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Due parole sul conflitto israelo-palestinese

di Clark (23/8/01)

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Il 28 settembre 2000 Ariel Sharon visita la Spianata delle Moschee a Gerusalemme est – luogo sacro per i palestinesi – suscitando una dura reazione dei palestinesi, perché la giudicano una provocazione, riparte l’intifada dopo quella del 1987. In questi mesi si sono susseguiti attacchi da una parte e rappresaglia dall’altra gli arabi-palestinesi con attentati kamikaze; gli israeliani con bombardamenti su obiettivi palestinesi. L’ultimo attentato da parte di un palestinese in una pizzeria dove sono rimasti sul campo ben 18 morti, di cui sei bambini, ha fatto precipitare la situazione già incandescente da settembre scorso le vittime sono: 192 da parte israeliana e 587 dall’altra. La tensione resta altissima. Questa volta Israele, dopo aver minacciato molte volte, ha deciso di passare alle maniere forti compiendo un gesto debole militarmente ma forte politicamente: ha occupato la "Orient House" la quale, di fatto, è l’ambasciata dell’OLP a Gerusalemme est. Infatti, era la sede del ministro per gli Affari di Gerusalemme dell’Anp. Quest’occupazione pone fine a qualsiasi negoziato di pace, secondo il leader palestinese Arafat: temo la guerra. Poiché durante gli accordi di pace a Oslo (1993) prevedevano la protezione dell’ "Orient House". Poiché proprio a causa di Gerusalemme sono falliti i tentativi di trovare un accordo che andasse oltre il semplice cessate il fuoco, entrambi i contendenti la vogliono come capitale, magari cambiandole il nome. Il nodo cruciale è che Israele non vuole proprio saperne di far nascere lo stato Palestinese soprattutto con Gerusalemme come capitale. L’OLP vuole che Israele torni a confini che occupava prima della guerra del 1948, in altre parole deve scomparire. A questo punto non è difficile immaginare lo stato d’animo delle due parti in lotta. Alle condizioni menzionate si aggiungono alcuni i fattori esterni i palestinesi hanno dalla loro il mondo arabo, gli israeliani hanno dei buoni rapporti con gli americani; questo rende più "forte" un eventuale scontro frontale. Inoltre i due Leader Arafat e Sharon, hanno delle forti divisioni interne che gli impongono prudenza nel rappresentare il loro "Stato" agli accordi di pace. La soluzione alla questione israelo-palestinese non può essere liquidata con due parole, impossibile pensare che due popoli che oggi si odiano profondamente riescano a cedere qualcosa al loro acerrimo nemico. Un tentativo di soluzione potrebbe essere inviare a casa di entrambi – Israele non gradisce - osservatori internazionali per far rispettare gli accordi e sviluppare la pace in tutta l’area. Oppure come sostiene il premio Nobel per la pace Eliel Wiesel far vivere assieme dall’infanzia i due popoli per poter da grande sentirsi uniti e non divisi ma ciò sembra allo stato attuale un sogno.

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4/4/2000 detratti@tiscalinet.it

L'articolo mi sembra sintetico ma obbiettivo, io aggiungerei -ma non so se sia praticabile - che si dovrebbe costringere Israele ad accettare gli osservatori internazionali con una sorta di tacito embargo commerciale di tutti i paesi occidentali. Saluti...Gianni