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BALLO GOTICO TRA DUE AMANTI IN UN'ANCESTRALE NOTTE SOTTO IL SUOLO DELLA CITTADELLA ECATOMBICA

di Telemaco Pepe (4/8/2003)

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Danzano tra l'umidita' dei sotterranei, in fondo all'ultimo anello della Cittadella Ecatombica, mentre due lampioni proiettano una luce rubata al tempo, Persiclemaco, un tempo scrittore di romanzi gotici, ora relitto di un tempo che fu e che non brillera' mai piu', e la sua assistente intrattenitrice, "figlia dell'oscurita'" sepolta dalla vita notturna che si avvicenda sopra il suolo fradicio, travolto appena dal tumultuoso cigolìo di un carro ottocentesco. Vulnavia il suo nome, un tempo gloriosa violinista, ora cantrice di se stessa e delle proprie funeste visioni, musicante di rara bellezza, il suo strumento emette note aventi la stessa inarrestabile forza di decine e decine di frustate sulla nuda pelle di qualche giovane schiava... Note lacrimanti sangue, note sorrette, scalfite, tramortite, quasi, da quel vibrato cosi' tagliente, gelido, apparentemente inespressivo ma rivelante un battito interiore scardito da folli visioni, macabre illusioni, effusioni vampiresche... Due spiriti corrotti dal tempo e dalle disillusioni, sorretti solo da un ancestrale senso di ricerca interiore... Spira la sera, incombe, severa e turbata, la notte, il Sole e' divenuto cieco e la Luna sorda, Persiclemaco e Vulnavia vengono progressivamente dispersi nella "Terra dei Sensi", sopraffatti dalla litania di arcaiche composizioni barocche risalenti al 18° Secolo, sinfonie di peccato e perdizione che un obsoleto giradischi a 78 giri scaturisce, quasi balbettando... vomitando strali di criminose, contorte linee musicali concepite da un misconosciuto compositore, deceduto appena 25enne in un istituto psichiatrico del suo tempo, lasciato in un angolo buio e lercio, a corrodersi pelle ed a divorarsi quell'unico, insignificante squarcio di ragione rimastagli.......
Persiclemaco, con tono decadente e sofferto, dedica scarti del suo lume poetico a Vulnavia: e' un cantico alla sua mai morente, terremotante, destabilizzante bellezza. Ella e' la Dea a cui Persiclemaco dovra' assurgere ed immergere il proprio pianto straziato di amante eterno ed indissolubile, finche' la cera di una candela accesa da pochi istanti colera' del tutto la sua breve esistenza, lasciando che la struggente passione imperante in quel sottosuolo si spenga con infinita dolcezza ed assoluto silenzio, un silenzio imponderabile, impossibile da catturare, opprimente nella sua vasta concezione di sacralita' irreversibile di cui Persiclemaco e Vulnavia sono incontestabili ambasciatori. Vulnavia accenna ancora qualche breve seppur inusitamente gioiosa nota al violino, mentre Persiclemaco volge lo sguardo verso quella Luna sorda, divenuta cosi' miseramente patetica, spenta, glaciale. Morta.
Ancora il tempo di un ultimo ballo gotico, ancora il tempo di un'ultima, soffocata
dichiarazione di eterna fedelta' tra Persiclemaco e Vulnavia.
...finche' le loro notti non vengano consegnate alla Dea Dissolutrice dell'Oblio,
accompagnata da una fatale, inconvertibile rassegnazione....

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