CINEMA - RECENSIONI

K19

di Andrea Chirichelli (28/1/2003)

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Un film inutile e nato vecchio. Meno appassionante di allarme rosso, meno spettacolare di U571, peggio recitato di Caccia a ottobre rosso e anni luce distante da UBoat 96. Il ritorno alle acque di Katerine Bigelow è più cupo delle profondità in cui si trova il sottomarino protagonista della pellicola. La storia dello scalcinato equipaggio e del suo atto d'eroismo che ha evitato lo scoppio della terza guerra mondiale avrebbe meritato di restare tra le pagine dei libri di storia piuttosto che essere ridicolizzato dalla Bigelow e dalla sua banda di maschioni. In perfetto stile Operazione sottoveste, i soldati sovietici appaiono come ubriaconi, inetti, incapaci e codardi in balia di un capo timoroso (Neeson) finchè non arriva lo stolido e feroce Ford a ristabilire l'onore, il coraggio e l'amor patrio. Certo il clima è giustamente claustrofobico ma sceneggiatura e dialoghi sono tagliati con l'accetta e la Bigelow è la pallida ombra della regista che aveva la capacità di avvincere lo spettatore con perle come Strange Days e Point Break.
Il film non fa nulla per piacere ed infatti in America è stato un pesante flop, del resto con il suo messaggio anti militarista, peraltro annacquato tra retorica e sparate nazionaliste, poco si confà al clima guerrafondaio contemporaneo.
Quanto agli attori, nonostante la cosa migliore del film sia proprio la particolare alchimia tra i due protagonisti, non si può fare a meno di notare la staticità granitica di un Harrison Ford mai così antipatico ed inespressivo, invecchiatissimo e demenzialmente ridicolo in mise militare da ottentenne. Ritmo blando, scenggiatura con buchi grandi come una casa, finale thrashissimo con barbe posticce e bevute di vodka sulle lapidi (che vengono pure annaffiate... per gli americani i sovietici sono alcoolizati anche da morti?) ,in definitiva, visto il genere, un'opera che fa letteralmente acqua da tutte le parti.