Cultura - PrimiPASSI

UN PEZZO DI LIBERTA'

di Fabio Castano (2/11/2003)

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No. Non era facile vivere nel mio mondo. E quante volte sul punto di scappare, arrivava quella mano dal cielo e si incominciava a combattere. Ricordo il pavimento, il luogo di battaglia, sempre uguale a se stesso, ripetitivo, quasi ossessivo in quelle piastrelle di due colori. Bianco e nero, bianco e nero, ovunque mi voltassi piastrelle bianche e accanto piastrelle nere e così via, all'infinito. Quell'infinito che potevo conoscere.
E poi c'erano loro. I "neri". Così li chiamavamo.Anche se tanto neri non erano, tendevano più ad un colorito sul marrone scuro.
Quante sfide con loro potrei stare qui a raccontarvi: ricordo battaglie lunghissime d'ore ed ore, con mani sempre più sudate che ci spostavano da un lato all'altro e battaglie brevi di pochi minuti, nelle quali la mano più giovane che muoveva quasi sempre noi veniva lasciata vincere dalla mano più anziana che muoveva quasi sempre gli altri, i nostri nemici immobili.
No.Non era per niente facile vivere in un mondo come il nostro. La noia si impossessava di tutta la squadra nei lunghi periodi tra una battaglia e l'altra. E gli sberleffi contro i nostri avversari, disposti esattamente come noi nell'altro lato del mondo, si, ti facevano passare qualche ora in allegria, ma a volte le attese erano interminabili.
Poi venne quel giorno, fu la nostra ultima battaglia : eravamo stanchi, sia noi che i nostri avversari, di combattere e aspettare, combattere e aspettare. Così per tutta la notte precedente alla battaglia cercammo di comunicare le nostre intenzioni al re degli avversari, anche se in realtà a prendere le decisioni più importanti era la regina, l'unica a potersi muovere a piacimento in battaglia. Beh in accordo con gli avversari, il giorno della battaglia iniziammo a muoverci senza seguire le solite regole, senza seguire la volontà delle mani dal cielo. Ricordo ancora quel sapore così dolce di libertà.
Le urla che vennero dall'alto, dai padroni delle mani con tutta probabilità, mi fece intuire che quella partita segnava la fine del nostro mondo a due colori.

Ora io vi parlo da questa soffitta polverosa. Ho sentito che al nostro posto ci sono combattenti nuovi, d'avorio, bianchi e neri come noi.
Noi siamo di legno e già gira voce che finiremo bruciati. Non è tanto per me, che sono un pezzo comune, quanto per il mio re, la regina, l'alfiere, la torre.Tutti pezzi finemente lavorati e coraggiosi.
No, non è facile vivere nella nostra scacchiera per un pedone di prima fila come me, con così tanta voglia di libertà.