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Danzano
tra l'umidita' dei sotterranei, in fondo all'ultimo anello della
Cittadella Ecatombica, mentre due lampioni proiettano una luce
rubata al tempo, Persiclemaco, un tempo scrittore di romanzi
gotici, ora relitto di un tempo che fu e che non brillera' mai
piu', e la sua assistente intrattenitrice, "figlia dell'oscurita'"
sepolta dalla vita notturna che si avvicenda sopra il suolo fradicio,
travolto appena dal tumultuoso cigolìo di un carro ottocentesco.
Vulnavia il suo nome, un tempo gloriosa violinista, ora cantrice
di se stessa e delle proprie funeste visioni, musicante di rara
bellezza, il suo strumento emette note aventi la stessa inarrestabile
forza di decine e decine di frustate sulla nuda pelle di qualche
giovane schiava... Note lacrimanti sangue, note sorrette, scalfite,
tramortite, quasi, da quel vibrato cosi' tagliente, gelido, apparentemente
inespressivo ma rivelante un battito interiore scardito da folli
visioni, macabre illusioni, effusioni vampiresche... Due spiriti
corrotti dal tempo e dalle disillusioni, sorretti solo da un
ancestrale senso di ricerca interiore... Spira la sera, incombe,
severa e turbata, la notte, il Sole e' divenuto cieco e la Luna
sorda, Persiclemaco e Vulnavia vengono progressivamente dispersi
nella "Terra dei Sensi", sopraffatti dalla litania
di arcaiche composizioni barocche risalenti al 18° Secolo,
sinfonie di peccato e perdizione che un obsoleto giradischi a
78 giri scaturisce, quasi balbettando... vomitando strali di
criminose, contorte linee musicali concepite da un misconosciuto
compositore, deceduto appena 25enne in un istituto psichiatrico
del suo tempo, lasciato in un angolo buio e lercio, a corrodersi
pelle ed a divorarsi quell'unico, insignificante squarcio di
ragione rimastagli....... Persiclemaco, con tono decadente e sofferto, dedica scarti del suo lume poetico a Vulnavia: e' un cantico alla sua mai morente, terremotante, destabilizzante bellezza. Ella e' la Dea a cui Persiclemaco dovra' assurgere ed immergere il proprio pianto straziato di amante eterno ed indissolubile, finche' la cera di una candela accesa da pochi istanti colera' del tutto la sua breve esistenza, lasciando che la struggente passione imperante in quel sottosuolo si spenga con infinita dolcezza ed assoluto silenzio, un silenzio imponderabile, impossibile da catturare, opprimente nella sua vasta concezione di sacralita' irreversibile di cui Persiclemaco e Vulnavia sono incontestabili ambasciatori. Vulnavia accenna ancora qualche breve seppur inusitamente gioiosa nota al violino, mentre Persiclemaco volge lo sguardo verso quella Luna sorda, divenuta cosi' miseramente patetica, spenta, glaciale. Morta. Ancora il tempo di un ultimo ballo gotico, ancora il tempo di un'ultima, soffocata dichiarazione di eterna fedelta' tra Persiclemaco e Vulnavia. ...finche' le loro notti non vengano consegnate alla Dea Dissolutrice dell'Oblio, accompagnata da una fatale, inconvertibile rassegnazione.... Questo testo è depositato presso www.neteditor.it e quindi coperto da diritti d'autore. Esso non potrà essere riprodotto totalmente o parzialmente senza il consenso dell'autore stesso, il quale, peraltro, ha autorizzato la pubblicazione su NuovoGPR, in data indicata in testa ed a mezzo e-mail. |