SALUTE

LA DROGA LASCIA UN TIMBRO SUL CERVELLO

E’ quanto afferma una ricerca della AUSL di Parma, gli stupefacenti agiscono sulle cellule celebrali e sui geni in modo da creare un condizionamento duraturo che porta alla ricaduta.


di Lucia Billeci (5/4/2004)

Commenta l'articolo


L’assunzione di sostanze tossiche d’abuso lascerebbe nel cervello tracce mnemoniche persistenti ben oltre la sospensione dell’uso delle sostanze stesse. E’ quanto emerge da una ricerca condotta dal prof. Gerra delCentro Studi Farmacotossicodipendenze dell’AUSL di Parma. Gli studi, effettuati sugli animali ma riferibili anche all’uomo, mostrano come queste tracce accrescerebbero il rischio di ricaduta a lungo termine. Tracce lasciate dalla dopamina,una sostanza liberata nel nucleo delle cellule celebrali, che produce fra l’altro il desiderio di droghe e tabacco. Solo che mentre nei casi degli altri impulsi naturali il rilascio di dopamina si riduce nel momento della gratificazione dello stimolo, ciò non accade con le droghe. Non si crea cioè alcuna abitudine che affievolisca il desiderio della sostanza quando essa è stata assunta prolungatamente. Ne consegue un forte condizionamento che non si estingue con l’interruzione della disponibilità della droga e che prescinde dalla sua capacità appagante. Le tracce rimanenti nel nucleo delle cellule sarebbero infatti più ricordi dell’aspettativa del piacere che della fruizione di esso. A scatenare il desiderio, esponendo al rischio della ricaduta, sono sufficienti luoghi, stati d’animo,relazioni che rievochino l’esperienza del piacere. La causa della persistenza delle tracce suddette è da ricercarsi nell’incapacità del nucleo cellulare di bilanciare la percezione degli stimoli positivi e di quelli negativi derivanti dall’assunzione di stupefacenti. In altre parole anche stimoli avversi e stressanti contribuirebbero alla sovrapproduzione di dopamina, facendo sì che essa sia connessa solo con la percezione del piacere. Ad esempio il rischio di perdita, di morte, di autodistruzione attiverebbero il rilascio di dopamina come e quanto il piacere delle droghe in sé. I processi di controllo che dovrebbero portare alla stabilizzazione del livello di gratificazione sono elusi da questa soglia differente e più ampia di attivazione del rilascio di dopamina. Tale alterazione porta a un cambiamento comportamentale, emozionale ed motivazionale duraturo nel tempo: è la memoria dell’addiction (lo stato in cui l’uso di droghe sfugge al controllo ) e comprende il ricordo della perdita del controllo della sostanza e quello dei suoi effetti. Ma c’è dell’altro. Il prof. Grebbia continua infatti affermando che le sostanze d’abuso agirebbero addirittura sul patrimonio genetico dell’uomo, modificando la trascrizione da parte del nucleo dei cromosomi responsabili della produzione di dopamina e del rischio di ricaduta. L’azione della cocaina ad esempio influirebbe su un gran numero di geni, provocando un’aumento della quantità di RNA messaggero nella corteccia frontale, il cui ruolo è molto importante nel determinare il desiderio delle sostanze tossiche. In ogni caso la varietà dell’azione delle droghe sui geni dipende dal tipo di sostanza, dal tempo di esposizione, dalla zona celebrale interessata. Diverse da individuo a individuo sono anche le vie di ricaduta che portano a riprendere il consumo, sicuramente gli stimoli che provocano la ricaduta vanno al di là della semplice esposizione alle sostanze.In alcuni casi può agire in maniera decisiva lo stress.Nei soggetti più psicologicamente vulnerabili va considerata tale debolezza preesistente all’uso di droghe, su di essa agiscono le tracce mnemoniche dopaminiche creando un’esposizione alla ricaduta che è un mix di fattori biologici e fattori indotti dalle droghe. L’individuo vulnerabile infatti ha già di per sé una disfunzione nel rilascio della dopamina(con conseguente compromissione del sistema di gratificazione) sulla quale si innesta l’azione degli stupefacenti. Inoltre queste persone percepiscono l’effetto della droga come sostitutivo di una specifica carenza, rendendo ancor più ampia la discrepanza fra l’aspettativa di gratificazione e la gratificazione effettiva, cosa che, come detto, condiziona fortemente la spinta all’assunzione di droghe. Certo, conclude la relazione, la varietà delle reazioni dei diversi soggetti all’esposizione alle stesse sostanze d’abuso è tale che mentre per alcuni drogarsi diventa subito una consuetudine irrinunciabile, in altri l’azione delle droghe sul cervello appare vana e inefficace. Ma chi è pronto a scommettere che il suo cervello reagirà in un modo piuttosto che nell’altro?