ATTUALITA' - IRAQ 2003

PACIFISTA PER VOCAZIONE

di Alessandro Crupi (5/3/2003)

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Le trombe di guerra suonano insistentemente, il buon senso vacilla ma, prima ancora che un ipotetico conflitto possa avere inizio, l'affaire-Iraq ha già conosciuto il proprio vincitore: Papa Wojtyla. Si, proprio lui. Il Pontefice, che ha incarnato la figura dell'eterno missionario conquistando il cuore dei popoli, ha deciso di rompere gli indugi e svolgere quello che, probabilmente, è il compito più tortuoso e difficile del suo pellegrinaggio spirituale. Da circa due settimane, la sede vaticana è divenuta la residenza naturale della diplomazia mondiale con un continuo via vai di leaders politici e personaggi appartenenti alle organizzazioni internazionali. Senza contare, poi, i viaggi all'estero, fra cui spiccano quello del cardinale Etchegaray in Iraq alla volta del rais e l'avventura del suo collega Pio Laghi a Washington. Tutto ciò per un unico e nobilissimo obiettivo: la pace. Un valore neutrale per eccellenza, che non dovrebbe conoscere colori politici o interessi di parte e che, invece, rischia di essere scavalcato proprio da motivazioni strumentali (leggi: petrolio e risorse energetiche) o essenzialmente politiche. Che gli Usa siano rimasti giustamente scottati dall'inferno di fuoco dell'11 Settembre non ci sono dubbi. Tutto il mondo occidentale ha ricevuto un enorme scossone da quell'immane tragedia. Ma non sono certo gli atteggiamenti estremi e sbrigativi che possono contribuire a riportare la situazione internazionale ad un livello di stabilità accettabile. Il desiderio di vendetta che, quasi certamente, imperversa nell'animo del presidente Bush da quel famoso giorno non può che essere deleterio in quanto alimenta ulteriori tensioni e contrasti. Intendiamoci: il terrorismo internazionale è una minaccia seria che non ammette distrazioni ed eccessi di buonismo. Neppure Saddam Hussein, infatti, ha collaborato attivamente in passato per rendere la situazione più gradevole. Tuttavia, per venire a capo del problema, la mediazione e l'uso di strumenti pacifici e razionali sono le uniche armi sensate che le nazioni possiedono. Ed è proprio il buon senso il valore fondamentale a cui fa ricorso il Pontefice. Al momento attuale, inoltre, il Vaticano rappresenta l'unica voce realmente imparziale dell'intera vicenda. Al Santo Padre non interessano le linee di pensiero propagandistiche del governo americano né le minacce di Saddam. La serenità di tutte le popolazioni (nessuna esclusa) è, invece, la sua principale aspirazione. E' difficile pronosticare l'esito che questa scelta pacifista produrrà ma l'impegno commovente dell'anziano Pontefice merita sicuramente rispetto e ammirazione da parte di chiunque. Non si è mai visto un Papa così attivo e impegnato nella risoluzione di controversie internazionali così importanti. La dedizione missionaria di Karol Wojtyla è l'unico messaggio positivo e concreto di tutta questa situazione. Se il conflitto (come tutti ci auguriamo) sarà evitato, una fetta notevole di merito dovrà essere attribuita al Pontefice che sta facendo della pace un simbolo di vita e di speranza. Ha scelto di esporsi in prima persona senza riserve e timori. Per chiunque si fosse trovato nella sua posizione sarebbe stato comodo trincerarsi entro le proprie mura, non esprimendo alcun pensiero o rivolgendo semplici e timidi appelli. Ma così non è stato. Il Papa, che come noi vive questo tormentato momento storico, ha scelto di "stare in trincea" decidendo di muoversi direttamente fra le intricate maglie dello scenario internazionale. Insomma, comunque vada a finire questa vicenda, il successo è tuo, Sommo Pontefice, mentre il vero sconfitto è l'uomo arrogante e presuntuoso. E' mai possibile che nel XXI secolo, dopo le terribili esperienze del passato, alcuni personaggi credono ancora al conflitto come mezzo di risoluzione ai problemi? Caro Wojtyla, maestro di pace, illuminali tu!