ATTUALITA' - SOCIALE

PERCHE' IL PROIBIZIONISMO

NON PAGA

di Marco Comandè (24/11/2000)

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Uno dei dibattiti più controversi nel campo sociale, riguarda il tema del proibizionismo. Che si può essenzialmente riassumere nella domanda: è giusto o non è giusto che una persona si debba rovinare la vita? e quali rimedi sugerire?
Il tentativo dell'America degli anni '30, di proibire l'alcool, è fallito miseramente. Attualmente stanno miseramente fallendo i tentativi contro la prostituzione, la droga e l'aborto. Perchè? come è possibile che la gente riesca comunque a seguire una via rovinosa? Sono falliti i rimedi repressivi o quelli preventivi?
Tante domande, ma risposte incerte. Proverò a individuarne una, non so quanto veritiera e logica: si tratta di una intuizione presa riflettendo sulla teoria di Durkheim (sociologo ottocentesco) riguardo ai suicidi.
Secondo lui, la società attuale vede un aumento del numero di suicidi, perchè spinge l'uomo a desiderare oggetti che non otterrà mai. Si tratta del classico consumismo irresponsabile. Secondo lui, le società antiche non avevano un tasso di suicidi così elevato come da noi. E lo spiega con il fatto che allora le società erano patriarcali, e quindi legate al sistema della casta: la casta protegge sempre, e permette agli individui di sentirsi parte di qualcosa, non come le società di oggi, iperindividualistiche e scarsamente attente al mondo esterno.
Confesso che tale ipotesi mi rende dubbioso. Mi parrebbe strano voler paragonare due sistemi di vita così diversi: sarebbe come voler paragonare un topo di campagna con un cane di città. Manca, nell'analisi di Durkheim, l'analisi empirica (almeno credo: non ho letto i suoi libri, solo un saggio su di lui) della lotta tra l'uomo e la natura a quei tempi: il vaccino non esisteva, il cibo bisognava procurarselo a fatica, le guerre e le carestie erano una costante. In questa situazione, il tempo di pensare al suicidio non esisteva, e non esisteva perchè la morte era una compagna dell'esistenza, si poteva morire in qualsiasi momento. Oggi invece non è così: l'ho dimostrato nei miei precedenti articoli.
La domanda cui rispondere adesso, quindi, è: perchè il consumo di droga, la prostituzione e l'aborto continuano a esistere? Non darò la classica risposta: la prostituzione è il mestiere più antico del mondo.
La risposta mia non è diretta, ma va ad analizzare una caratteristica dell'uomo, studiata anche da Freud sul piano psicologico. Io preferisco attenermi a quello fisico.
Dunque, è illusorio pensare che l'uomo tenda per sua natura alla perfezione assoluta: ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti, più o meno grandi. Fino a quando la morte era una costante della quotidianità questi pregi e difetti erano sopiti, perchè erano ben presenti altri istinti: la sopravvivenza, l'egoismo, la sessualità più o meno perversa...
Oggi invece, la lotta contro la natura non esiste più: l'uomo è lasciato libero di scegliere per i propri interessi o gusti. Avvertire la libertà vuol dire cercare di organizzarla, altrimenti si sfocerebbe in un'anarchia disastrosa. Per organizzare qualcosa, bisognerebbe prima scoprire la tal cosa: quindi c'è un'indagine continua delle proprie capacità e dei propri limiti. Ecco che si manifestano, sul piano della coscienza, i difetti abnormi di ognuno di noi (perchè tutti ne abbiamo almeno uno). La fase più delicata sta proprio qui: una volta scoperti questi difetti, scatta una reazione, che può essere più o meno disperata, più o meno riflessiva. Se non esistono contrappesi all'individualismo e al rifiuto di questi difetti, la reazione sarà sproporzionata, fino al suicidio, all'assuefazione, al rovinarsi il fisico o la mente con il fumo... Attenzione a non confondere, qui non stiamo parlando di un'analisi freudiana: l'analisi è fisica, e il presupposto è