"E'
forse
una legge della natura "INTELLIGENZA ACCRESCIUTA
= PERDITA DI AMICIZIE
?"
(Charlie Gordon a Miss
Kinnian, da "I DUE MONDI DI CHARLIE", di Ralph Nelson,
1968)
Premessa: mi capito'
di imbattermi (in maniera del tutto casuale) ne I DUE MONDI DI
CHARLIE, circa tre anni fa, a cavallo tra il 2000 ed il 2001.
Non avevo mai visto questo film interpretato da Cliff Robertson
e Claire Bloom, che narrava la (assai singolare vicenda) di un
ritardato mentale (Charlie Gordon), il quale, grazie ad un innovativo
esperimento scientifico, subisce un'evoluzione social-intellettiva
progressiva, fino a divenire un autentico genio. La pellicola,
diretta da Ralph Nelson nel 1968 (e che frutto', l'anno seguente,
l'Oscar come Miglior Attore Protagonista a Cliff Robertson),
e' tratta dallo splendido romanzo fantascientifico FLOWERS FOR
ALGERNON (Fiori per Algernon) scritto da Daniel Keyes nel 1959.
Dopo la visione, ancora frastornato dall'amaro, spiazzante finale,
giunsi' immediatamente a questa prima conclusione:
Charlie Gordon e', al di la' di ogni retorica ed analisi cinematografico-sociale,
la metafora dell'imperdonabile strafottenza e superbia di una
Scienza supponente e senza scrupoli, che non sembra tenere conto
delle (tragiche, inconsuete, non previste) evoluzioni di cui
si fa carico l'uomo-cavia di turno: cio' che viene innescato
e' pari ad una bomba ad orologeria, della quale si sa, sebbene
con approssimazione, il momento in cui esplodera', lasciando
attorno a sé niente altro che desolazione e smarrimento.
Lo stesso sentimento di desolazione che Charlie Gordon riassume
egregiamente, nell'ultimo, rivelatorio, spiazzante atto rivolto
a tutto il corpo scientifico presente in aula: alla domanda "E
la Scienza Moderna?
" - Charlie replica, con assoluta
convinzione ed impressionante lucidita' psichica: "
un
processo assolutamente vano di suicidio collettivo
".
Spiazzante analisi che viene egregiamente confermata dalla glaciale,
ammonitoria, intransigente domanda posta al responsabile primario
del (delittuoso) esperimento, il Dott. Norum: "
avanti,
Professor Nerum, risponda a questa domanda: CHARLIE GORDON. Nessuno
di voi e' capace di rispondere alla domanda "CHARLIE GORDON"?
Nessuno laggiu' in sala e' capace di rispondere alla domanda
"CHARLIE GORDON"?
- e, proseguendo - Mi avete
deluso, scienziati, non avete acume, ANZI: ne avete meno di un
topo
si, perche' ALGERNON mi ha risposto: lui sa".
Sono parole spiazzanti, drammatiche, considerazioni che non consentono
perdono alcuno, ne', forse, una seppur vaga possibilita' di riscatto.
Tutto d'un tratto si forma una gelida aura di silenzio che percorre
inesorabile le facce di straniti, sgomenti eminenze grigie, fosco
presagio dell'amara rivelazione di cui lo spettatore verra' a
conoscenza pochi attimi dopo.
A questo stadio della mia analisi urge una sporadica (sebbene
contenuta) impressione : "I DUE MONDI DI CHARLIE" avrebbe
assurto certamente allo status di "piccolo capolavoro",
se solo questa pellicola fosse stata curata, diretta ed interpretata
con maggiore "senso di continuita'" nonche' "sensibile
rispetto per gli eventi e sfumature narrati", obbligando
(ipoteticamente) il regista a non commettere certi "errori
di concetto" di cui il film a tratti si macchia. Ad una
odierna visione (e soprattutto dopo che il tema del "ritardo
mentale" e' stato oggetto di numerose, fin troppe, rivisitazioni
cinematografiche) "CHARLY" ci appare come una pellicola
datata, contraddistinta da una colonna sonora che non poteva
essere che "figlia del proprio tempo", ma che oggi
risulta solo inutile e, mi si permetta, alquanto imbarazzante.
