volte a sproposito (e quindi ingiustificato), il termine "genio". Mi potrebbe dare la sua personale visione di questo cosi' delicato concetto?.... Che cosa e' per lei il GENIO?... Come si manifesta?.... E quando fiorisce in un individuo?... TASSELLI: "GENIO" e' uno dei termini piu' scomodi di tutta l'umanita' terrestre... Spesso esso e' deturpato del significato originale, in quanto il critico o l'analista di turno tende ad eludere, vuoi per ingenua inconsapevolezza, vuoi per incapacita' di giudizio, l'etimologia naturale della parola. "GENIO" si nasce, indubbiamente, non si diventa. Un individuo ha sempre il tempo di migliorare le proprie attitudini, onde perfezionarle e renderle le piu' efficaci possibile, ma questo atteggiamento non preclude il fatto che egli sia un essere particolarmente dotato di intelletto: un artigiano rimarra' in fin dei conti sempre un artigiano, e mai potra' assurgere al ruolo di genio; viceversa il genio non avra' bisogno di fare l'artigiano, in quanto individuo eccezionalmente dotato da madre natura. La differenza sostanziale tra questi due "ceppi", e' che mentre l'artigiano potra' limitarsi solo ad esercitare la professione di artigiano, il genio sarebbe in grado di agire polifunzionalmente, in quanto presumibilmente mente assai eclettica ed in grado di adattarsi su piu' fronti: il genio potra' ricoprire si' la mansione di artigiano ma, da un momento all'altro, egli avra' ANCHE l'innata possibilita' di "trasformarsi" in qualcosa di ben diverso, ad esempio scoprirsi inventore, colui cioe' che inventa e sa inventare, fondando i propri principi di raffinatissimo intelletto sul fine assoluto di produrre qualcosa che rimarra' nel tempo, ovvero una sconvolgente innovazione di cui l'umanita' potra' beneficiare a breve. Se, ad esempio, Guglielmo Marconi non fosse esistito, chi avrebbe pensato ad inventare il telegrafo senza fili e conseguenti derivati (si pensi alla radio, al ruolo che essa ha ricoperto nell'immaginario collettivo della societa' del Ventesimo Secolo, quale fondamentale mezzo di comunicazione nell'era pre-mass-mediatica e televisiva). "Genio" e' sinonimo di "speciale", "inaudito", qualcosa che nessuno o quasi nessuno sarebbe in grado ne' di concepire, ne' tantomeno di portare a termine. Nel momento in cui l'uomo dotato di eccezionale potere intellettivo nasce, egli si porta dietro con se' l'innovazione che, di li' a pochi anni, affiorera' quale sintomo di innata genialita'. Egli dovra' avere solo la "grazia" di saper attendere il momento in cui le proprie "corde cerebrali" possano captare quello "sconsiderato", sfuggente frammento denominato ISPIRAZIONE. Concludero' citandole una mia massima alquanto caratteristica: "Prima di divenire genio in qualche disciplina, assicurati innanzitutto di divenire GENIO DI TE STESSO"... Carina, non trova?... PENNARELLI: Lei sostiene che oggi la musica dei giovani abbia perso quello spirito rivoluzionario a cui essa era imprenscindibilmente legata. Mi saprebbe dare una motivazione di questo suo pensiero estremamente grigio e negativo sulla gioventu' moderna?... TASSELLI: ....non ho
mai sostenuto oggi non ci siano musicisti validi od artisti gravemente
mancanti di ispirazione, sostengo solo che spesso si avverte
uno spasmodico, frettoloso, fastidioso bisogno di immedesimarsi
nell'icona a noi piu' congeniale, senza tenere conto dell'effettivo
valore di tale artista, non so se mi spiego..... Il Rock e' morto
non in quanto forma musicale espressiva, piuttosto esso risulta
essere "deceduto" da un punto di vista "istituzionale":
il rock'n'roll in quanto forma di trasgressione giovanile e'
cessato definitivamente di esistere, e questo e' accaduto molti
anni or sono, e, volendo risalire, utilizzando una "metrica
cronologica", ad una data simbolica accertante tale "decesso",
si potrebbe tranquillamente indicare il (cruciale, drammatico)
momento in cui il fenomeno-PUNK insorse e spazzo' via qualsiasi
principio di istituzionalita', quella tipica, inconfondibile
istituzionalita' che il Rock deteneva sin dai primi timidi tentativi
di ribellione, attraverso storiche figure quali CHUCK BERRY,
LITTLE RICHARD, BUDDY HOLLY, JERRY LEE LEWIS, e, naturalmente,
