C'e' stato un tempo,
lontano e terribilmente sfuggente, in cui le stars hollywoodiane
erano venerate e "santificate" quanto gli antichi Egizi
ed i loro faraoni mummificati.
Su di loro veniva eretta una barriera di insormontabile misticismo,
idealmente supportata da un fortissimo, penetrante senso di mitizzazione
estrema; erano stars sullo schermo come nella vita, e spesso
non ci si sorprendeva se la seconda si sovrapponeva alla prima
o viceversa: si trattava inconfutabilmente di "extra-terrestri"
mandati da Dio in persona aventi una vocazione unica ed inconciliabile
con il mondo terreno, dal quale, ogni volta lo desiderassero,
potevano usufruire di una particolarissima ubiquita' onde "staccarsi"
onnipotentemente dal suolo, verso un imperioso quanto liberatorio,
metafisico "volo".
Durante i primi 50 anni di vita, lo star-system hollywoodiano
era una specie di Olimpo popolato dai suoi Dei, coccolatissimi,
viziatissimi, adoratissimi; esseri INumani, intoccabili nella
loro Divinita' Solenne ed inattaccabile, autentiche "sfingi
cinematografiche", sulle quali si reggeva l'indistruttibile
Mito del Cinema Americano. Il pathos, la sofferenza, il drammatico,
struggente pianto che i "mostri sacri" hollywoodiani
riversavano su di un commosso spettatore sono, oggi, imparagonabili
con il presunto livello recitavito del cinema attuale.
Dominava, in quell'epoca "oscura" e di estremo fascino,
un destabilizzante, quanto morboso desiderio di "palpabilita'"
da parte del "mortale", verso i propri eroi e leggende
del grande schermo, una palpabilita' tanto piu' forte ed improponibile,
in termini di "reale contatto fisico", quanto era fitta
ed avvolgente la cortina di aureo misticismo che avvolgeva, quasi
fossero entita' ectoplasmatiche dotate di poteri soprannaturali,
le antiche stelle del firmamento americano. Il dominio degli
Studios si manifestava implacabilmente sul destino e sulle relative
scelte professionali dei loro beniamini, fino a condizionarne
(in alcuni casi, anche gravemente) sia la vita artistica che
quella umana e "quotidiana". Se di "quotidianita'"
e' lecito supporre... Non vi era apparentemente nulla che i vari
Clark Gable, Humphrey Bogart, Charles Laughton, Greta Garbo o
Gloria Swanson, per citare alcuni dei "leading-actors"
di quel tempo, non sarebbero stati capaci di realizzare: qualsiasi
cosa, persona od oggetto sembrava essere sotto il loro volere
e potere: Dei e Dee incontrastati, Veneri e Mephisto idealmente
mischiati l'uno all'altra, onde auto-condursi in un rapporto
scabroso e torbido sepolto in un'epoca dove il mistero ed una
infinita angoscia individuale si rivelavano infallibili "metronomi"
di un'esistenza votata all'eterna follia e sadica perversione.
Forme di istrionismo senza tempo e senza spazio, animali sovrannaturali
del pensiero, in grado di ammaliare e catturare l'occhio e l'anima
sprovveduta del comune mortale. Per poi, quando venne dichiarato
"momentum", scannarsi fra di loro, come belve assetate
di sangue; e l'attimo successivo avrebbero invocato, forse per
opera di un Ordine Supremo non meglio identificato, il sacrificio
supremo, in nome della Settima Arte, per cui erano vissuti, e
per cui, ora, dopo centinaia di plastici sorrisi e di roventi,
passionali lacrime, dovranno morire.
In definitiva la parabola "ascendente-discendente-maledetta"
di quelle icone senza tempo venne mirabilmente riassunta, "trasposta"
in un celebre classico hollywoodiano, VIALE DEL TRAMONTO: macabro,
ossessivo, ripugnante, "nero" e maledetto allo stesso
tempo, in bilico tra vampate di antica gloria riesumate e poi
"annegate" da una immortale, indimenticabile Gloria
Swanson; una "noiristica", eterea ed irreale interpretazione
di un processo auto-distruttivo quanto apocalittico, il cui culmine,
una Morte Annunciata e liberatoria, altro non e' che l'essenza
del Grande Cinema di Hollywood. Vita, miracoli, mirabilie, ascesa
in Paradiso e repentina discesa all'Inferno, auto-flagellazione...
omicidio, folle pentimento, nevrosi, isterismi e nevrotismi;
ultimo atto del Melodramma: un suicidio plateale, epico, raggelante:
il Cinema muore insieme alle sue stars, pronto il giorno dopo
a rinascere, sotto forma di finzione, naturalmente, sebbene non
si sia mai capito quale in realta' fosse la linea di demarcazione
tra fantasia e realta', recitazione e normalita', follia e comprensione,
gloria ed autodistruzione;
Vita e Morte. Il Cinema e' tutto questo oppure nulla di tutto
cio'.
E' apparenza e fisicita', realizzazione ed annullamento, convinzione
e suggestione, dubbio e verita', in un vorticoso gioco tra antitetiche
parti; in mezzo, gli attori, in vesti di medium organizzatori
e divulgatori di un caos emotivo sensazionalistico che solo tramite
il mondo in celluloide poteva trovare massimo e folgorante compimento.
Questa era HOLLYWOOD, "figlia" di un tempo dimenticato
e remoto, oscurato dalle faziosita' del presente, da un'eccessiva
quotidianita', esasperante e provocatrice di debordante noia.
Un Cinema, quello di oggi, senza una faccia, senza immagine,
senza, soprattutto, quei favolosi, intramontabili ed "impalpabili"
"leading-actors" che hanno reso la Settima Arte una
MONUMENTALE, ricchissima e "occulta" Arte. Un'arte
assolutamente non riproducibile e rappresentabile nella vita
reale.
ALAN "J-K-68"
TASSELLI
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