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Non esiste bomba, o missile,
o mina antiuomo che non porti via una giovane piccola vita. Non
esiste conflitto bellico che non annoveri tra i caduti i bambini,
vittime sempre più numerose degli sbagli e dell'arroganza
degli adulti e delle loro armi "intelligenti". E la
guerra in Iraq non fa eccezione, purtroppo. Anzi. È ormai sotto gli occhi di tutti che proprio loro, i bambini, incolpevoli e inconsapevoli, sono quelli che più rischiano in questo conflitto. Come in altri, in passato, d'altronde. L'International Study Team (equipe composta da medici, psicologi ed altri esperti) ha condotto uno studio su un campione di cento famiglie di Bagdad e sulla base di informazioni raccolte nel gennaio scorso. Dal rapporto emergono cifre drammatiche: il 46% dei bambini non crede di poter vivere a lungo; il 72% teme che qualcosa di terribile possa colpire la propria famiglia; il 40% ritiene addirittura che non valga la pena vivere dal momento che è in corso una guerra. Nello stesso studio è stata messa a confronto la condizione di salute dei bambini oggi nella capitale irakena con quella dei loro coetanei e concittadini nella Guerra del Golfo del 1991. Il peggioramento è netto. La mortalità infantile è infatti aumentata: quella al di sotto dei cinque anni, in particolare, è addirittura triplicata. E non sono solo le armi e la violenza in genere la causa di questo tristissimo scenario. In Paesi come l'Iraq, infatti, i bambini (anche in conseguenza dell'embargo) muoiono di fame e di sete, o per la pessima igiene e la mancanza di medicine, o ancora perché abbandonati a se stessi dopo la morte dei genitori. L'O.N.U. ha calcolato che dopo questo conflitto quasi la metà delle vittime sarà costituita proprio da bambini. E già adesso negli ospedali iniziano a scarseggiare le poche medicine a disposizione che servono a curare i malati e i feriti. Senza contare la quasi totale mancanza di acqua potabile e le difficoltà di ricevere cibo e provviste in genere dalle operazioni di aiuti umanitari. Per chi parla già di ricostruzione dell'Iraq dopo la fine della guerra e la caduta del regime di Saddam Hussein, è u dato da tenere in considerazione. Un dato che dovrebbe spaventare e far riflettere le parti in conflitto, tutte, senza distinzioni. |