AnchePOESIA

Io e la Poesia

Monologo

di Marco Saya

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Con il filtro o senza?
Nuociono gravemente alla salute...
C’è scritto, un cancro e puff!
Peccato che ci sia il fumo passivo...
Lo dobbiamo subire anche all’aperto!
Ma hanno la vita breve, la legge punisce i trasgressori
Si...
Ma che li punisca!
 

Ho sempre pensato che la poesia fosse nell’aria inquinata che respiriamo, nella vista rara di un bel tramonto, nell’amore ancora più raro per una donna.

Tra i fondi di un bicchiere colmo di vino, tra le parole che si fanno adulte nelle conversazioni mute di due amici e non in qualche salotto spelacchiato o spazio ammuffito e buio come buie e grigie le scuole in cui studiavo con il marcio del legno che puzzava e la maestra che puniva la mia mano “maledetto mancino” che il Diavolo ti abbia in gloria schernito da saccenti compagni che mi tiravano le noccioline come giovane cucciolo in gabbia dietro una vecchia lavagna logorata e scrostata dal tempo che non l’ha Perdonata – la maestra – il diavolo l’ha poi accolta in gloria!

Jimi, un maledetto mancino nero, ha cambiato le sorti della musica. Una poesia diversa che ha sconcertato le solite bolle di sapone appesantite dalla paura di dover cedere il passo ai soliti extra-comunitari...

 

Hai sempre avuto ragione

Caro Hank,

a disprezzarli - non sono cambiati -
Sono sempre loro!
Affluenti di un fiume
arido, in secca, sterile, senza pesci,
moribondi in attesa d’acqua...

Quest’acqua che scarseggia
Il tempo cambia e
le previsioni non sono buone
Sole a volontà...

Immagino le rive di questi ruscelli,
ai lati file di banchi
e banchieri che si guardano
e non dicono
non possono dire
manca l’acqua

I pesci non passano
...e che cosa potrebbero dirsi...?
Prendono un libro di storia e ricordano
come era e...
come non è più

 

La storia si crea nel suo divenire e non può essere copiata - Impostore - La poesia inizia a fluire, prima lenta poi le rime proseguono il cammino del respiro diverso dal tuo

Tossisci ora... la nicotina ti fa male!

Ho sempre pensato che la Poesia fosse in uno sgualcito poster di un bar... o la Marilyn tappezzeria di un TIR, inginocchiata con le calze a rete di una nera che ti prende il coso e te lo succhia sino a farti male male

 

Maledizione di una vita a senso unico
Unico modo di uscirne anticipare il saluto
prima che qualcuno ti stenda un bel
lenzuolo bianco immacolato e lavato
con l’orsacchiotto ammorbidente

Che cazzo!

Non mi è mai piaciuto quell’ammorbidente...

Come quelle donne che indossano quel profumo
così borotalcato che ti prende la testa e ti fa
vomitare e l’ascensore in cui sei chiuso con lei
vomita assieme a te...ma anche questo..è poesia!

Due parole per dire...

Che mi sbagliavo e mi sono sempre sbagliato!
Poesia è l’esatto contrario della mia proiezione
al potere di un immaginario
fatto di scatole vuote da riempire
di segatura che si appiccica alle scarpe e non ti molla sino a sera
quando ti sfili le calze bucate
col pollice che ti guarda e impreca
prima di darti la buonanotte

 

Poesia è la sveglia delle sette con contorno di un corpo che gesticola la propria inutilità seguita da un tiepido cappuccino e la brioche sbriciola sul pavimento prima di entrare nella casa della mafia dove stacchi il ticket agnello sacrificale nel mattatoio dove otto ore passano spavalde tra l’imbecillità di sparuti avvoltoi

I miseri resti mi porto via – parte della carcassa – prima di congelarmi nella veglia del sonno dopo una bresaola insaccata tra la celluloide di pupille riflesse nella data di scadenza

Io mi addormento sotto il cuscino dipinto TV Color di un canale di troie che danno numeri solo numeri e tanti una cascata che si interrompe e sbaglia il dito stanco da tanta complicazione per ricominciare a caricare la pila del giorno dopo in un gioco che ripete la poesia del reale

 

Io e la poesia...

Punteggiature senza senso
Il senso dell’essere ora
che è non senso altrimenti
si arrabbia e non può darci
la possibilità di dire
il non detto

 

Le stagioni non sono più le stesse
Il tempo fa le bizze
Esattamente come Noi
Bizzarri rosicchiamo
Avanzi di giornate
sempre uguali
Diverse nell’ora d’aria
che respiriamo e guardiamo in alto
se una goccia o un escremento di un piccione segna il territorio
– il Nostro territorio –

 

Stolti nell’illusione di aver comprato anche quello dove torneremo e Qualcuno ci dovrà coprire con una stupida vanga o ci terrà come ampollina in qualche cesso dove lo scempio si compie e prosegue il proprio corso Corso Monforte – a Milano – percorrevo l’altro giorno, poesia di volti distratti e frettolosi, vuoti e incattiviti

La fretta di produrre carbone da infilare nella calza

Calze a rete fruscii sotto una gonna che ha dimenticato di amare, di sentirsi vivere e Poi Penso alla mia donna – la mia Poesia – E che merita, meritiamo molto di più di quel niente che abbiamo!

 

La tenerezza...

Di quando la vedo al mattino
Di quando mi sveglio con lei
Di quando la prendo per mano
Di quando parliamo sommessi...

Ricordo di noi bambini alla scoperta
di altri bambini prima di divenire
adulti schiavi e privi di parole nelle ovvie iterazioni

Riiterate ripetizioni che (ri)conducono
all’inizio di quel discorso che
non conclude e si morde l’ultima vocale
nel conclave di voci confuse prima di
perdersi nell’illusione di aver trovato
un punto che chiuda il lamento di quella frase...

 

Due parole per dire...

Che ho sempre pensato alla poesia
nelle fusa affettuose del mio gatto
e non nel riciclaggio di sacchi di patate
a cui pagar cospicui dazi a
squallidi mercanti d’arte impoveriti
dalla propria miseria umana ricoperta da
un libro di Montale con le
pagine sgua lcite e impolverate
d a saccenti starnuti del dopo
copertura di grasse ignoranze
travestite da battone slave
che sulla Binasca reclamano
il loro diritto alla vita
vita non scelta
un’altra vita pensavano
un altro padrone cercavano
un altro lavoro
un marito
un figlio
e
io
penso
ai nostri mecenati
che battono sulle strade di
una falsa poesia
chiedendo
(non danno)
percentuali
ai
loro clienti

Per una pagina lampeggiante

Per un premio inutile
dai troppi anonimi vincitori

 
Per scuole che si aggiungono a scuole olocausto dove studiavo con il marcio del legno che puzzava e la maestra che puniva la mia mano “maledetto mancino” che il Diavolo ti abbia in gloria schernito da saccenti compagni che mi tiravano le noccioline come giovane cucciolo in gabbia dietro una vecchia lavagna logorata e scrostata dal tempo che non l’ha Perdonata – la maestra – il diavolo l’ha poi accolta in gloria!