Cultura - PrimiPASSI

TRA LE COSE INASPETTATE

di Skino

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Supponiamo che il tempo non abbia valore. Supponendo non dirò quando.
Supponiamo che lo spazio non abbia dove.
Dirò come.
La differenza tra il burro e il marmo sta nella mano che li sa spalmare.

Un fiocco di neve. Poi un altro. Un altro. Un altro e ancora uno, due. Un fiocco di neve. Ancora. Tanti. Nevicava e vorrei spiegarlo fiocco a fiocco perché ci sono persone che non hanno mai visto cadere la neve. Alcuni l'hanno vista in terra ma non l'hanno mai vista cadere.
Il mondo rallenta il pensieri come un treno che arriva in stazione e la sensazione che si prova è quella d'attesa, aspettare qualcosa che si ha voglia di vivere. Cade il cielo ed è bianco, non ha neanche fretta.
Le strade erano già moquettate d'ovatta e i fiumi caldi dei comignoli stentavano a farsi strada verso l'alto distratti da una danza di seta.
Tra l'une e gli altri c'ero io, al secondo piano di un mondo di vetro che appannavo con distrazione respirando da autodidatta.
Cercavo un punto in alto, il più lontano. Dalla vetta lo vedevo arrivare e sgomitavo con gli occhi perché volevo vederlo cadere, vedere qual'era il suo posto nel vostro mondo. Lui lo sapeva e infatti la neve non cade a sasso ma piumeggia e si nasconde e si confonde e si perde e si arrende e si capisce che è stanco quando è fermo. E io riprovo e lo ritrovo.
Maradona. Come Maratona ma al rallenty di una moviola. Come Maradona ma al rallenty di una moviola di cui è difficile seguirne il dribbling. Come Maradona.
C'è un filo sottile che unisce me a lui e non lo lascia scappare. Lo seguo. Segugio. Lo spio.
Ce l'ho, questa volta non lo perdo.
E' stanco, è fermo. L'ho visto cadere dall'alto in basso, dal cielo alla terra.
Ne ho quasi sentito il rumore. Dio che tonfo invisibile, che schianto, che squarcio deve aver strappato al silenzio. E l'ho perso perché sono chiuso.
Il mondo di vetro è appannato perché di respirare non mi vuole passare il vizio. Non fa freddo quando si ha quella cosa in bocca ed io l'avevo. Allora ho spalancato il mondo a metà e l'ho visto meglio.
Qualcosa mi ha reso statua: insensibile agli spilli d'inverno.
Qualcosa mi ha reso un sorriso che probabilmente avevo prestato a qualcuno tanto tempo fa.
In bocca.
E allora ho lasciato che si finisse il disegno del mio volto, che si aggiungesse il colore e poi l'ho incorniciato nel mezzo di un cuscino. Mi sono svegliato, l'ho toccato ed anche il colore si era asciugato. L'ho trovato. Era ancora lì.
La neve era tutta stanca.
La neve era quasi sciolta perché al mondo si offre da bere quando ha sete.
I fumi dei comignoli salivano sicuri e fieri perché il mondo sbuffa quando lo spettacolo finisce all'inizio della noia…ma lontano dalla finestra, lontano dai limiti dei miei sospiri, lontano da qualsiasi centro che non sia altrove: vicino, appiccicato l'ho trovato. Era ancora lì.
In uno di quei giorni in cui è possibile rompere le scatole e magari ti ringraziano pure se lo fai in fretta e con violenza. In uno di quei giorni in cui intorno alle scatole ci sono fiocchi rossi e le mani sono più abili delle forbici. In uno di quei giorni. In quel giorno. Ieri.
L'ho trovato il mio sorriso ed era tra le cose inaspettate.