CINEMA - RECENSIONI

…giusto qualche appunto su

IL GRANDE LEBOWSKI

dei Fratelli Coen (1998)

di Alan J-K-68 Tasselli (12/11/2003)

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Senza il benche' minimo dubbio, uno dei films piu' assurdi che mi sia mai capitato di vedere: in questo contesto, la parola "assurdo" acquista un significato tutto suo, "appartato", sorta di puzzle vignettistico impazzito, quasi si fosse trattato di una decina di film tagliati in piccoli pezzi, poi fatti saltare in aria ed una volta ricaduti in terra, ricomposti, dando loro un senso di strambo, equivoco melting pot di situazioni al limite del paradosso (a tratti, sinceramente, varcato del tutto!!...). E' assolutamente impossibile emettere una definizione razionale per questo film, cosi' come e' stato (e tutt'ora e') tecnicamente impossibile definire i films di Tarantino (PULP FICTION, tanto per mettere tutti d'accordo). Pulp, violento, sadico, porno-erotico, vigorosamente, distortamente psichedelico, scollacciato, non-sense, grottesco, parodistico, auto-ironico, spregevole ed istantaneo, tutti aggettivi che sono compresi, compressi e rimescolati infinite volte nei 112 minuti piu' allucinanti ai quali mi sia mai capitato di assistere. Questo, ai miei occhi, e' stato IL GRANDE LEBOWSKI, ovvero uno spaccato di vita assurda che prosegue lungo tutto l'arco del film con un approccio demenzial-psichedelico apparentemente senza soluzione di continuita'. Un gioco a incastro che, quando si e' sul punto di risolverlo, si contorce, si rigira su se stesso assumendo contorni diametralmente opposti, con il principale compito di disorientare, spiazzare, destabilizzare il pubblico, alla stessa, fottutamente disinvolta maniera del Drugo che lancia la sua palla da bowling contro i birilli. Sia che si tratti di un tiro ad effetto, o di un semplicissimo diretto, quei poveri birilli saranno costretti ad "ingoiare" il colpo. E quegli stessi birilli, metaforicamente, siamo noi tele-cinespettatori, che, nostro malgrado non potremo esimerci dall'amarlo oppure odiarlo a morte (nel mio caso entrambi i sentimenti sono corrisposti), certamente non rimanerne indifferenti. E di questo, i Fratelli Coen, erano del tutto consapevoli (e consenzienti), altrimenti come mai avrebbero potuto giustificare un simile campionario trash-visivo?... Ma si tratta, nel caso del GRANDE LEBOWSKI, di un "trash positivo", puramente intrattenitivo, sorretto da una colonna sonora talvolta bizzarra, altre volte un pochino piu' prevedibile, e comunque in perfetta linea con lo stile (se di stile si puo' parlare) del film.
JEFF BRIDGES (DRUGO - THE DUDE, in originale) e' uno sfaticatissimo losangelino, talmente pigro da non doversi nemmeno cercare un lavoro, cosi' dannatamente pigro da disporre, in pratica, di un unico hobby, che rappresenterebbe il solo, accertato comune denominatore della pellicola: il bowling. Penso si sia trattato della prima volta che una palla da bowling assumesse le sembianze di "ego-trip-psichedelico" (in assoluto la scena piu' gustosa ed accattivante de IL GRANDE LEBOWSKI).... E' lo stesso Bridges, al culmine del "viaggio" piu' elaborato ed allucinato, ad ammirare la sala da bowling mentre e' all'interno di una delle tante palle lanciate verso i birilli destinatari: la telecamera compie vorticose parabole, gira su se stessa, per poi irrompere fragorosamente alla meta. I Coen si dimostrano compiaciuti (ed assai) nell'eccedere in queste "sbandate iper-surreali tardo-psichedeliche": un micidiale, spesso indigeribile connubio di atti osceni ed atti di travolgente ilarita', tutte componenti "malate" ed ossessive da digerire in un sol colpo. Ed alla fine di questo rivoltante processo, lo spettatore non potra' che vomitare l'inedita poltiglia ingurgitata sul fondo di un water, epicentro, naturalmente, dell'ennesima ondata di schizophrenia di due registi in perenne "ego-acid-trip".
E, quasi a voler rispettare sacralmente, il principio di "assurdita'" che incombe (spesso pesantemente, ma questa e' un'altra storia, non quella di cui sto dibattendo ora) sulla pellicola dei Coen, IL GRANDE LEBOWSKI non poteva che terminare... NON TERMINANDO... ovvero lasciando disperdere tutta la (farraginosa, insulsa, incomprensibile, vomitevole, stralunatissima) trama in un'accozzaglia di "perche'", "mah.." "se"... dovendo renderci alla fine conto di come in tutta franchezza i due geniali registi si siano presi gioco non solo di certe convenzioni sociali e sotto-generi cinematografici ma anche (e soprattutto, sorprendendoci, un'ennesima volta) noi stessi in qualita' di fottuto pubblico, un pubblico che si sarebbe aspettato quello che non si sarebbe mai dovuto aspettare e viceversa...
In definitiva, se i Fratelli Coen avessero avuto l'intenzione di "mockeggiare" (ovvero prendere in giro) la "pulpfictionite" alla Tarantino, risultato migliore non poteva essere ottenuto....!!...

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