ELVIS PRESLEY, Il Re. PENNARELLI: Lei recentemente e' stato criticato di essere sin troppo soggettivo nelle analisi recentemente pubblicate. Che idea ha, in proposito, Tasselli?.... TASSELLI: Nessuna idea in particolare. La gente e' libera di giudicare, ma non di offendere. Io non sono ancora stato offeso, in quanto non ho mai inteso offendere nessuno. Se qualcuno casomai si e' sentito particolarmente turbato da alcune acide critiche rivolte a certe regole dettate da un business discografico sempre piu' invadente e saturo, o per alcune mie analisi non troppo benevole nei confronti di certi miti e stars considerate per troppo tempo come "antichi dinosauri eroi semi-martiri del pianeta rockistico", beh... si vede che non hanno nulla di meglio da fare nella propria vita...!! Frase assai poco originale, ma prettamente funzionale al discorso appena intrapreso. Anzi, una soluzione ci sarebbe: sfruttare il proprio tempo in maniera piu' costruttiva, ad esempio andare a leggere che cosa i critici piu' accorti hanno scritto su quelle "presunte" stars di molti anni fa, riverite fino a rodere il senso di buon gusto di tanta gente, gente che per troppi anni e' stata bombardata da fitte cortine di misticismo oggigiorno ampiamente ingiustificate. Quando scrissi che Keith Emerson era piu' sregolatezza che genio non stavo scherzando, ne' provocando: a mio modesto (ripeto: modesto) parere gli EMERSON LAKE AND PALMER ad un certo punto della loro carriera rappresentavano quanto di piu' sbagliato e stomachevole ci potesse essere in circolazione: grandi trionfalismi, grandi scenari, assoli interminabili, tanto chiasso e moltissimo fumo, ma pochissimo arrosto. Arrosto alla fine uscito dal forno bruciato e quindi immangiabile. Ma il sottoscritto ha anche scritto che Emerson fu grande strumentista, ma un grande strumentista non vuol dire necessariamente essere un genio. E Keith Emerson NON era un genio. Punto. PENNARELLI: Vorrei sapere da Lei, infine, quali sono i suoi criteri nel giudicare un artista od un disco. Intendo dire, onde essere piu' limpidi in proposito: quale e' la differenza fra soggettivita' ed oggettivita'? TASSELLI: questa e' una
di quelle domande che non possono che stimolare la mia materia
grigia, onde fornire elaborazioni a me care su concetti di cui
si parla francamente troppo poco. Sono proprio reduce da kilometriche
discussioni in proposito, e devo dire che e' assai difficile
convincere la gente della reale evidenza dello stato delle cose.
Io sono sempre stato convinto che fra soggettivita' ed oggettivita'
spesso non intercorre NESSUNA separazione: soggettivo puo' voler
dire anche oggettivo, e viceversa. Il mio criterio nel giudicare
opere altrui risiede in un'autentica "mania feticista"
nel personalizzare qualsiasi cosa mi capiti sotto gli occhi.
Generalmente anch'io prendo ispirazione da temi e giudizi altrui,
ma mai fino a "boicottare" le MIE sensazioni, il mio
stato d'animo e di conseguenza il mio intelletto. Se per esempio
su 10.000 persone, 9.999 considerassero Hitler un benefattore
dell'umanita' per aver mandato al rogo 6.000.000 di ebrei allora
io rappresenterei quell'UNO PER MILLE che ultra-categoricamente
si ribellerebbe, in quanto un simile genocidio non puo' essere
accettato in nessun modo. E questo e' un palese caso di soggettivita'
in perfetto sincrono con l'oggettivita'. Quell'oggettivita' che
non sono stati in grado di riconoscere gli altri 9.999 idioti.
Al contrario, se quei 9.999 si proclamassero indignati per il
genocidio ebraico e votassero contro Hitler, io sarei FRA QUEI
9.999. Il che vuol dire: i miei criteri non si basano sull'umore
della gente o sul fatto di voler sembrare a tutti i costi anti-conformista;
essi si basano esclusivamente sulle idee che il sottoscritto
Tasselli ha in merito a quella determinata vicenda. Un genocidio
e' un genocidio, e per quanta gente razzista esista in giro per
il mondo, tale rimane tale, e quindi del tutto opinabile. Quando
un uomo uccide un uomo l'oggettivita' ti porta a dire: e' INGIUSTO,
e' un peccato, e' un crimine. Ma, ahinoi, in un contesto del
genere emergera' sempre il pazzoide di turno che, onde volersi
stupidamente distinguere dalla massa, affermera': NO!, questo
omicidio non e' ingiusto e sto dalla parte dell'assassino. Il
mondo purtroppo va cosi', la gente e' naturalmente piu' predisposta
per il male anziche' per il bene. C'e' molta gente che oggi venera
Hitler, ma si tratta di gente che non e' ebrea, e che quindi
non conosce e mai potra' conoscere l'infinita crudelta' con cui
quest'uomo ordino' ai propri connazionali di estinguere la razza
ebraica durante la seconda guerra mondiale. PENNARELLI: non ho altro
da aggiungere. Grazie immensamente per la sua collaborazione.
Arrivederci. |