Attestato cio' al film non puo' venire omesso il merito di aver
saputo piu' che dignitosamente "fotografare" le due
realta' perfettamente antitetiche impersonate da un eccelso CLIFF
ROBERTSON. Il principale comune denominatore (e primaria chiave
d'interpretazione) e' lo sguardo dichiaratamente pessimista che
ha come epicentro il senso di indifferenza che colpisce (gravemente,
senza il minimo scrupolo) chi e' affetto da gravi forme di diversita'.
Molto piu' semplicemente: CHARLY GORDON, sia che ci appaia come
ritardato o, post-operazione, in qualita' di "genio miracolato",
sara' sempre oggetto della miscredenza (e cattiveria) altrui:
in entrambi i casi vittima e colpevole allo stesso tempo, senza
che Charly si renda a tutti gli effetti complice della propria
diversita' sociale. Se la scienza avra' fallito, l'umanita' avra'
commesso l'ennesimo crimine. Il crimine di non poter (e saper)
accettare le persone (in questo frangente sia il minorato che
l'individuo dotato di grande intelletto) per quello che in realta'
sono. Scienza ed umanita' vengono, concludendo, "dipinti",
"scattati" con feroce cinismo, essendo esse la principale
ragione d'infelicita' (prima e dopo) di Charlie Gordon. Nonche',
metaforicamente, di tutti coloro che non possono beneficiare
di un proprio pensiero, obbligati loro malgrado a relazionarsi
alle impressioni ed umori (spesso accompagnati da disprezzo e
gelido cinismo) della maggioranza piu' potente e presente sul
Pianeta.
L'anima del film risiede nelle due contrastanti, diametralmente
opposte reazioni psicologiche che accompagnano le evoluzioni/devoluzioni
mentali di Charlie: nel primo caso, post-operazione, egli gode
di una irresistibile escalation intellettiva, che gli permettera'
presto di acquisire lo status di genio: e', senza ombra di dubbio,
la parte piu' eccitante ed intrigante della pellicola: agli occhi
dell'ex-ritardato si schiude un nuovo mondo, cosi' ricco di colori
e sfumature, quelle stesse sfumature delle quali non aveva mai
potuto accorgersi durante i suoi primi 30 anni di vita: la straordinaria,
talvolta struggente bellezza di questo momento sarebbe pari a
quella di un uomo lanciato sullo Spazio e percio' testimone degli
indicibili avvenimenti e trasformazioni naturali che continuamente,
incessantemente si avvicendano attorno al nostro immaginario
collettivo. Nel secondo caso, al contrario, viene esplosa la
consapevolezza, nell'uomo-Charlie, di dover subire una fase regressiva
poco prima del tutto inaspettata. Il protagonista e' oramai conscio
del proprio scuro, inconvertibile destino, ed intende non rendersene
patetica vittima.
Il sogno e' finito, la speranza definitivamente uccisa, e quell'Universo
intero che si era aperto dinanzi agli occhi di Charlie sta implodendo
lentamente, risucchiando voracemente ogni ideale e senso di "nuovi
mondi e nuove realta' da esplorare".
"Perche', Professor Nerum, non dirmelo: non dirmi che l'operazione
avrebbe avuto soltanto un effetto temporaneo" - esclama
un rassegnato Charlie Gordon - mentre tiene in una mano un Algernon
morto, esanime, anche lui sconfitto da quella stessa Scienza
che lo aveva (altrettanto miracolosamente) aiutato a liberarsi
del suo ritardo mentale.
E, a suo modo, la figura tragica di questo topo sacrificato ai
"necessari voleri" del Progresso Umano, e' l'emblema
dell'uomo una volta di piu' barbaramente ucciso da una Scienza
perfida, che non tiene conto (se mai vi ha tenuto conto) della
sensibilita', di quella particolare comprensione di cui un individuo
come Charlie (e/o suoi simili) avrebbero costantemente bisogno.
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