Certo, aggiungere qualcosa
di nuovo ed inedito su di un complesso fin troppo celebrato e
osannato, nonche' divenuto una ferma icona del nostro tempo non
deve risultare al sottoscritto assai facile.
Il qui presente (e mai assente) Alan "J-K-68" Tasselli
non puo' definirsi certamente come il piu' autorevole critico
quando come oggetto vi e' il leggendario gruppo fondato quasi
quaranta anni fa dal mai dimenticato Roger "SYD" Barrett;
nondimeno non posso considerarmi come uno dei piu' acerrimi sostenitori
o "celebranti" dei Floyd. Le mie saranno solo contenute,
salde e obiettive considerazioni su di un fenomeno musicale che
ancora oggi fa discutere, sebbene, odiernamente parlando, solo
per colossali vendite commerciali, e non per meriti puramente
artistici.
Fatta questa premessa, direi che sarebbe venuta l'ora di imbattersi
nel loro capolavoro piu' criticato, celebrato, mitizzato e stroncato
allo stesso tempo: THE DARK SIDE OF THE MOON.
E' assai ben risaputo che i Pink Floyd hanno prodotto albums
persino migliori di DARK SIDE, almeno per cio' che concerne la
musica da un lato strettamente compositivo e melodico. L'argomento-principe
su cui ogni critica-rock che si rispetti, quando si ha come "vittima"
il combo "diretto" da Roger Waters, dovrebbe "erigere"
il suo "epicentro" e' la disputa su quale sia stata
in realta' la missione musicale intrapresa e (e poi egregiamente
portata a termine) dai PINK FLOYD: verranno ricordati ed apprezzati
piu' per le straordinarie innovazioni ed evoluzioni apportate
al suono, tanto da meritarsi il titolo di "produttori di
cibo per le menti", od anche (e probabilmente) per aver
saputo coniugare suono, hype, possenti walls-of-sound saturi
di colori e distorsioni neo-psichedeliche con superbe melodie,
oggi considerate archetipi-rock a cui moltissimi artisti moderni
possano fare continuo ed infinito riferimento?...
Il tono di questo imbarazzante quesito e' volutamente provocatorio
(si badi bene: non ha valenza o alcuna intenzione gratuita!...)
e non andro'eccessivamente a ritroso onde dover giustificare
i miei dubbi e le mie incertezze sulla validita' o meno di un
contesto musicale fin troppo studiato e ripescato. E THE DARK
SIDE OF THE MOON, insuperato marchio sonico-musicale dei Floyd,
costituira' il valido pretesto per la mia compiuta analisi.
DARK SIDE si pone, nel contesto della musica popolare del XX°
Secolo, come un ricco laboratorio madre di esperimenti post-lisergici
ed abbraccianti il piu' ardito e spregiudicato art-rock della
prima meta' degli anni '70. Padrone incontrastato di questa "rivoluzione
del suono" e' Roger Waters, che, in qualita' di alchimista
floydiano, rileva gia' dal 1968 i Pink Floyd (appena liberatisi
dal peso ingombrante, eccessivo, deleteriamente anarco-schizzoide
di Barrett) auto-erigendosi a folle, incontrollabile setacciatore
di nuove sonorita' che renderanno il "floyd-sound"
universale e istantaneamente riconoscibile in ogni parte del
globo.
Waters, Gilmour, Mason e Wright, orfani del genio anarchico e
stralunatissimo di Syd Barrett, proseguono il cammino, dando
avvio ad un percorso (a partire dal celebre doppio (meta' live
meta' in studio) UMMAGUMMA) capace di toccare vette di sublime,
spesso piacevolmente criptata cerebralita', dando in pasto ad
un ancora acerbo pubblico le loro ricerche e inusuali connubi
di rumori vivisezionati dall'"ingordo" Waters e sapientemente
tradotti in "intelligenti", accattivanti squarci di
quotidianita', una quotidianita' in apparente quanto bizzarro
contrasto con la complessita', spesso ingovernabile e astrusa,
di una mente come quella di Waters, devastata da paranoie e macabre
visioni, in eterno oscillazione tra sogno e realta', schizophrenia
e solenni momenti di lucidita'.
THE DARK SIDE OF THE MOON viene edito il 24 Marzo 1973 e verra'
considerato dalla critica come l'insuperato capolavoro musicale
dei Pink Floyd. Cio e' vero, ma solo in parte: il fatto che in
esso vengano riuniti, impareggiabilmente, tutte le contraddizioni
ideologiche e simboliche di Waters non giustifica appieno tale
titolo. Volendo staccare i piedi dalla Luna e riposandoli sulla
Terra, ci si accorgera' della "non-perfezione" di cui
tutto l'LP e' pervaso: inutile stendere elogi e contro-elogi
sull'elaboratissimo, maniacale sistema audio-fonico impresso
sui solchi del disco, che ne costituisce l'autentica perla ed
epicentro musicale-ideologico di tutta l'operazione. Ma, se intendessimo
separare l'ingombrante (alle orecchie di qualcuno persino eccessivo,
destabilizzante...!) hype (ovvero la fitta cortina mistificatrice
costruita attorno a sequenze rumoristiche dominate da orologi,
macchine in movimento, echi di chitarre eteree e sognanti, simulazioni
di battiti di casse stracolme di monetine, oggetti volanti non
propriamente identificati (e che non vorremmo identificare...))
da cio' che invece dovrebbe essere l'istigatrice causa dell'acquisto
del disco, ovvero, LA MUSICA, ci si accorgerebbe, con una sospirata
ma piu' che giustificata amarezza, che THE DARK SIDE OF THE MOON
si tratto' di una impeccabile produzione onde tradurre in maniera
sfacciatamente edonistica le virtu' narcisistiche di un gruppo
forse dedito, intento piu' a conquistare nuove vette soniche
e intrise di spiazzante (spesso molto simile all'auto-compiacimento)
cerebralita', piuttosto che essere fermamente convinti di aver
scritto una melodia memorabile o perlomeno al di sopra della
media.
