Non sempre l'aver conseguito
il successo puo' comportare solo felicita', denaro e donne a
volonta', sorta di harem inattaccabile nel quale poter trovare
sempre rifugio, una volta sfiorato il varco dell'eccesso, cosi'
temuto ma anche cosi' azzardato e malignamente sfidato da decine
di avvenenti promesse della musica pop del Ventesimo Secolo.
Per coloro, pochi ma distinguibilissimi al tempo stesso, che
posseggono una sensibilita' debordante, straordinariamente fuori
dal comune, quasi impossibile da etichettare o decifrare, si
apre una voragine chiamata follia, spesso (e volentieri) sfociante
in atti di sconsiderato autolesionismo, culminante, naturalmente,
nel capitolo supremo finale del percorso verso gli Inferi da
parte della rockstar di turno: l'auto-annientamento, o se preferite,
l'auto-distruzione. Traumatico simbolo di decadenza di un'Arte
da sempre correlata al Diavolo, sinonimo di fato perverso ed
inconvert ibile, impossibile da controllare, incapace di poter
essere vinto o, talvolta, ritardato negli eventi. E comunque
in perenne, sadica attesa del nostro primo, e forse fatale, passo
falso. L'ultimo di una lunga, vergognosa serie.
I BADFINGER, complesso nato sotto l'aura protettiva dei Beatles,
intorno al 1968, (e quindi in periodo di totale sfacelo intra-personale-artistico
per quel che concerneva i FAB-FOUR), per un buon quinquiennio
sono stati sinonimo di grandezza compositiva, trattandosi essi
di felice combo capace di riunire almeno un paio di straordinari
talenti melodici, in perfetto "Beatles-fashion", caratterizzati
da una attenzione spasmodica verso il concetto di melodia nonche'
irresistibili "hooks" dalla perfetta suggestione e
carichi di pathos emotivo, quando non struggente o straziante.
I BADFINGER, un quartetto dedito prevalentemente alla creazione
di sontuose ballate, non a caso riecheggianti stilemi dei loro
"mentori", si dimostravano anche v alidi e convincenti
prop ositori di occasionali (sebbene assai accattivanti) sferzate
rockistiche degne del piu' acido Lennon o del piu' "ruggente"
Mc-Cartney. Il fulcro ed epicentro compositivo era costituito
da PETE HAM e TOM EVANS (quest'ultimo straordinariamente somigliante
a Paul McCartney...), due eccellenti song-writers (in particolare
il primo) ma allo stesso tempo personalita' funestate da problemi
interpersonali che ne avrebbero condizionato l'intera carriera
artistica (profondo, acuto malessere esistenziale culminato tragicamente
con il suicidio prima di HAM, nel 1975, poi di EVANS, nel 1983),
andando cosi' a delineare l'impietoso rovescio di una medaglia
che sembrava destinata a splendere per i molti anni a venire.
Molto probabilmente, un buon 90% degli ascoltatori di pop odierno
si chiedera' chi fossero costoro, da dove mai il sottoscritto
li abbia tirati fuori, o magari qualcuno si convincera' semplicemente
del fatto che non siano mai esistiti (o pe ggio, che il qui present
e Tasselli li abbia inventati di sana pianta).
Nulla di tutto cio'! I BADFINGER sono esistiti, eccome!, e in
un periodo compreso tra il 1968 ed il 1975, seppur a sprazzi
e piuttosto discontinuamente, essi hanno espresso tra le piu'
felici e struggenti pagine del pop-melodico dei
primi anni '70. Un po' come per i MOBY GRAPE, per i BADFINGER
potrebbe valere il titolo di "grande promessa mancata",
meglio, di "grande promessa tragicamente stroncata"
da un destino avverso come in pochissimi altri casi nella Storia
del Rock. Certo non capitava tutti i giorni che un gruppo di
giovani musicisti, nell'ambito di un momento assai cruciale ed
oscillante, "caldo" e tumultuoso come quello dei tardi
anni '60, potessero godere dell'assoluto privilegio di cooperare
con ognuno dei quattro storici scarafaggi. i BADFINGER parteciparono
infatti alle registrazioni del primo album solista di George
Harrison, nonche' funsero da musicisti di supporto durante la
prima edizione della PLASTICO NO BAND di John Lennon; in seguito
avrebbero fatto parte anche di alcune incisioni negli album solisti
di Ringo Starr. Infine, a chiudere il cerchio' sara' virtualmente
proprio il principale, indiscusso mentore ed ispiratore dell'emergente
e talentuoso complesso, Paul McCartney, il quale comporra' per
loro il primo TOP-TEN, dal titolo COME AND GET IT, edito nel
1968.
