Guardai l'assassino,
pensai a Berta, a Rocco, quel triangolo non poteva continuare:
volevo un'esclusiva sull'amore di Berta e avrei fatto di tutto
per ottenerla. L'assassino fermò la macchina sotto casa
e mi fissò. Era un uomo sui cinquanta, grassoccio, che
emanava un gradevole profumo di denim .
"E' qui che abita la sua amica?"
"Berta
sì, è qui che abita."
"Bene, sarà una bella serata. Lo spumante è
dietro."
Presi la bottiglia di spumante sul sedile posteriore. Natale.
Incredibile. Natale. Stavo pagando un uomo per fare uccidere
il mio migliore amico, Rocco. Lui e Berta vivevano insieme e
s'amavano, ma, sempre più spesso, lei faceva sesso anche
con me. Ci vedevamo e scopavamo. Era stupendo possederla, accarezzarla,
fissare a lungo i suoi occhi di cielo. Ma alla fine, quello che
mi rimaneva sotto lo stomaco era un misto di gelosia, rabbia,
frustrazione, gioia. Consapevolezza che lei sarebbe tornata da
Rocco, mentre, io, sarei rimasto solo in quella tomba di casa
vuota ad ascoltare vecchie incisioni dei Beatles, a struggermi
con Colpa d'Alfredo di Vasco Rossi.
Seeeeh, se non ci fosse stato lui m'avrebbe detto sì
Se non ci fosse stato lui
Natale. Era una follia. "E' perplesso?" chiese l'assassino.
"Non capisco il perché di questa sceneggiata
"
dissi io. "Gliel'ho detto, ci sono delle regole per fare
questo mestiere."
"La smetta con questa merdata dell'etica, la prego."
Sbottai insofferente.
"Non si tratta di etica, ma di regole: io faccio questo
lavoro da dieci anni, e le garantisco che se non avessi avuto
metodo oggi non avrei che nemici, sorci pieni d'odio
"
"Invece?
"
"Invece i miei clienti mi ringraziano, mi adorano
"
ghignò, soddisfatto. Scossi il capo, sconvolto. Questo
tizio era un megalomane. Ne avevo sentito parlare da un pezzo
grosso al circolo del tennis, non pensavo neanche che esistessero
personaggi così, aveva l'abitudine di diventare amico
delle sue vittime, di farle morire nel modo meno doloroso, più
rapido possibile, sembrava un incrocio fra un personaggio di
Quentin Tarantino e uno di Andrea Camilleri. Me lo aveva presetato
questo amico politico -altro-figlio-di- che avrebbe venduto sua
madre per una manciata di voti ed era stato dentro.
"Lo trovo assurdo," mi lamentai io.
"Passare la notte di Natale con voi?"
"Sì, presentarla come mio zio e tutto il resto
"
"Se si presentasse l'occasione potrei chiuderla anche stasera,
sa?"
"Come?" Sentì qualcosa cingermi lo stomaco e
il petto.
"Rocco potrebbe morire anche stasera
potremmo dire
che mi si è guastata l'auto e farci dare un passaggio
da lui."
Mi opposi con vigore. "Senta, no." Presi fiato, dissi,
"anzi, guardi, lasciamo perdere tutto, è assolutamente
una cosa
abominevole
"
Eravamo scesi dalla macchina e stavamo per raggiungere il portone
del palazzo. Soffiava un vento gelido e la fioca luce dei lampioni
fece apparire l'assassino ancora più pallido e sinistro
mentre diceva:
"Si rilassi, è normale avere questi dubbi, mi ringrazierà
vuole
la sua donna o no? Fra qualche giorno o addirittura alla fine
della nottata lei sarà felice di avermi conosciuto, pagato,
ascoltato."
Era un professionista, cazzo. Ma Rocco
Rocco, le elementari
assieme, colleghi in ufficio, Gesù, come avevo potuto
fare questo per una donna? Berta. Mi vennero in mente i suoi
occhi azzuri, il sapore dolciastro della sua pelle, magnifica.
Femmina. No. "No, guardi,", l'assassino mi bloccò
con un cenno e pigiando il tasto del citofono. "Sono suo
zio", si raccomandò, fece l'occhiolino. Era completamente
fuori, questo, altro che professionista. Un istante che mi sembrò
interminabile, nausa, lo stomaco mi parve capovolgersi. "Chi
è?" la voce di Berta
"Michele e suo zio." Rispose l'assassino. Salimmo.
Ascensore. Poi dentro.Berta era radiosa in un completo celeste,
avvenente. Rocco indossava uno smoking e mi parve bello anche
lui. Fu una bella nottata di Natale, ridemmo e bevemmo bottiglie
intere di spumante, Rocco raccontò esilaranti barzellette,
sia sporche sia sui carabinieri, giocammo un appassionante pokerino,
dove naturalmente persi solo io, e furono tutti onorati di conoscere
mio zio, a nome Paolo K.. Mangiammo degli spaghetti alla boscaiola
e del tacchino ripieno e tre tipi diversi di panettone: farcito
al cacao, farcito alla crema, classico. Alle tre mi scusai con
gli ospiti e corsi in bagno a vomitare e a piangere. Mi sembrò
di dovere rigettare anche un pezzo di anima e mi dissi che in
ogni caso sarei andato all'inferno. Piansi a lungo e capii che
era ora di smascherare Paolo K.(l'assassino Paolo K.) e mandarlo
al diavolo, magari denunciandolo. Chissà quanti innocenti
aveva eliminato. Come cacchio si poteva uccidere per professione?
