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Cerchiamo di mettere subito
le cose in chiaro: EASY RIDER, cinematograficamente parlando,
non e' una pellicola particolarmente memorabile: i pregi vanno
ricercati altrove: nello stile, ad esempio, oltreche' nel manifesto
trasgressivo e vagamente decadente di cui il film diretto da
Dennis Hopper si fa carico dall'inizio alla fine. EASY RIDER,
analizzato da una mente lucida e razionale, si rivela essere
il calvario di due motociclisti in cerca della liberta', una
liberta' accompagnata (e' il 1969, in fin dei conti) da fittissime
utopie che poi si dimostreranno irrealizzabili a causa di una
societa' eccessivamente perbenista e tradita da vergognose forme
di pregiudizio. Il ritmo e' incostante, a tratti balbuziente
e scollacciato: si avra', come immagine finale, un prodotto cinematografico
incerto, titubante, senza ombra di dubbio ossessionato piu' dal
concetto di "trip psichedelico" che dalla consistenza
e linearita' nelle trame proposte dai due avventurosi registi.
Appare quindi sin troppo chiaro che lo scopo principale di Dennis
Hopper (il vero ideatore e propugnatore di questo coraggiosissimo
atto d'amore verso la liberta' intesa nel senso piu' estremo
del termine) non e' nell'essenza bensi' nella forma della sua
pellicola: poco importa se il filo conduttore non viene quasi
mai compiutamente focalizzato: il fulcro ed ideale epicentro
di EASY RIDER e' la spiazzante iconografia del drammatico esistenzialismo
hippie di Wyatt e Billy, vincolati fraternamente ed all'unisono
diretti verso la Terra Promessa, un luogo di pace dove la speranza
non muore mai ed all'interno del quale i nostri due ambasciatori
della pace potranno coltivare in piena autonomia i loro "sconvolgenti"
ideali. Si tratta di una lunga, sofferta battaglia contro il
bieco, assurdo puritanesimo imperante in un'America gia' sperimentante
i primi vagiti di uno smarrimento di valori in parte dovuto anche
alla difficilissima, precaria situazione politica diretta conseguenza
delle costantemente crescenti morti di migliaia di giovani in
Vietnam. EASY RIDER viene "vomitato" sullo spettatore
con la stessa veemenza di un'assordante protesta in marcia lungo
strade macchiate di sangue e lacrimogeni, ma non solo: EASY RIDER
ha imposto per la prima ed unica volta il "bikers/motorcycle
movie", ovvero "The Hardley Davidson Movie" par
excellence. Peter Fonda e Dennis Hopper sono due motociclisti
in rotta di collisione con la gente comune incontrata lungo il
loro tortuoso, drammatico percorso: l'indifferenza, quando non
la rabbia cieca di un popolo ignorante e stolto, e' solita scagliarsi
sui due inossidabili bikers come se si trattasse di untori portatori
di peste, morte e malattia. La conclusione e' quanto di piu' amaro si possa vedere al Cinema: un sogno a lungo accarezzato, a tratti tenacemente inseguito, ora trucidamente spezzato, ucciso, annichilito: cosi' come vengono trucidati ed annichiliti Billy e Wyatt: una morte "on the road" che chiude definitivamente il cerchio di una vita alla rincorsa di ideali frustrati, terribilmente stuprati dalle ideologie troppo comuni di un popolo TROPPO comune. Le due moto vanno in fiamme, ma e' una tutta generazione che, istantaneamente, brucia, alle porte di un decennio incerto e politicamente, socialmente ancora piu' instabile del precedente: muoiono gli anni '60, morte legittimata dall'assassinio del nero Meredith Hunter durante l'infausto concerto dei Rolling Stones all'Altamont Speedway, il 6 Dicembre 1969 (durante l'esecuzione di UNDER MY THUMB e NON di SYMPATHY FOR THE DEVIL, come molti, oramai tutti, credono ). Se Woodstock aveva rappresentato il punto piu' alto (ma al contempo definitivo ed irripetibile) della filosofia hippie, EASY RIDER, prima, ed Altamont poi, ne avrebbero decretato la parabola discendente e conseguente simbolico decesso. Infine, la tanto decantata colonna sonora: una colonna sonora riuscita a meta': a parte l'irruento, memorabilissimo trittico iniziale (THE PUSHER/BORN TO BE WILD degli STEPPENWOLF e THE WEIGHT della BAND) in aggiunta a THE BALLAD OF EASY RIDER (ROGER McGUINN) e IF SIX WAS NINE (JIMI HENDRIX EXPERIENCE), la celebre soundtrack, se non accompagnata dalle immagini del film, appare pesantemente fiacca e per nulla raccomandabile: bozzetti senz'anima per composizioni mediocri (eccetto la dylaniana IT'S ALRIGHT MA (I'm only bleeding) interpretata da ROGER McGUINN), lontane anni-luce dalle sopra-menzionate tracce, soprattutto in considerazione del fatto che, se potevano solo vagamente funzionare nel contesto ("caldo" e rivoluzionario, provocatorio) dell'opera di Dennis Hopper, oggi tali scelte musicali apparirebbero ultra-datate e, francamente, difficilmente digeribili. Attestato cio', ora potro' fare un sano salto indietro nel tempo, al fine di ricongiungermi al contenuto, sofferto romanticismo di Rick Blaine / Humphrey Bogart ed alla sua impossibile storia d'amore con la magnetica, inarrivabile Ilsa Lund Slaszlo / Ingrid Bergman, in un noto nightclub marocchino . E per chiunque non l'abbia ancora capito, l'anno era il 1942 e la pellicola (implicitamente citata) una certa "CASABLANCA" In fondo romantico io son Questo testo è depositato presso www.neteditor.it e quindi coperto da diritti d'autore. Esso non potrà essere riprodotto totalmente o parzialmente senza il consenso dell'autore stesso, il quale, peraltro, ha autorizzato la pubblicazione su NuovoGPR, in data indicata in testa ed a mezzo e-mail. |