I telefonini cinguettavano
in stormo: ognuno col suo canto, cornacchia ed usignolo.
I giapponesi, ancorati al collo dai loro apparecchi digitali,
fotografavano ogni calle e filmavano gondole e traghetti.
In mezzo a loro, da dietro i miei occhiali spessi, scorsi in
terra un foglio di carta piegato a metà.
Era pulito, non era cartaccia e non capirò mai il perché
ma per un attimo lo difesi col mio bastone da quella calca di
suole di gomma. Lo raccolsi.
Un invito o una sfida?
Un appuntamento, un duello
Qualcuno lo aveva perso o, in offesa al mittente, abbandonato
al cemento.
Quel messaggio entrava ed usciva di continuo dalla tasca della
giacca e mi riempì l'intera giornata.
La calligrafia era di una donna. Perché incontrarsi a
quell'ora tarda? Perché un biglietto e non una telefonata?
Era forse un incontro segreto? Un tradimento? Era forse romantica
e timida come una rosa bianca vergognosa di arrossire?
Per ognuna di queste domande avevo mille risposte e altrettante
nuove domande. Impaziente attesi le ombre della sera.
In Piazza S. Marco il pianista di un ristorante suonò
anche per me. Avevo deciso di dare un volto alla mano che aveva
scritto il destino. Venezia profumava di luna piena e già
dalle undici i miei gomiti poggiavano sul ponte di Rialto.
Ne passò di gente, gettava gli occhi nell'acqua e ripartiva
per chissà dove. Non mi mossi. Avevo un appuntamento a
mezzanotte.
Leggera nella sua minigonna arrivò una donna alta. Io
sono vecchio mentre la sua bellezza non ha età. Dalla
sommità di Rialto guardò frettolosa a destra e
a sinistra, vide anche me ma non ero certo la persona che stava
aspettando.
Mi chiese l'ora con un po' d'affanno. "Mezzanotte e un quarto".
Non la descriverò perché è un ricordo di
cui sono geloso. Dirò che era impaziente, dirò
che alla mia risposta le sue sopracciglia disegnarono il dramma,
dirò che porgeva le spalle alla laguna e il profilo alla
luna. I piccioni, le cicche e il tip-tap dei suoi piedi.
Non poteva sapere che anch'io lo stavo aspettando e che avrei
voluto vendicare l'affronto di quel ritardo, ma poi arrivò
e di corsa, come chi a ragione insegue il tempo che fugge.
Bhè, lo perdonammo.
Quella Giulietta era sul punto più alto del ponte mentre
il giovane Romeo, fermatosi sul primo scalino, prese fiato e
forse lo riperse alla vista di quello splendore dai capelli raccolti.
Era il loro appuntamento, non il mio.
Staccai allora i gomiti da Rialto. Quando mi mossi lei mi guardò
sorridendo felice. C'era amore in quegli occhi di donna e, per
un solo istante, l'avevo rubato. |