MA COME AVEVO FATTO IO A CACCIARMI IN UN GUAIO DEL GENERE? Sempre
onesto. Casa, lavoro, chiesa e sala giochi. Avrei dovuto affrontare
Berta e dirle che era ora di smetterla con queste scopate inutili.
Era ora che si decidesse: o me o Rocco. Quando uscii dal bagno,
Berta mi venne incontro, sorniona, mi strinse e mi baciò
sulla bocca. Sentì la sua lingua fondersi con la mia.
I suoi seni si attaccarono al mio petto. "Ho voglia di te",
sibilò, poi sorrise ed entrò sculettando nella
toilette.
ROCCO
accidenti a lui
Alle tre di notte, in sala da pranzo Rocco e l'assassino Paolo
K. stavano giocando a Briscola. Rocco mi vide arrivare e mi regalò
un grande sorriso. Pensai che era un cornuto e gli sorrisi anch'io.
Pensai che stava per morire e mi sentii un'emerito brandello
di merda di topo di fogna infetto e malato. "Devo parlarti,
zio." Dissi io.
"Aspetta, è una bella partita." Disse l'assassino,
gettò l'asso di coppe e prese carte ridendo. Rocco imprecò
senza mezzi termini, "Cazzo, ma che culo!"
"Zio è importante."
"E non rompere", Rocco quasi tuonò, "la
voglio vincere questa partita."
Alle quattro del mattino Rocco mi raggiunse in veranda. Berta
e Paolo K. erano a discutere in salotto.
"Come ti va?" chiese lui.
"Mah, prendevo un po' d'aria."
"Tuo zio dice che avete bucato e che siete senza ruota di
scorta, è vero?"
"Perché dovrebbe mentire?"
cominciai a sudare.
"Non so, è un tipo strano, e poi non mi sembra che
tuo padre avesse fratelli."
"E' un lontano parente di mia madre, Rocco, lo chiamo zio
da quando sono piccolo."
"Ah."
"Chi ha vinto a Briscola?"
"Paolo."
Mi porse una sigaretta. Rifiutai. "Ho smesso, sai
"
Lui annuì e ne accese una.
Disse: "Sono stanco di vivere con Berta."
Io inghiottì a vuoto. Speranza. Fumammo fino alle 5 del
mattino ricordando i vecchi tempi, donne, passioni(il calcio)
che avevamo condiviso, gli esami alle elementari
Mi confessò
che da piccolo aveva un debole per una mia cugina che mi piaceva
e che l'aveva baciata. Io gli confidai che amavo Berta. La buttai
li, cogliendo l'occasione della cugina, "Io e Berta abbiamo
una relazione, credo di amarla." Ci fu un lungo momento
di gelo. Silenzio. Ci guardammo, affacciati in veranda l'uno
accanto all'altro, sigarette in mano, alla fine lui fece: "Vado
in India."
"In India?"
"Berta è tutta tua."
"In India?"
Comparvero Berta e Paolo K. con una bottiglia di Vodka e una
di spumante. Berta mi offrì un bicchiere con dentro qualcosa
di viola e verde, "Assaggia", disse, "è
un cocktail di mia invenzione." Rocco mi anticipò
e lo bevve con estrema naturalezza. "Buono, amore",
commentò, "veramente buono", e io capii in quella
ostentata tranquillità che in fondo aveva sempre saputo
di me e di Berta. L'assassino rise e riempì i bicchieri
di spumante, prima, poi di vodka, e la nottata di Natale si concluse
in una gran bevuta.
Salutammo Berta. Rocco
ci avrebbe accompagnati. "Scendi con noi?" domandò
Paolo K. spalancando la porta dell'ascensore. "Vado a piedi",
rispose Rocco. "Bene", dissi io e spinsi l'assassino
dentro l'ascensore e pigiai T. Il marchingegno cominciò
a scendere.
"Parte per l'India!"
Urlai a Paolo K. e misi subito mano al libretto degli assegni.
"Quanto vuole per lasciarlo in pace?"
Lui rideva e scuoteva il capo, stretto nel suo cappotto nero,
aveva negli occhi qualcosa di professionale. Di omicida.
"Si tratta di regole, e se dovesse tornare dall'India?"
Scoppiai. SE LE FICCHI IN CULO LE SUE REGOLE, SI TRATTA DI UN
ESSERE UMANO!
"
se lo tocca io ammazzo lei, ha capito?"
"Guardi, lei è forse il cliente più difficile
che ho avuto. Sa cosa le dico?"
S'infilò una mano in tasca e tirò fuori un assegno.
Era quello che gli avevo firmato perchè uccidesse Rocco.
Me lo restituì. |