CINEMA

LA MANCANZA DI IDENTITA' CULTURALE

di Giuseppe Morgillo (13/3/2000)

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E' una splendida mattina, quella del 25 ottobre, a Roma. Il sole brilla nel cielo limpido di un autunno che riserva delle temperature piuttosto primaverili. Cinecittà sorride ancora una volta al cinema italiano. È riunito il gotha della cinematografia nazionale presso gli stabilimenti di via Tuscolana. I sacerdoti della cultura appaiono galvanizzati al cospetto della città del cinema. Che ha oltre sessant'anni di vita, ma proprio non li dimostra. Il fascino della Hollywood sul Tevere appare intatto. La recente ristrutturazione del gruppo ha messo le ali al fatturato delle società controllate. Bilancio consolidato in attivo, dopo anni di deficit, ed adeguamento tecnologico delle strutture. Il vecchio cinefonico, rimesso completamente a nuovo, ha ospitato un convegno dedicato al futuro del cinema italiano. Problemi, soluzioni e prospettive al vaglio dei maggiori esperti del settore. Attori, registi, produttori e tutte le altre categorie del cinema hanno dato il proprio contributo all'evoluzione del dibattito.
Cinecittà Holding, che ha organizzato l'incontro, era rappresentata dall'Amministratore Delegato Luigi Abete e dal Presidente Gillo Pontecorvo. L'ex Presidente di Confindustria ha posto l'accento sulla mancanza di una vera e propria classe industriale nel campo cinematografico, caratterizzato da uno scarso margine di rischio imprenditoriale. Il regista della Battaglia di Algeri, invece, ha sollecitato un maggiore impegno sul versante stilistico da parte degli autori. La qualità del prodotto, evidentemente, ha il suo peso. La scelta di un film dipende anche dall'interesse che il cineasta riesce a suscitare nello spettatore. Troppo spesso le tavole rotonde trascurano questo aspetto, per certi versi fondamentale, concentrandosi prevalentemente sui profili economici e giuridici. In passato il confronto tra gli artisti era maggiore. I convegni erano un'occasione di interscambio culturale tra diverse scuole e molteplici tendenze. Il neorealismo e la nouvelle vague scaturirono essenzialmente dallo scambio dialettico dei diversi protagonisti. Lo sceneggiatore Age lamenta invece una scarsità di idee di fondo. Troppo spesso, inoltre, le figure dello scrittore, del regista, del produttore, e talvolta anche dell'attore, si sommano nella medesima persona. Negli anni addietro ogni opera recava in media almeno cinque o sei firme. Ma chi non usa eufemismi e mezzi termini, a dispetto della funzione che riveste all'interno dell'ANAC è Carlo Lizzani. Il presidente dell'associazione degli autori non crede che le leggi ed i finanziamenti statali possano bastare a reggere, da soli, le sorti della cinematografia italiana. Occorre uno sforzo da parte di tutti gli operatori del settore, comprese le istituzioni, per recuperare l'identità culturale perduta.