Cultura - Riflessioni

LA CRISI DELLA MORALE TRADIZIONALE

di Matteo (20/6/2003)

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La crisi della morale tradizionale determina, a mio avviso e diversamente da quanto afferma
Nietzsche, l'impossibilità per la volontà individuale di porre valori che siano manifestazione del "sè". Al massimo pare ammissibile l'affermazione di una volontà"collettiva" di cui ognuno è portatore. Infatti, ogni volta che agiamo, agiscono con noi un numero variabile di persone, tante quante sono quelle che vorremmo soddisfare o impressionare. Non esiste un uomo in grado di porre valori, per la relatività degli stessi. Del resto Nietzsche fa dire all'uomo aristocratico: "ciò che è dannoso per me è dannoso in sè". Bisogna porre l'accento su quel "per me" proprio per escludere l' "in sè". Al massimo nell'esprimere un giudizio di valore si può esprimere una speranza: che ciò che noi reputiamo "giusto", "vero", "doveroso", venga riconosciuto tale dagli altri. Niente di più. Ogni sistema di valori si fonda su una condizione sospensiva, se essa sarà soddisfatta il sistema reggerà. Ma non ci vuole molto a trasformare quella condizione sospensiva in una risolutiva. La domanda da porsi è: é possibile nell'epoca attuale dire qualcosa di nuovo? Dopo i filosofi greci, il rinascimento, il Romanticismo, i maestri del sospetto, non si corre il rischio che la nostra era debba essere "l'era del silenzio"? Qual è il ruolo della letteratura, della filosofia, della poesia? E' quello di porre valori o alimentare il dubbio? Io credo che l'aridità della letteratura contemporanea ci induca a pensare che questo sia il momento della riflessione sul nostro passato. La riscoperta dei classici, il dialogo con gli "antiqui", (tra essi i veri grandi del Novecento), di cui parla Machiavelli, devono sostituire le chiacchiere di tanti letterati o filosofi indegnamente improvvisati.