Cultura

PENA DI MORTE E BIBBIA TRAVISATA

di Selim Ades (15/11/2001)

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Chi riesce a comprendere ed assimilare i primi tre libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Deuteronomio) rimarrà meravigliato dalla disarmante saggezza espressa attraverso ogni versetto, e dalla vastità degli argomenti di vita quotidiana, trattati a volte in modo esauriente da persino un'unica frase.

Nel catechismo cattolico vigente nelle nostre scuole, quei tre libri sono del tutto ignorati a tal punto che gli studenti ricordano a malapena il nome del primo, e per niente i due successivi. Che la ragione di detta lacuna scaturisca dalla mancata comprensione dell'insegnante stesso, oppure nasca da un inconfessabile desiderio di mistificazione, rimane sempre una vergogna.

Ci si accontenta di qualche accenno ai sette giorni della Creazione, ad Eva con la mela, a Caino ed a Noè, ed il gioco è fatto. Questo è tutto quello che c'è da sapere! Non accenna mai nessuno al fatto che, prima che fosse scritto, il libro di Genesi era insegnato oralmente a tutti i ragazzi della tribù di Giacobbe detto Israele fino a ricordarlo integralmente a memoria per poterlo trasmettere testualmente alle generazioni future, e questo per più di mille anni, compresi quei cinquecento di schiavitù in Egitto.

Non erano né pazzi né masochisti. Comprendevano i significati delle varie storie ed il loro contenuto di saggezza pratica, e non memorizzavano il tutto unicamente per mantenere la cronistoria o le apparenti condanne divine. Nel corso della ritrasmissione nei quaranta secoli che ci separano da quei tempi, alcuni bravi prestigiatori hanno occultato o travisato i significati per lasciare unicamente la forma testuale che usava espressioni specifiche a quei tempi e luoghi, non più comprensibili attualmente.

Uno degli esempi più lampanti in questi travisamenti, è quello adoperato per il detto: "Occhio per occhio, dente per dente, vita per vita."

Preso alla lettera, com'è stato parimenti fatto per l'intero testo, sembrerebbe significare che a chi danneggia un occhio, si deve toglierne uno, lo stesso per un dente, ed ovviamente a chi toglie una vita va recisa la sua, oppure tolta con la reclusione, la facoltà d'autodeterminazione. Sembra contenere una certa logica, ed un qualche equilibrio, che hanno dato luogo a due concetti apparentemente saggi, la "Giustizia" e la giusta "Pena", sia di morte sia di reclusione.

Questa logica fasulla è riuscita a trasformare la riparazione in ulteriore danno, e la giustizia in sadica vendetta. Il detto di saggezza è stato travisato in questi termini: "Se rompi un mio oggetto, io o qualcun altro ha il diritto ed il dovere di rompere un oggetto tuo; se distruggi la mia casa la tua va distrutta, e se uccidi mio figlio, devo uccidere il tuo od uccidere te." Ovviamente diventa pura vendetta.

All'origine, questo detto aveva il significato di restituzione, riparazione o sostituzione. Nel senso che chi danneggiava od uccideva una gallina al proprio vicino era tenuto a scambiarla con un'altra gallina, ma nel caso di una mucca doveva sostituirla con un'altra e non con una gallina.
Questa spiegazione potrebbe però sembrare una delle tante interpretazioni od opinioni che si sono accumulate in mancanza di conoscenza delle espressioni orientali. Ricordiamo che la Bibbia sorge nei deserti di Mesopotamia ed Arabia.

Da sempre e finora, la parola "occhio" in arabo sta per indicare la cosa più cara, La mamma non chiama il neonato "amore mio" ma "occhio mio". La risposta di massima disponibilità ad una richiesta non è "con piacere" ma "i miei occhi". Quest'espressione, come la maggioranza di quelle presenti nella Bibbia, è rimasta priva di comprensione in occidente.
In opposizione, il dente è considerato la cosa di minor valore. Sarebbe inutile cercare la radice di tali attribuzioni giacché le espressioni idiomatiche non hanno sempre origini precise. Un occidentale non lo può nemmeno intuire.

L'importante qui è iniziare a capire che il detto intendeva: "Alto valore per alto valore, poco valore per poco valore" perché trattasi di nient'altro che di "valori", non di "occhi cavati e denti strappati". Notiamo subito però che manca la fine del detto che dice "vita per vita".

