CINEMA - RECENSIONI

IL LAUREATO - The graduate

di Alan J-K-68 Tasselli (11/11/2003)

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Ci sono almeno cinque buoni motivi per ricordare IL LAUREATO di Mike Nichols (1967) ed annoverarlo tra i grandi classici del Novecento:
1) Il leggendario terzetto composto da Dustin Hoffman (si tratto', in fin dei conti, del film che lo lancio' tra i divi cinematografici assoluti del XX° Secolo), Katharine Ross e (soprattutto) la grande Anne Bancroft: una chimica perfetta, raramente ripetuta nel corso della ultra-centennale storia del Cinema;
2) il conturbante tema dell'adulterio (padroneggiato da una superba Anne Bancroft, divenendo ella stessa, nonostante i suoi 40 anni suonati, un'icona generazionale al pari di Elizabeth Taylor e Marylyn Monroe, "ambasciatrici" entrambe di figure provocanti, smaccatamente erotiche, dedite alla frantumazione degli schemi piu' rigidi e bigotti); il campionario di seduzione tra l'inesperto (vergine?…) Benjamin e l'algida seduttrice Mrs. Robinson appartiene di diritto ad una ipotetica "Cineteca della Provocazione Sessuale"; suppongo si trattasse del primo, sensualissimo paio di gambe a divenire un simbolo social-sesso-cinematografico…;
3) il contrasto generazionale tra un giovane appena uscito dal college ma assolutamente indeciso sul proprio futuro e la figura del genitore che si preoccupa solo ed unicamente di vedere il proprio figlio "piazzato" e con un lavoro sicuro sulle spalle, tralasciando cio' che e' in realta' il "cuore" della questione, ovvero la felicita' (soprattutto di natura sentimentale) che Benjamin (Dustin Hoffman) sembra aver smarrito per sempre o che, forse, mai ne ha posseduta un briciolo: emblematica e' la scena in cui Ben, pur di sfuggire ai "tentacoli" di una societa' (in questo frangente rappresentata dai genitori stessi di Benjamin ed amici di famiglia, costoro l'equivalente dell'esatto stereotipo al quale Mr e Mrs Braddock vorrebbero egli vi si avvicinasse il piu' possibile) si rifugia, con tanto di corazza (una tuta da sub) in fondo alla piscina di casa, una posizione idealmente a meta' tra il college appena lasciato ed il presente/futuro noioso, vuoto, incolore rappresentato dall'insulso party organizzato dai suoi genitori, in realta' specchio dell'intolleranza verso il sentimento da parte di una generazione in costante evoluzione ma allo stesso tempo bisognosa di un drastico cambiamento, un violentissimo pugno nello stomaco in grado di demolire le convenzioni piu' obsolete al fine di far sorgere la vera anima della gioventu'; in definitiva, una sorta di claustrofobia all'interno di un'altra (decisamente piu' opprimente) claustrofobia;
4) la tumultuosa, spiazzante, apocalittica, indimenticabile scena finale (la quale varrebbe da sola la visione del film), in cui un Benjamin, definitivamente uscito dalla catarsi ed inespressivita' di un tempo, si cala nel ruolo di moderno Orlando furioso, completamente uscito di testa, mentre agita un enorme crocefisso strappato dal muro della Presbiteriana all'interno della quale si era appena concluso il matrimonio tra Elaine e lo sposo "combinato" Carl Smith: pochissimi films possono vantare un finale del genere, autentico terremoto generazionale, ideale anticipatore dei moti rivoluzionari che si sarebbero avvicendati pochi mesi piu' tardi, nell'anno (il 1968) piu' caldo del decennio (ed uno dei piu' roventi del secolo);
ed infine:
5) per la colonna sonora di Simon and Garfunkel, un commento musicale senza precedenti (per i tempi che furono): "passeggera'", per sempre, nelle nostre estasiate menti, "a braccetto" con le immagini iconografiche della coppia Dustin Hoffmann - Katharine Ross (sullo sfondo sonoro dell'immortale THE SOUND OF SILENCE), seduti in fondo a quell'autobus preso al volo, due volti esausti ma felici, sebbene su di loro, in quegli ultimi, memorabili secondi, incomba un senso di incertezza, incertezza che chiude simmetricamente quella esposta all'inizio della pellicola: lo spettatore non potra' fare a meno di chiedersi quali conseguenze potra' avere un simile (ed assurdo) gesto, o quale sara' il destino dei due amanti ora finalmente (e rocambolescamente!!…) riconciliati. Ma questo a noi non interessa: la sensazione piu' forte che si avverte risiede nell'incognita lasciata a "sedere" su quell'autobus affollato, sporco di citta'………. Ai nostri due eroi poco importa della loro destinazione (intesa in senso multi-laterale), cosi' come poco importa a noi inguaribili romantici quali saranno le conseguenze della loro impetuosa azione: e' la semplice celebrazione di un attimo, irripetibile, bellissimo, una fotografia istantanea di due destini strappati alla noia, alla consuetudine, a quella gretta societa' che lo stesso Benjamin Braddock riteneva sempre piu' soffocante ed inutile da esplorare. Una societa' che Ben/Hoffman aveva gia' brutalmente rifiutato e rinnegato.
…e vissero felici e contenti?…

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