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TAKE A CHANGE

di Italo Papini

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Una vita passata nell’immondizia. Era l’unica cosa che ricordava adesso, disteso su di un pezzo di cartone rubato ad un altro barbone. Aveva trentaquattro anni, non ancora compiuti per la verità, ma non c’era nessuno a ricordarglielo. I suoi ricordi si fermavano nei cunicoli bui della metropolitana, con i bagliori improvvisi e paurosi dei treni lanciati a velocità elevata verso il lavoro, la casa, il relax di migliaia di individui. Persone annegate nel vivere dignitoso, sorprendentemente all’oscuro di una vita possibile nei vicoli dell’esistenza, di una vita non costretta in convenzioni annullanti, di una vita come la sua.

Il suo nome ormai non lo ricordava nemmeno più. Chi lo conosceva, ed erano pochi, lo chiamava Lobo, per una piccola ma evidente malformazione al lobo dell’orecchio destro. E non c’erano capelli a sufficienza per coprirlo. E non c’era una sola ragione logica per coprirlo.

Possedeva una giacca scura di colore e di anni, unico suo riparo per la maggior parte della giornata. Le scarpe erano sfondate ma non c’era di meglio e allora....

Eppure la sua era stata una scelta di vita, o qualcosa di simile. Non era un idiota o un handicappato abbandonato alla sorte. A volte si ricordava ancora quell’aula che odorava di legno lucido, con studenti appassionati alla psicologia, come lui. Poi tutto si confonde. Dopo la laurea decise che era giunto il momento di provare qualcosa di diverso.

E adesso stava ancora in quel "diverso", un pò male in arnese per la verità, ma ancora deciso nella sua scelta.

Perché si può essere nel giusto scegliendo il vagabondaggio, ligio alla legge (ma tanto nessuno si accorge che ci sei), sempre alla ricerca di una nuova giornata, di una nuova ora o minuto da vivere.

Ma adesso, sopra quel pezzo di cartone qualcosa sembrava abbandonarlo. Era il convincimento di "vivere" veramente che cominciava ad annebbiarsi negli occhi. Forse, ma dico solo forse, la vita non era proprio quella. O magari quel suo cercare la libertà dai lacci della società civile era solo un fuggire in cerchio verso un mostro che, ad ogni giro, ritorna ad azzannarti.

E in quel momento, all’interno dei suoi pensieri, si aprì un buco. Piccolo all’inizio ma conquistava spazio continuamente, fino a diventare grande, immenso.

E allora raccolse con la mano destra la sua giacca e vi si tuffò.