Ma il "dito cattivo" avrebbe in seguito rivelato stile
e velleita' propri, e, seppur mai brillando di estrema originalita',
avrebbe imposto la sua indiscutibile, elevatissima propensione-pop-centrica
grazie ad un promettentissimo autore come PETE HAM, in grado,
costui, sia di estrarre dal proprio cilindro "pounding rockers",
cosi' come, con altrettanto, disinvolto aplomb, delicate, "note-perfect"-ballads,
costruite su bozzetti ricalcanti ossessivamente, quasi, la fragilita'
interiore di un autore in perenne bilico tra potenziale ultimo
giorno vissuto e conseguente rinascit a, riuscendo miracolosam
ente a colmare "gaps" affettivi nella piu' parte dei
casi insopportabili ed indicanti una decadenza dalla quale pare
impossibile sottrarsi. Fino ad una amara, tragica rassegnazione.
NO DICE (uscito nel tardo 1970) risultera' essere il primo dei
due capolavori dei BADFINGER, eccitante, talvolta strappa-lacrime
concentrato di struggente, lancinante poesia in musica, dominato
dal song-writing di HAM,
che eccelle in rockers quali I CAN'T TAKE IT, il brano di apertura
e NO MATTER WHAT, che si rivelera' singolo dal discreto successo;
ma la vera perla sara' costituita da MIDNIGHT CALLER, che sembra
ricalcare, con immenso pathos e tatto interpretativo, ELEANOR
RIGBY di McCartney, sommo spaccato di solitudine e glaciale indifferenza
da parte di una Societa' eccessivamente consumistica ed incapace,
del tutto, di saper ascoltare.
MIDNIGHT CALLER e' un superbo canto alla decadenza piu' umana
immaginabile, presumibilmente una ex-prostituta stanca e sola,
contro il mondo, incapace di riscattare la propria condizione
di cronica solitudine, lasciandosi andare ad una perpetua dissoluzione,
del tutto priva di auto-compiacimenti o autocommiserazione. Ricorda
moltissimo Father McKenzie ed il suo sermone che nessuno avrebbe
mai ascoltato, personaggio centrale in Eleanor Rigby, metafora
di una ingombrante, schiavizzante solitudine che sembra non presagire
altra soluzione che l'obbligo ad abbandonarsi a se stessi, diretti
verso il Vuoto piu' assoluto ed annullando ogni stimolo e passione.
Altro highlight di spicco e' BELIEVE ME, francamente una "sconcertante"
reminiscenza (per non dire PLAGIO) di OH DARLING, la celebre
composizione "rock'n'roll-fashion" presente nel capolavoro
crepuscolare beatlesiano ABBEY ROAD. Evidentemente McCartney
ed Evans (l'autore dell'ehm.... brano) si erano messi sapientemente
d'accordo.....
A parte questo "leggero" inconveniente, la melodia
e' trascinante e suggestiva, e suggella u n album costellato
da vette artistiche che raramente verranno scavalcate in futuro
dal gruppo nato sulla scia dei BEATLES. E non posso certo dimenticare
la ballata per cui i BADFINGER (ed in particolare PETE HAM) verranno
consegnati all'immortalita' artistica: quella WITHOUT YOU coverizzata
decine di volte da artisti differenti, fra cui HARRY NILLSSON
(che regalera' al pubblico di mezzo mondo la versione piu' famosa
e convincente) o vocalists del calibro di MARIA CAREY, nel corso
dei primi anni '90 (sebbene, e questo va rigorosissimamente menzionato
dal sottoscritto, l'originale batte tutte le versioni esistenti
per magnetismo e fascino, per merito di un arrangiamento
scarno e tagliente, sommo esemplare di "power-ballad").
Segue STRAIGHT UP, altro caposaldo "badfingeriano",
edito nel Dicembre 1971, album decisamente piu' multiforme e
poliedrico, dove alla leadership compositiva di HAM viene felicemente
contrapposta l'abilita' in fase melodica di TOM EVANS e JOEY
MOLLAND, anch' essi capaci di sfornare credibili "hooks",
portando la band ad un inaspettato equilibrio in sede creativa.
