Cultura - PrimiPASSI

Brano tratto dal racconto

"IL MIO PUCCINI"

di Daniela Di Raimondo

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....... Torre del Lago, il lago che ha ispirato tanto il "sor Giacomo", che gli ha permesso di liberare il suo estro creativo sprigionando delle note uniche ed irripetibili. Come sarebbe stato visitare quei luoghi? Che cosa avrei provato vedendo la dimora tanto amata dal Maestro? Me lo sono chiesto tante volte, smaniando, soffrendo, tormentandomi fino a quel sospirato momento in cui avrei messo piede in quelle stanze che parlano di Lui, colme di cimeli, oggetti, ritratti e mobili appartenutegli che rivelano il suo carattere così melanconico, timido, dolce, passionale e lunatico, esuberante con gli amici più cari ed incredibilmente sensibile ed intuitivo. Le arie d'opera più belle ed acclamate in tutto il mondo nascevano lì, vicino a quel lago con i suoi tramonti, con i suoi scenari pittoreschi, in certe giornate sorprendentemente tristi, uggiosi, come la personalità poliedrica del suo geniale estimatore. Forse soltanto il lago di Massaciuccoli conosce i segreti mai rivelati del sor Giacomo, gli attimi di mestizia e solitudine che lo coglievano improvvisamente; chissà cosa balenava nel suo cuore e nella sua mente!
Sentivo che per conoscere meglio Puccini dovevo andare lì, respirare la stessa aria, camminare in quelle stanze, soffermarmi a guardare quel panorama così predominante nella sua vita. Sembrerà strano, ma una volta lì non sono riuscita a sentire tutto ciò, non ho avvertito la sua presenza; quegli oggetti, quei mobili, il pianoforte e persino la cappella ove Egli è sepolto, non mi trasmettevano altro che vuoto e solitudine, ho notato in tal modo l'assenza del Maestro, quella casa era ormai vuota senza di Lui.
Egli non passeggiava più per i lunghi viali alberati, dal pianoforte non si udivano più le strazianti note di Mimì e di Butterfly, le pareti, i pavimenti provavano ch'Egli non vi era più. Gli indumenti di caccia, gli stivali riposti in una vetrinetta, confermavano la lunga lontananza del Maestro!
Forse m'illudevo che Giacomo fosse ancora lì? Che arrivasse dopo una battuta di caccia, seccato per non aver preso nulla, si sedesse un po' annoiato e stanco sulla sua poltrona, si accendesse l'ennesima sigaretta e cominciasse a raccontarmi della sua giornata, bevendo magari qualcosa insieme, ridendo e scherzando sulle sue battute emblematiche? Che alla fine della conversazione, soddisfatto e sereno si sedesse al pianoforte per farmi ascoltare delle accorate note d'amore? Che nel congedarmi avrei espresso tutta la mia ammirazione, la stima ed il grande amore per la sua arte? E che avrei concluso dicendogli: "continui così Maestro, attendiamo tutti un suo prossimo capolavoro, continui a comporre per il suo affezionato pubblico. Lei ci ha donato la felicità, come un àncora di salvezza la sua musica ci aiuta a non sprofondare nello sconforto e nel dolore, grazie per questo, non ci abbandoni mai"!
Vorrei ritornare tanto nei luoghi pucciniani; forse oggi guarderei tutto con occhi diversi, partirei con una diversa consapevolezza, lì non vi è più il suo corpo, ma il suo spirito.