No. Non
era facile vivere nel mio mondo. E quante volte sul punto di
scappare, arrivava quella mano dal cielo e si incominciava a
combattere. Ricordo il pavimento, il luogo di battaglia, sempre
uguale a se stesso, ripetitivo, quasi ossessivo in quelle piastrelle
di due colori. Bianco e nero, bianco e nero, ovunque mi voltassi
piastrelle bianche e accanto piastrelle nere e così via,
all'infinito. Quell'infinito che potevo conoscere.
E poi c'erano loro. I "neri". Così li chiamavamo.Anche
se tanto neri non erano, tendevano più ad un colorito
sul marrone scuro.
Quante sfide con loro potrei stare qui a raccontarvi: ricordo
battaglie lunghissime d'ore ed ore, con mani sempre più
sudate che ci spostavano da un lato all'altro e battaglie brevi
di pochi minuti, nelle quali la mano più giovane che muoveva
quasi sempre noi veniva lasciata vincere dalla mano più
anziana che muoveva quasi sempre gli altri, i nostri nemici immobili.
No.Non era per niente facile vivere in un mondo come il nostro.
La noia si impossessava di tutta la squadra nei lunghi periodi
tra una battaglia e l'altra. E gli sberleffi contro i nostri
avversari, disposti esattamente come noi nell'altro lato del
mondo, si, ti facevano passare qualche ora in allegria, ma a
volte le attese erano interminabili.
Poi venne quel giorno, fu la nostra ultima battaglia : eravamo
stanchi, sia noi che i nostri avversari, di combattere e aspettare,
combattere e aspettare. Così per tutta la notte precedente
alla battaglia cercammo di comunicare le nostre intenzioni al
re degli avversari, anche se in realtà a prendere le decisioni
più importanti era la regina, l'unica a potersi muovere
a piacimento in battaglia. Beh in accordo con gli avversari,
il giorno della battaglia iniziammo a muoverci senza seguire
le solite regole, senza seguire la volontà delle mani
dal cielo. Ricordo ancora quel sapore così dolce di libertà.
Le urla che vennero dall'alto, dai padroni delle mani con tutta
probabilità, mi fece intuire che quella partita segnava
la fine del nostro mondo a due colori.
Ora io
vi parlo da questa soffitta polverosa. Ho sentito che al nostro
posto ci sono combattenti nuovi, d'avorio, bianchi e neri come
noi.
Noi siamo di legno e già gira voce che finiremo bruciati.
Non è tanto per me, che sono un pezzo comune, quanto per
il mio re, la regina, l'alfiere, la torre.Tutti pezzi finemente
lavorati e coraggiosi.
No, non è facile vivere nella nostra scacchiera per un
pedone di prima fila come me, con così tanta voglia di
libertà. |