che la mente faccia parte del linguaggio del corpo. Per intenderci meglio: il fumo fa male, ma perchè si fuma? secondo gli scienziati, esiste una particolare predisposizione fisica al fumo (o al contrario una repulsione fisica, non si sa). Ma finchè la morte arrivava in guerra o per una carestia, fumare che cambiava nella vita? Niente. Oggi invece cambia tutto. I difetti erano nascosti in passato perchè l'istinto di sopravvivenza era fortissimo, e non a caso la violenza di quei tempi era violenza contro altri, non contro se stessi. Oggi invece l'istinto di sopravvivenza si è sopito: scatta l'inevitabile istinto di autodistruzione.
Per questo, pretendere di raggiungere una perfezione assoluta, o di giudicare gli altri, è peggio del male stesso: una persona si scopre un "mostro", reagisce come non dovrebbe, e la gente la giudica un mostro (senza virgolette).
Per fornire una prova "assoluta" e scandalosa del fatto, potrei fare una dichiarazione che nessuno (ci scommetto) accetterà: quando si parla di un soggetto che corrompe un bambino, io affermo che "è soltanto un pedofilo", nulla più. Perchè lo affermo? semplice: perchè il numero di reati è molto minore che in passato. Si fanno meno figli, e quindi il numero assoluto di reati è minore. E si fanno figli perchè li si vuole fare, quindi la percentuale pure è minore: secondo le statistiche, la pedofilia è fortissima in famiglia. Quindi, siccome la percentuale è minore tenuto conto delle famiglie che vogliono fare figli, questa minorità non è relativa, ma assoluta. Una domanda forse aiuterà a capire ancora meglio: perchè si parla di turismo sessuale? semplice, perchè l'offerta di bambini qui in Italia è scarsa, quindi il mercato non è più conveniente per le mafie. A quando la pianifcazione familiare anche nel Terzo Mondo? Come si vede, dipingere il pedofilo come un mostro, lo farà diventare ancora più violento.
Mi rendo conto di essere uscito un pò fuori tema con la pedofilia (che è un danno contro gli altri, non contro se stessi), ma l'ho fatto per distruggere la pretesa demonicità del suicidio, della droga, della prostituzione... Non potevo certo farlo affermando qualcosa che tutti potrebbero benissimo accettare come opinione personale e nulla più.
Insomma, alla fin fine, se dovesse prevalere il fattore emotivo, qualunque soluzione sarebbe disastrosa. Meglio affidarsi alla razionalità, e chiedersi: è possibile reprimere al 100% i reati? la risposta è no. Allora bisogna chiedersi: come rendere minore e sopportabile il male? semplice: accettandolo. In termini pratici, faccio un esempio: se la droga fosse proibita, le conseguenze sarebbero ben peggiori: profitto criminale, furti per procurarsi la droga, siringhe infette...
Paradossalmente, però, l'accettazione della tolleranza penale, finirebbe per creare un ciclo virtuoso: il soggetto non si sentirebbe più un "mostro", e quindi non reagirebbe più in maniera sproporzionata. Risultato: non commetterebbe più reato.
Riusciremo a capirlo? Forse si se si considerasse il problema dal punto di vista della coscienza dell'individuo: è essa stessa a regolare l'attività umana.
Spero però di non aver indotto il concetto di pericolosità della coscienza individuale, è vero l'esatto opposto: la coscienza fa parte integrante della personalità, e sopprimerla è catastrofico. Bisogna indirizzare la coscienza verso i lidi giusti, attraverso un'analisi semiologica (l'ho coniata io, non so se esiste veramente, e vorrei significasse percezione della logica razionale).
Dunque:
1) cercare di associare il concetto di coscienza a quello di libertà individuale.
2) indirizzare al coscienza verso una rinuncia agli stadi mentali della percezione logica.
3) associare la coscienza non all'astrazione pura e semplice, che nessuno capirebbe, ma alla materialità dell'esistenza.
4) concedere sempre un vantaggio alla coscienza altrui, anche se dannosissima.