Questo si rivela essere tutto ed il contrario di tutto di THE
DARK SIDE OF THE MOON, volenti o nolenti: un superbo, inarrivabile
rivoluzionario prodotto, se lo intenderemo da un punto di vista
strettamente cerebral-onirico, sonico/concettuale; discretamente
mediocre se lo riducessimo allo "scheletro" (annientando,
cioe', il corpo sonoro
dell'intero LP), portando alla ribalta le non del tutto riuscite
tracce, a cominciare dall'insipida MONEY, per poi passare attraverso
i trucchi (talvolta ruffiani, talvolta "stregoni" delle
nostre menti, in perenne cerca di .... "cibo"...) di
SPEAK TO ME e ON THE RUN, perfette comunque nel rendere lo stato
di ansia del nostro protagonista, riuscendo a fondere, tra rumori
e soluzioni sonore d'avanguardia, momenti di alto contenuto sonico-spaziale,
ponendo le coordinate su cui si poggia il pensiero pessimista
da parte di un Waters alquanto disorientato, autentico ambasciatore
del tema dell'incomunicabilita', di cui THE DARK SIDE risulta
un compiuto, drammatico spaccato. Non mancano per la verita'
momenti di intenso, assoluto lirismo, come dimostrano TIME, trascinante
nella sua felicissima fusione tra testo e musica, un passo in
avanti per un non ancora del tutto sviluppato concetto filosofico
all'interno dei parametri-rock, superba prova di lucidita' mentale
ed intellettiva da parte dei quattro componenti; il brano si
avvale anche di un debordante, spiazzante assolo di Gilmour alla
chitarra: si ha la sensazione esso voglia accompagnare il viaggio
attraverso il tempo di un coraggioso, anarchico esploratore,
in continuo stato di ansiosa curiosita', di inavvertibile senso
spazial-onirico. In definitiva: il trionfo della suggestione
ed uno degli squarci piu' intensi di tutta la discografia floydiana.
La prima parte del disco si completa con una elegia, presumo
io, alla pazzia, ma anche, allo stesso tempo, alla liberta' dell'uomo,
spesso egli schiavo di preconcetti e insubordinazioni da parte
di una Societa' che tende a renderlo sempre piu' schiavo di essa:
THE GREAT GIG IN THE SKY, dominata da vocalizzi femminili di
derivazione soul-gospel, in grado di fondere fiammante liricita'
e drammaturgia quasi cinematografica. In questo coinvolgente,
straziante frammento della sua vita l'uomo sembra librarsi verso
il cielo, il "suo" cielo, onde aprirsi un varco, grazie
al quale potra' regnare indisturbato e solenne, lontano dai rumori
e ingiustizie della realta' terrena.
US AND THEM vorrebbe rievocare BREATHE IN THE AIR ma la melodia,
sebbene pink-floydiana al 100%, risulterebbe convincente solo
se nel contesto dell'album, non certamente estraibile da esso
per poi essere proposto come tema isolato. Ma questo discorso
vale un po' per tutto THE DARK SIDE OF THE MOON: cio' che rende
(e per sempre, rendera') immortale quest'opera e' il suo inconsueto
approccio con l'art-system dell'epoca, qui fotografata in tutte
le sue direzioni possibili; per il Rock si tratto' di un prodigioso
balzo verso un'era futuristica prossima a venire, mentre per
quel che concerneva il song-writing i Pink Floyd avrebbero certamente
(indubbiamente) scritto pagine di ben piu' elevata caratura artistica.
Per THE DARK SIDE vale lo stesso parametro
adottato per SGT. PEPPER dei Beatles: SGT. PEPPER non si potra'
mai considerare come il capitolo piu' felice, musicalmente parlando,
dei Beatles (sebbene uno dei piu' riusciti): esso comporto' una
rivoluzione, la piu' significativa e rilevante della storia della
musica pop, sebbene questo non puo' giustificare appieno alcune
"debolezze" compositive insite nel capolavoro di Lennon
e Soci. Ebbene, lo stesso dicasi per THE DARK SIDE OF THE MOON:
come per SGT. PEPPER, esso costitui', per i PINK FLOYD, la definitiva
acquisizione di status di "semidei del Rock", ma questo
grazie, come gia' ripetuto in piu' di una circostanza, piu' al
magniloquente manto sonoro e policromatico, piuttosto che alla
qualita' delle loro canzoni presenti nell'album. E nessuno potra'
negare l'importanza avuta nel contesto storico degli anni '70
(un periodo fortemente contraddistinto dalle incessanti, maniacali
ricerche di nuove avanguardistiche tecniche all'interno degli
studi di registrazione) del LATO OSCURO DELLA LUNA, sinonimo
ora piu' che mai accertato di "recording" superiore
al "song-writing".
In fondo, ROCK = HYPE, non vi pare?.......... (andate a ripassarvi,
in proposito, il buon vecchio Sergente Pepe... con tanto di solco
concentrico finale......)
Concentricamente vi saluto.
Alla mia prossima......
OSCURA (ma non troppo) PARTE DI LUNA....... Questo testo è depositato presso
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riprodotto totalmente o parzialmente senza il consenso dell'autore
stesso, il quale, peraltro, ha autorizzato la pubblicazione su
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