ATTUALITA' - SOCIETA' & ISTITUZIONI

INCHIESTA

SE IL SUD MOUORE

di Danilo Albini (9/6/2000)

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Nei salotti progressisti della Lombardia e del nord ovest si aggira una domanda preoccupata.

Dopo le elezioni amministrative che hanno saldato le regioni del nord in un blocco politico di centro destra con poteri decisionali rilevanti rispetto al governo centrale, il cambio al vertice della confindustria e conseguente atteggiamento difensivo dei sindacati, l’ormai avvertibile arrivo di tecnici dai paesi europei dell’est e l’immigrazione extracomunitaria che, di fatto, occupa le posizioni lavorative meno qualificate, ci si chiede quali possibilità di recupero economico abbia il Sud.

L’attuale governo debole destinato probabilmente ad essere sconfitto alle prossime elezioni politiche, i grandi capitali impegnati in sfide globali e quindi tutt’altro che disposti a massicci investimenti nel sistema Italia, l’inaridimento dei canali d’immigrazione interna sembrano lasciare poco spazio ai tradizionali trasferimenti compensativi di risorse dal nord al mezzogiorno. Trasferimenti che accettati di buon grado o di mala grazia fino ad ora appaiono anacronistici e penalizzanti in un tessuto industriale e commerciale impegnato dalla concorrenza estera, non più difeso dalle possibilità di svalutazione della moneta nazionale e costretto a nuovi investimenti

Tecnologici pena la scomparsa.

Vi è poca traccia tuttavia, sia a livello politico sia intellettuale, di preoccupazioni in questo senso da parte dei diretti interessati. Di là delle solite richieste d’intervento assistenziale, di sgravi fiscali e di facilitazioni per il mercato del lavoro, non s’intravede un progetto complessivo di difesa non solo dell’economia ma anche dell’identità del Sud dall’inevitabile pressione della nuova Europa di cui si parla molto ma che in pochi, non solo al Sud peraltro, valutano correttamente avvertendone la complessità e l’enormità innovativa. Di fronte alla scelta storica della cancellazione delle frontiere ed all’incombere di stravolgimenti nel mondo finanziario, culturale e sociale il politico, l’operatore e l’uomo della strada di queste regioni manifestano, infatti, generalmente un disinteresse che è tutto da capire.

Con molta probabilità non si tratta dell’atteggiamento stereotipato, male interpretato e diffuso dalla Lega, quanto di un rifiuto più o meno consapevole del modo di vivere proposto dalle nuove aggregazioni sociali. Il ricorso, in un mondo non facilmente comprensibile ed in rapido mutare, a modelli di comportamento acquisiti dalle proprie radici ed esperienze storiche. Si delinea nel profondo non una vana opposizione fatta d’inadeguatezza strutturale o da sordità intellettuale quanto la ricerca di un equilibrio etico tra nuovi e vecchi valori, questi ultimi tuttavia inquinati da forme di criminalità organizzata, queste sì capaci, se non rifiutate ora e definitivamente di mettere in crisi qualsiasi sforzo d’integrazione o di progetto sociale.

Non vi è ancora risposta alla domanda iniziale perché la sfida è appena iniziata, tuttavia si conosce la posta finale: un Sud o squallida periferia europea o ricco contenitore di un umanesimo perso altrove nelle lande economicamente esasperate del continente.