Cultura - PrimiPASSI

CANTI, VISIONI E RIVERBERI DALLA STANZA MORTA

di Telemaco Pepe (29/1/2004)

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E tornai nella nuda stanza, spoglia di ogni colore, i muri scorticati, la polvere fluttuante, un delirio ancora in corso, vedo le mie braccia muoversi quasi fossero guidate da una forza esterna, le mie reazioni ritardate, malvagie allucinazioni divampano,
acidi spasmi mi assalgono, indescrivibili convulsioni mi trafiggono come serrati, crudeli elettro-shock… mentre sul soffitto compaiono bolle che si gonfiano e si sgonfiano.... la lampada ad olio sembra ansimare, e' sull'orlo dello spirare, non riesco piu' a distinguere tra luce ed oscurita', gelo e calore, gioia e tristezza, desiderio di risveglio e lenta agonia.... Accasciato sulle crepe della miseria, sdraiato sulla disperazione, il mio essere non ha piu' logica, ne' alcuna legge della fisica… il mio corpo nudo, sulla cui pelle infuocata orrendamente strisciano ragni dalle mostruose dimensioni… demoni dal viso squarciato e vampiri traboccanti di sangue umano accarezzano il mio stato di angoscia e si cibano della mia immobilita'.... non sono altro che schiavo degli eventi.... sebbene forse non stia accadendo nulla.... voci appena intonate da un sinistro baritono orribilmente guastato, sfigurato nei suoi epici, pomposi sali-e-scendi ricchi di nevrotico virtuosismo, si rincorrono, si sovrappongono, si scaraventano sulle mie flebili orecchie.... si disperdono nel vuoto infinito di questa stanza morta, meta di fantasmi inquieti e non-morti, mentre trapassano da una esistenza parallela all'altra.... vedo non vedo...sento non sento.... ammoniti di streghe bavose dalla falce protesa verso il mio volto sgualcito sputano il loro dissenso approfittando della mia cronica passivita'.... violini stonati dai suoni acuti e ficcanti percuotono la stanza e scompaiono tra le mura depositando sinistri, acquosi riverberi, mentre giganti passi di plumbea minaccia io avverto come canti liturgici intonati da voci seviziate, voci violentatrici, voci sguaiate, strascicate..... ratti dalle forme gigantesche formano un cerchio ruotante su se stesso, si moltiplicano, fino a divenire migliaia di assordanti, affamate vespe, numerose a tal punto da uccidere quell'unico schizzo di ossigeno rimastomi.... poi... tutto gradualmente svanisce, alla stessa maniera di un oscuro, decadente brano musicale il cui volume viene progressivamente abbassato.... fino a scorgere il sordo silenzio a leggeri tratti ritmicamente interrotto da foglie di alberi d'autunno cadere lungo il prato rinsecchito adiacente ad una vecchia scuola ebrea da tempo abbandonata al suo fascio temporale di rassegnata, scura desolazione....
Il tempo e' finito, e gli spettri sono fuggiti via. Niente piu' mura, niente piu' bolle sul soffitto. Solamente qualche graffio o ricordo annebbiato, tumultuoso, offuscato e tortuoso nella sua difficile, contorta, quasi impossibile ricostruzione logica....
Nulla ha piu' ragione di esistere, e nulla ha piu' ragione di succedere al Nulla ....
...perche' il Nulla ora sono divenuto io.

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