ATTUALITA' - CRONACA

VIOLENZA NEGLI STADI:

ANCHE LA POLIZIA FA LA SUA PARTE

di Lkl Skywalka (28/10/2000)

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Sono qui per raccontare una storia. Probabilmente, una storia già trita e ritrita… non so se, il fatto che nulla dirò di nuovo, sia un bene o un male. Mi piace, comunque, pensare che voi mi ascolterete. L’amico di un amico va allo stadio, la squadra locale inizia a subire, pesantemente, le prime scaramucce sugli spalti, lancio di pietre, i soliti orrori che nulla hanno a che fare con lo sport. Non sono qui per proteggere l’amico dell’amico, non è questo il punto. Il soggetto in questione, andato
allo stadio con un amico e un fratello (minorenne) riceve, fin troppo prontamente, una manganellata al collo e sviene. Rinvenuto, viene trascinato fuori dallo stadio, il percorso tra due file di “poliziotti” è evidentemente una sorta di calvario, visto che gli stessi sono particolarmente magnanimi nel distribuire calci, pugni e insulti. Portato in centrale, le percosse continuano e un colpo allo stomaco, assestato da un poliziotto particolarmente ligio al suo dovere, lo rispedisce al suolo,
privo di sensi per la seconda volta in un tempo troppo breve. Nuovo risveglio, nuovo trauma: insieme ad altri, è costretto ad affermare la sua colpevolezza (sulla quale, ripeto, non vogliamo discuteremo adesso). I martiri, comunque, sono una razza in via di estinzione, quasi scomparsa del tutto. Disposti in cerchio, inginocchiati a capo chino e minacciati dai manganelli, non credo si confessi ciò che la giustizia non vuole udire. Mi sbaglio, o anche in passato gli indagati confessavano qualsiasi malefatta onde sottrarsi alla tortura e conquistarsi una punizione rapida e definitiva, al posto di uno stillicidio di barbarie? Con le dovute proporzioni, non è cambiato nulla, anche se è orribile la nostra abitudine nel volerci definire “civili”. Dopo la confessione, si profila un nuovo orrore: lo spostamento in un penitenziario decisamente noto. Una poliziotta afferra il tipo e gli consiglia, in tal caso, “di dare una testata nel muro e svenire, prima che provvedano i colleghi”. Per fortuna, la deportazione, non avviene, ma lo sfortunato viene posto in cella con 4 extracomunitari, due spacciatori di colore ultraquarantenni e due albanesi (capirete che, con la nomea che alcuni tra loro si stanno guadagnando, non
deve essere certo un’esperienza appagante). Dopo il soggiorno forzato, che rimane, paradossalmente, l’unico momento di pausa dell’intera vicenda, i tre (il protagonista con fratello e amico) vengono rilasciati. Naturalmente, i familiari si rivolgono ad un avvocato. La causa parte, c’è il primo incontro tra le due parti, con 83 fotografie su 400 che scompaiono, misteriosamente, e i poliziotti che si coprono a vicenda, mentendo palesemente. Spuntano testimoni oculari mai visti prima e tutte le bassezze del caso. Adesso sulla sua testa pende una condanna a 4 mesi di carcere domiciliare, nonché una macchia nella fedina penale. Per la cronaca, ancora zoppica una striscia livida gli orna la testa, come una lapide temporanea posta a memoria della manganellata. C’è da rimanere scioccati, io sarei impazzito. Si pesca a strascico, si getta una rete e chi è dentro è dentro. Colpevole o innocente, ciò non conta. Prima ti conciamo per le feste, poi decidiamo la tua sorte. Non vorrai mica opporre la tua parola da misero e inutile cittadino alla nostra Verità? Mi chiedo quale sia la formazione MORALE che i tutori dell’ordine ricevono in fase di addestramento. Suppongo che non sia alcuna menzione a valori quali l’onesta, la correttezza e, soprattutto, umanità. In un eccesso di generosità, voglio dimenticare le percosse (il dolore fisico, quello
passa). Ma vedersi umiliati pubblicamente, impossibilitati a ribattere adeguatamente, costretti a rodersi nell’animo ascoltando sfilze di falsità (menzogne che hanno, tra l’altro, molto più rilievo di quanto non possa avere la tua più sincera esternazione) proferite da uomini che dovrebbero dedicare la propria vita al servizio della patria e della popolazione… Come esprimere un simile raccapriccio? Non so cosa significhi essere un poliziotto, perché è un ruolo nel quale non mi sono mai calato. Ho, però, una minima cognizione di ciò che significhi essere un uomo, concedetemi la presunzione. E l’episodio non mi va giù assolutamente, per due motivi: il marciume che corrode gli organi preposti alla nostra tutela (massimo rispetto a coloro che, invece, fanno il loro dovere,e ce ne sono tanti) e il totale disinteresse della popolazione che, in casi del genere, preferisce fregarsene allegramente, come in troppe occasioni… Di ciò, però, non mi stupisco, assolutamente no. In Italia è più importante sapere chi verrà cacciato dalla casa del Grande Fratello (che tristezza, gli spettatori, nella quasi totalità dei casi, neanche conoscono il motivo del titolo.…). Fatti recenti, come l’alluvione, l’asta-buffonata per le concessioni UMTS, la benzina a livelli inconcepibili, l’inchiesta sulla pedofilia, il dollaro che si avvia verso le 2400 lire… Che importanza può ritagliarsi il caso di un “teppista” fra tanti (purtroppo non verrà mai dimostrato il contrario…), menato dalla polizia? Nessuna, non fa audience. E’ vero che i media orientano la massa, ma chi è che orienta i media?

Lkl Skywalka
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