PrimiPASSI

Interno ufficio:

due minuti e senza andare a capo (di nulla)

di Italo Papini

Commenta l'articolo


Uno sguardo dall’alto della sua finestra e abbracciava il mondo. Ma non il mondo così come si può dire senza convinzione, senza circoscriverne veramente i confini, senza conoscerlo, in fondo. No, quello che vedeva dalla sua finestra, quella su, in alto, quasi a sfiorare le poche rondini che giravano ancora in quel cielo senza pretese, nè troppo azzurro nè troppo grigio, era il suo mondo, quello che conosceva bene, che vedeva tutti i giorni, che gironzolava tutte le mattine andando a prendere il caffè o facendo un salto alla banca, al bancomat (i soldi non sono mai abbastanza, è come se facessero i pantaloni con le tasche bucate). Era un mondo insomma, bello o brutto non era capace di dirlo, ma sapeva di cosa parlare se qualcuno gli chiedeva qual’era il suo mondo. In fondo, laggiù oltre la piscina (guarda che casino fanno quei quattro giovinastri sullo scivolo!), attraversando l’autostrada (ancora lavori in corso....), là oltre le case che segnano il confine comunale, oltre l’argine del fiume (che poi dovrebbero chiamarlo torrente anche se ogni tanto allaga strade e case.... ma come li fanno gli argini?), ancora più lontano, dopo i tralicci dell’alta tensione (quelli si vedono anche da lontano), ecco che lo sguardo finalmente si placa, si adagia, si accoccola su quella vista, nonostante la sirena di una ambulanza che passa sparata proprio sotto la finestra, in strada, nel suo mondo. Ma non ci sente, non sente niente, come sordo e per giunta che non vuol sentire, una solitudine silenziosa, un attimo di eternità desertica, disabitata e invisibile se non a lui, invisibile persino al suo mondo. Lo sguardo: se mi è concessa una pausa da mosca vagabonda che possa svolazzare indisturbata alle sue spalle e sopra la sua testa, sul suo naso e attraverso la finestra, insignificante in quello sguardo da cecità parziale (se non quanto mira) tanto da potersi permettere di osservare (ebbene si, le mosche osservano!) l’origine vera dello sguardo e il suo tragitto, dritto come un fuso, fino allo scoccare sul bersaglio ambito, ecco, se posso permettermi, riesco a cogliere l’attimo di godimento, di pacificazione con il creato, di beatitudine oculare..... sta’ guardando le montagne. Una cima, un’altra... niente di eccezionale le Apuane, niente a che vedere con le Tre Cime o con la Marmolada o con il Cervino o con il Monte Bianco.... solo un misero Pisanino, un Pizzo d’Uccello, una, due, tre Pania.... Ma è la libertà. E’ una parte del suo mondo, solo una parte, ma che parte! Il fresco, e quando parlo di fresco intendo che ci vuole la maglia, basterebbe solo quello a rendere quella zona la più ambita in quest’afa appiccicosa...... E poi i prati, i declivi e i sassi (i sassi? sì, pure i sassi!) e i sentieri poco segnati, e gli acquazzoni che ti prendono proprio nei momenti meno opportuni......DRIIIN! Si, pronto.... oh salve.... va bene.. stasera poco prima delle sette... si, va bene..... arrivederci.