Prendete Stefano Accorsi
e Giovanni Mezzogiorno alla fine de L'ultimo bacio, aggiungete
20 anni ed ecco comparire magicamente Fabrizio Bentivoglio e
Laura Morante, protagonisti di quello che se non è il
seguito ufficiale del film che tanto lustro ha dato al giovane
regista, sicurmente è la qudratura del cerchio, la conclusione
del trittico sullo stato pietoso della media famiglia italiana
iniziato con Come te nessuno mai. Un po' meno urlato del solito,
il film di Muccino inquadra subito l'Italia in cui vivono e si
muovono i personaggi: quella delle radio accese persino in sala
operatoria, quella in cui si possono semidistruggere le auto
in sosta senza farsene troppi problemi, quella in cui le madri
sono più fanatiche delle figlie alla costante ricerca
per queste ultime di un futuro sotto i riflettori anche se non
sanno far nulla. Il titolo del film è un manifesto: è
l'urlo inespresso all'inizio e soffocato alla fine della pellicola.
Se i protagonisti de L'ultimo bacio cercavano l'amore, qui è
l'essere riconosciuti e riconoscibili l'obiettivo primario davanti
al quale anche l'accoppiata amore/sesso cede il passo diventando
strumentale. Di fatto l'unico personaggio positivo alla fine
della storia è quello interpretato da una soprendemente
valida Bellucci: unica ad accettare il caro prezzo delle sue
scelte e per questo unica persona libera. Infatti tirando le
somme la "Morale" esce con le ossa rotte: solo il fato,
sotto forma di incidente, interrompe il precipitare della crisi
familiare, la ragazza fa strada andando a letto con chi le è
più utile alla propria causa e non per proprie capacità
, la meschinità generale in cui navigano i personaggi
diventa protagonista essa stessa, ed il sorriso ebete di Bentivoglio
che chiude il sipario sulla storia non lascia presagire un futuro
felice alla già provata famigliola.
Grande lavoro e grandi risultati si segnalano sul fronte attori:
se Bentivoglio perfetto con la sua aria da cane bastonato e la
Morante vagamente borderline tra sfuriate plateali e rush di
fin troppo eccessiva dolcezza sono una conferma, tutti gli altri
sono una insperata sorpresa: il giovane Muccino è perfetto
nel mostrare le inquietudini postadolescenziali di chi a 19 anni
è ancora in cerca della prima ragazza, Nicoletta Romanoff,
l'aspirante soubrette (che apprendiamo con un leggero sconcerto
essere nella vita reale già sposata e madre di due figli)
stupisce per la concretezza e per la sicurezza con la quale affronta
una parte non facile e, incredibile dictu, la Bellucci recita
bene: se a questo aggiungiamo che persino il trittico Roncato/Taricone/Silvestrin
passa indenne la scure del giudizio ,c'è da fare i complimenti
ad un regista capace come pochi di raccogliere il meglio dal
materiale attoriale a sua disposizione. Non è proprio
una salutare ventata di ottimismo ma almeno l'autocritica sulla
società, anche se vagamente pelosa vista l'onnipresenza
del regista in fase di lancio del film in ogni talk-show e spettacolo
sulle reti pubbliche e private, gli italiani la sanno ancora
fare. |