Economia

Congiuntura internazionale 2
di Marco Comandè (9/1/2001)

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Avevo scritto un articolo il 9 settembre, unico articolo del suo genere a difendere a spada tratta l’euro, dichiarando che la moneta unica, malgrado i crolli continui, aveva (e ha) ancora successo. Sono passati 4 mesi, e i dati empirici mi stanno dando ragione. Siccome la crescita americana era sopravvalutata, per colpa delle speculazioni borsistiche, era l’economia
di quel Paese a essere in certo qual modo drogata, non certo la nostra.
Tutti affermavano che la colpa principale degli Stati dell’Unione Europea, fosse quella di non aver voluto applicare certi sistemi liberisti, cioè riduzione dei diritti dei sindacati, detassazione degli investimenti, libertà di licenziare, tagli alle spese sociali. Invece, ora che l’Euro si sta rafforzando, ci si è accorti che era l’America a mancare di certi meccanismi keynesiani, che salvaguardavano il welfare state. Per capirlo meglio, basterebbe analizzare i rimedi che avrebbe dovuto applicare Cilnton per ridimensionare la speculazione borsistica:
1) aumento delle tasse, perché la gente era così ricca da potersi permettere di speculare. Invece di speculare, non era più importante investire su sanità, scuola, pensioni, in modo tale da prevenire i crimini (che nascono dalla povertà, e non il contrario), anziché curarli, spendendo cifre folli nel settore giudiziario?
2) Crollo della borsa, o quantomeno limitazione massima della speculazione in Internet. Ma questa sarebbe stata una misura comunista, o sbaglio?
3) Aumento del tasso di sconto (cioè del tasso che regola tutta l’economia nel suo complesso). Ma un tale aumento avrebbe rafforzato il dollaro sull’Euro, oppure sulle monete che sarebbero rimaste in vigore senza l’unità di conto.
E’ stata scelta la terza strada, prima che il crollo del Nasdaq (cioè la borsa tecnologica) rimescolasse le carte. Così il dollaro si è rafforzato, INDIPENDENTEMENTE DA QUELLO CHE SAREBBE ACCADUTO IN EUROPA. Logica
conclusione: le monete europee, se fossero rimaste al loro posto, si sarebbero svalutate lo stesso, rendendo difficoltoso tutto il sistema economico, e ritardando ulteriormente l’unione monetaria. In parole più semplici: senza l’Euro, lor signori i politici avrebbero lo stesso cercato di attuare le riforme ritenute necessarie, oppure non avrebbero considerato
allettante l’ipotesi dell’isolamento, pur di non dover pagare l’impopolarità delle riforme?
Ma queste sono affermazioni che non aggiungono nulla di nuovo all’articolo precedente “Congiuntura internazionale attuale”. Vorrei che mi si fosse riconosciuto il merito di aver attuato una presa di posizione geniale.
Adesso, passata la sbornia economica, è tempo di precisare alcune cose:
se l’Euro dovesse fallire, non sarà per non aver attuato nessuna riforma (disastrosa, aggiungo io), ma per altri due motivi, contemplati nel “protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti”, allegato al trattato istitutivo della Comunità europea:
- Art. 26.- Qualora uno Stato membro disconosca i suoi obblighi di membro derivanti dal presente statuto, e in particolare l’obbligo di versare la propria quota o i suoi prestiti speciali o di assicurare il servizio dei prestiti da lui contratti, il consiglio dei governatori, deliberante a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere la concessione di crediti e di garanzie a tale stato membro o ai suoi cittadini. Tale decisione non libera lo Stato né i suoi cittadini dalle loro obbligazioni nei confronti della Banca.
- Art. 27.- Qualora il consiglio dei governatori decida di sospendere l’attività della Banca, tutte le attività dovranno essere sospese senza indugio, eccezion fatta per ke operazioni necessarie a debitamente garantire l’utilizzazione, la tutela e la conservazione dei beni nonché la liquidazione degli impegni. In caso di liquidazione, il consiglio dei
governatori nomina i liquidatori e impartisce loro le istruzioni per effettuare la liquidazione.
In altre parole, o se vince un governo di estrema destra, oppure se la Banca Europea fallirà perché la comunità europea non abolirà alcune riforme essenziali, tipo l’abolizione del voto unanime in seno alle istituzioni, il rafforzamento della concorrenza interna, una recessione economica mondiale… Ma, mentre il primo caso è probabile, il secondo no perché
l’Euro (cioè la tanto bistrattata moneta, e ora tanto venerata) costringerà gli Stati ad acconsentire alla voglia di profitto da parte delle imprese.
Un’altra cosa da precisare: la gente si chiede se ci sarà una recessione a livello mondiale. Le famiglie americane sono altamente indebitate, le imprese Internet falliscono, e quindi ci saranno licenziamenti a catena, i consumi crolleranno…
Io avrei una risposta, ma questa volta si tratta di una ipotesi, non di un’analisi perentoria come il precedente articolo. Secondo me non ci sarà nessuna recessione, per tre motivi:
1) se è vero che le imprese legate alla nuova economia (New economy) stanno fallendo in massa, non è la stessa cosa per le altre imprese. Le multinazionali, anzi, stanno accumulando pezzo dopo pezzo tutte le azioni fallite. Chi le ha in mano, può sperare di recuperare parte delle proprie perdite.
2) Siccome Clinton ha avuto il merito di aver lasciato il bilancio interno in pareggio, il nuovo presidente Bush può attuare una nuova detassazione come quella reaganiana. Speriamo che non provochi un ritorno alla politica allegra di quei tempi. Forse no, se è vero che il voto dei democratici è determinante, e se il buco dei conti con l’estero spingerà alla prudenza.
3) Le imprese europee sono state quelle che, in epoca di risanamento pubblico e di rivoluzione tecnologica, hanno risentito del fenomeno, e quindi hanno moderato le loro spinte speculative. Quindi l’onda dei ribassi, dei fallimenti, dei licenziamenti, si avvertirà di meno. Quando si dice che il risanamento dei vari governi hanno rovinato l’economia! La verità è un’altra: le imprese sono soggetti che hanno bisogno di stimoli, non di aiuti. Le varie confindustrie europee lamentavano il carattere smarcatamente di sinistra delle manovre finanziarie, e profetizzavano catastrofi con l’avvio dell’Euro. Suggerivano quindi di rinviare il percorso. Ma bravi, ora che abbiamo avuto ragione noi “sinistri”, che ci dovremmo
aspettare? Una piccola autocritica almeno… Ci sarà, invece di lamentarsi per la mancata “americanizzazione” dell’economia europea?
Conclusione: potremmo, per favore, lor signori del fondo monetario internazionale, della banca mondiale e degli altri organismi economici, rispolverare le teorie keynesiane? Lo sappiamo entrambi il motivo per cui l’economista è stato censurato in seguito alla crisi del petrolio: siccome la sua analisi non prevedeva la variabile petrolio, e quindi la spesa keynesiana era antitetica al petrolio, invece di rinunciare al petrolio a poco a poco, si è preferito rinunciare al grande economista. Con tutti i disastri che ne sono seguiti: debito del terzo mondo, diperazione dei poveri del mondo, inquinamento… Adesso, per favore, un ritorno alla teoria keynesiana.