Si può ora facilmente capire che l'intento del detto era di indicare che il risarcimento debba essere proporzionale al "valore" del danno commesso, né più né meno; ma rimaneva difficile attribuire un valore definibile per una vita. Sempre per causa della scarsa comprensione nascono gli arbitrari e le alterazioni dovute a scopi ed opinioni personali. L'obbligo di risarcimento del valore per il danno è stato rimpiazzato dalla pena da infliggere, e "vita per vita" è stranamente diventato "morte per vita".

Rimanendo nel contesto dei tempi biblici, ricordiamo che Giuseppe fu venduto ai mercanti di schiavi, e che Agar era schiava di Abramo. Gli schiavi erano una normale consuetudine, e non c'era niente di strano a mettere l'uccisore come schiavo della famiglia della vittima. Tutta la "vita" dell'uccisore, non la sua morte. Risarcimento, pena e deterrente, era tutto compreso in un solo concetto, e nessuna spesa di carceri-alberghi o guardie.

Semplice e funzionale; però davanti al problema posto dall'adulterio e la rabbia che ne consegue, si è fatto astrazione del Comandamento "Non uccidere", e si è stabilito la pena di morte con la lapidazione, dando cosi l'occasione ad ognuno di affogare la propria coscienza e partecipare senza rimorso alla carneficina autorizzata. Autorizzata ovviamente dai sommi sacerdoti che non hanno per niente digerito il successivo risveglio delle coscienze ottenuto con un semplice appello: "Chi non ha mai peccato scagli la prima pietra". Cioè, non uccidere, per nessun pretesto!
Ciò nonostante, Gesù non ha mai abolito allora ogni forma di compensazione o risarcimento!

Le coscienze sono purtroppo un prodotto instabile. Risvegliate per un momento hanno fatto presto a ritornare in letargo. In mancanza della lapidazione, si è ripiegato su qualche altra forma di "pena" di minor portata, tipo la possibilità di divorzio per i coniugi, senza sussidi per la moglie adultera, oppure a carico del marito infedele, e proprio niente per il terzo protagonista proprio indispensabile per un adulterio, aprendo il varco alle nostre attuali licenze in materia. Il terzo non ha colpa!

Dimenticando pertanto ogni concetto di giustizia ed equità, l'obbligo di risarcimento per ogni altra azione dannosa fu sostituito dalla sadica "pena" inflitta al trasgressore, per appagare unicamente la sete di vendetta.

Non giova al fautore per redimersi, né alla vittima che deve invece contribuire al mantenimento del criminale in stato di totale ozio, oppure nel caso estremo di pena capitale, rimanere con una morte sulla coscienza, giacché le è stato inculcato sin dall'infanzia che è l'unico modo di ricevere "giustizia". Cosi, la gente clama di chiedere giustizia ma si trova soltanto a gridare vendetta.

La vendetta per giunta, oltre ad essere una manifestazione di vigliaccheria, è stata sconsigliata da una celebre frase di Cristo: "Porgi l'altra guancia". La conoscono tutti ma purtroppo nessuno ne ha esposto l'applicazione pratica. Questo è un altro esempio di scarsa o mancata comprensione che annebbia le coscienze e mette in disuso la saggezza.

E' difficile capire quale vantaggio e piacere fu ricavato da chi ha elaborato questo nuovo sistema di "giustizia", e discreditato quell'antico e saggio della Bibbia.

Cerchiamo invece di immaginare l'effetto deterrente che avrebbe sul potenziale criminale, il rischio di diventare "proprietà" o schiavo, non di sconosciuti, ma proprio della famiglia della propria vittima!
Per il ladro od il truffatore, sarebbe lo spoglio d'ogni bene e l'obbligo di lavorare in modo forzato per ripagare in primo luogo la vittima per l'azione dannosa subita; non di ripagare un ipotetico debito con la "società".
Questo sì che sarebbe una giusta "pena".

Ogni individuo detto "libero" deve dedicarsi ad un'attività per potersi procurare il cibo, il rifugio, e l'abbigliamento protettivo dove occorre, che sono i tre beni indispensabili per la sopravvivenza.
Chi non lo fa, può rischiare di morire di fame o di freddo.

Il carcerato invece si trova costretto all'inazione, ma gli si procura quei beni indispensabili a spese d'altri. Non ha la necessità di procurarsi nulla, e non deve nemmeno preoccuparsi delle condizioni in cui ha potuto gettare le proprie vittime, che forse sono peggiori della sua.

Cerchiamo di rispolverare l'antica saggezza originale travisata volutamente o per ignoranza, e sostituiamo ogni concetto irrazionale di "pena" con quello più utile di "risarcimento".

OCCHIO PER OCCHIO, DENTE PER DENTE, VITA PER VITA.

La saggezza è disponibile da più di quaranta secoli; basta volerla capire ed applicare.