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EPPURE IO CERCAVO ANCORA IL TRAMONTO

di Fabio Castano (8/1/2004)

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11.09.1973, Santiago del Cile

Ricordo nitidi quegli attimi d'attesa prima dell'azione decisiva. Santiago era deserta fin dal giorno precedente e la piazza del palazzo presidenziale ci osservava incuriosita. Appariva ferma, vuota, inanimata. Un acquario senza pesci.
Mi voltai un istante, tremavo. Fissai lentamente, ad uno ad uno, i volti dei miei compagni.
Ero entrato nell'esercito da due mesi e con i miei "ridicoli" diciotto anni ora mi trovavo lì, catapultato da qualcosa certamente più grande di me.
Gli ordini erano chiari, non dovevamo pensare.
"Al segnale entrate nel palazzo con la forza, sfasciate tutto, anche la testa di quel "porco" di Allende".
Era così ben proporzionato il Palazzo della Moneda da quell'altezza e gli occhi dei miei compagni vogliosi di entrare dalla porta principale della storia.
Il vento spostava un pulviscolo fastidioso per gli occhi. Non riuscivo a guardare il cielo per cercare una risposta. "E' davvero il generale Augusto il nostro liberatore?". Più l'eco di questa domanda rimbombava nei miei pensieri e più il pulviscolo si impadroniva dei miei occhi arrossandoli. Eppure io cercavo ancora il tramonto.

 

11.09.2003, Santiago del Cile

Trent'anni dopo leggo le vicende del mio vecchio Cile sul giornale che ogni mattina mi compra mia moglie, la donna che amo e che mi ha dato la risposta che quel giorno io cercavo in cielo. I genitori di mia moglie, anche lei cilena, sono nella lista dei più di quattromila desaparecidos torturati e fatti sparire nell' oceano del sud del mondo. La loro colpa? Credere nella libertà.

Ho voglia di rispondervi oggi, si, oggi ho voglia di parlare. Osservo la serenità ritrovata da mia moglie, mi immergo nel verde profondo degli occhi dei miei due figli.
Oggi io posso urlarvi che il vero "porco" era il generale Augusto.