NAME OF THE GAME e TAKE IT ALL sono la definitiva dimostrazione
che PETE HAM e' un "first-class-song-writer", in grado,
a tratti, di tenere il confronto con il mostro sacro McCartney
(e direi che non e' poco, vi pare?...); le due ultime songs menzionate
sono rari esempi di "note-perfect-song-ballads" (di
cui, ovviamente, HAM era indiscusso maestro).
Ma anche i suoi compagni, come anticipato in precedenza, non
sono da meno: l'uno-due, spiazzante quanto perentorio di MONEY
e FLYING (quasi concepite come una mini-suite all'interno dell'album)
e' "figlio diretto" dell'ancora freschissimo (e influentissimo)
ABBEY ROAD beatlesiano, con cadenze tipiche del miglior McCartney
(d'altronde fu lui il dominatore dell'ultima perla a nome Beatles);
MOLLAND eccelle con SUITCASE, sorta di pacata "on-the-road-track",
dalla ritmica coinvolgente e piacevolmente satura (una saturazione
comunque contenuta). Infine, DAY AFTER DAY e' quanto di piu'
quintessenziale il pop possa risultare al primo ascolto; porta
la firma, of course, di PETE HAM.
Il genio artistico di HAM e soci tocchera' in questi due "lost-classics"
del power-pop anni '70 il suo acme ed insuperato vertice, sebbene
nelle produzioni successive non manchino zampate di "first-class-music",
come ad esempio la zuccherosa, lacrimante APPLE OF MY EYE, contenuta
in ASS, edito nel 1973. Successivamente i BADFINGER, in fase
nettamente calante, si prodigheranno in un ultimo, disperato
sforzo, nel tentativo di catturare quel successo che da tempo
era loro sfuggito, acuendo i loro gia' dissoluti, sventrati ego,
e conducendo il gruppo (e relavite carriere dei solisti) verso
un vicolo cieco senza apparente via d'uscita (numerosi saranno
i guai finanziari, personali e giudiziari che perseguiteranno
incessantemente il gruppo inglese fino al loro inevitabile scioglimento).
L'ultimo acuto sara' rappresentato da WISH YOU WERE HERE, del
1974. Poi il Nulla.
HAM si suicidera', impiccandosi, il 23 Aprile del 1975 (4 giorni
prima del suo 28° compleanno), a seguito di continui problemi
sia di ordine finanziario che personali, mentre EVANS "seguira'"
le sue "gesta" 8 anni piu' tardi, anch'egli impiccandosi,
il 19 Novembre 1983, immediatamente dopo una violenta discussione
telefonica avvenuta con MOLLAND.
Il motivo per cui i BADFINGER si siano situati nel profondo del
mio cuore mi risulta ancora piuttosto oscuro; evidentemente,
tra le tante qualita' di questo sottovalutatissimo e dimenticato
complesso, risiede una certa dose di
impercettibile potere subliminale, coadiuvato da quell'inseparabile
senso di misticismo che accompagna tutte i tragici capitoli finali
di una band storica. Non so quanto "storici" possano
essere reputati HAM e Soci, comunque e' innegabile che, pur non
avendo cambiando il corso della Storia del Rock, essi hanno espresso
pagine di indimenticabile, e a tratti, superbo "power-pop",
imponendosi come un combo dotato di grande fascino e decadente
stile, attraverso il quale viene a diffondersi uno strambo ibrido
mirabilmente caratterizzato da una repentina e veloce scalata
verso le vette piu' alte del "craftmanship" britannico
al quale, si sovrappone, idealmente e fatalmente, un'altrettanto
rapida discesa verso la follia, follia che divorera', spietatamente,
acidamente, le vite di due giovanotti che avrebbero dovuto, ma
non hanno potuto.
... ma tutto cio' non importa. Importa invece che le note di
intensa decadenza e struggimento di MIDNIGHT CALLER risiederanno,
e per l'eternita', nel punto piu' profondo della mia anima.
E, statene certi, non e' affatto mia intenzione rimuoverla.
ALAN "J-K-68"
TASSELLI
...il vostro interlocutore
dopo la Mezzanotte....
Inspodestato Sovrano
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