Lasciate ogni coerenza voi
che entrate. Ricco di rimandi a suoi film precedenti, Blow Out
su tutti, e attingendo come suo solito a piene mani dagli insegnamenti
hitchcokiani, Depalma firma il suo capolavoro, dopo le mestizie
degli ultimi anni. Girato in Francia con la benedizione di Jacob
e dell'entourage cannesiano, Femme fatale è la summa degli
elementi del suo cinema: sdoppiamento delle scene, virtuosismi
di camera con una sequenza mozzafiato durante il festival, rallenty
e zoom, sesso e perversioni, insomma tutto ciò di cui
necessita il cinefile accanito. Che però, il film pieghi
verso il finale dalle parti de Il sesto senso e passi dal noir
al quasi fantasy, questa è una mossa spiazzante che centra
l'obbiettivo. Depalma tramite la sua musa bionda stravolge i
fati, mescola possibile e impossibile rende arbitrario il destino.
D'altra parte già l'incipit con il riflesso di Rebecca
Romjin Stamos che si riflette nella televisione dove si vede
una icona del noir come Barbara Stanwick dà l'idea allo
spettatore di cosa lo attende nel prosieguo del film. Dopo avere
passato anni a recitare senza che nessuno sapesse nemmeno che
faccia avesse (ma il corpo ... beh, quello si che si notava!)
visto che sia in Rollerball che in Xmen era coperta da armatura
e/o squame o cose simili, la Stamos recupera il tempo perso e
si propone prepotentemente come l'oggetto del desiderio del cinema
contemporaneo: bionda, suadente, sensuale e decisamente perfida:
un cocktail esplosivo che ruba la scena a tutto e tutti compreso
il sempre simpatico Banderas qui piuttosto anonimo ma funzionale
allo scopo del regista. Che è epater le bourgeois, sempre
e comunque, mischiare le carte, farti credere l'impossibile,
o meglio, il falso. La menzogna è l'elemento portante
del film ed anche se Depalma offre allo spettatore attento un
indizio enorme all'inizio del film, il gioco di rimandi temporali
manda a quel paese coereenza e realismo trasformando Femme fatale
in un sogno, anzi un incubo ad occhi aperti. |