ATTUALITA' - CRONACA

La tragedia di MOSCA

Numeri: 117 ostaggi morti, 43 dei quali per colpi d’arma da fuoco (presumibilmente dei terroristi) per salvarne 7 volte tanti.

di Alessandro Vedovato (29/10/2002)

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Nessuno può minacciare né mettere in ginocchio la Russia. Questo il senso dell’operazione violenta ma, va detto subito, necessaria di Vladimir Putin.

Però c’è quel numero, 117, che in qualche modo ci lascia perplessi e che non si può pensare di trascurare perché inferiore a quello dei superstiti, molti dei quali, peraltro, sono ancora ricoverati in ospedale e sotto osservazione.

Era possibile un intervento di tipo diverso?Meno nocivo ma altrettanto efficace? Viene da chiederselo pensando alle famiglie di quelle persone ree solo di aver scelto il giorno sbagliato per trascorrere una serata al teatro. Se tra quelle persone ci fosse stata una delle figlie di Putin la soluzione sarebbe stata meno dolorosa? Domande che comunque non avranno mai una risposta perché resta, a coprirle, la triste soddisfazione di aver dimostrato ancora una volta che il terrorismo non può avere futuro, non può metterci in ginocchio.

Vista in un’ottica più vasta quindi la tragedia di Mosca non può che essere definita un’operazione vincente. Un duro colpo per gli indipendentisti ceceni e un ritorno d’immagine notevole per il presidente russo e per la sua nazione che, in misura minore, si pongono sullo stesso piano degli U.S.A. nella lotta ai terroristi. Una mossa e una decisione estremamente “occidentali” che non ci si attendeva da un paese che ha raggiunto la democrazia solo da poco dopo aver vissuto sotto la barbarie comunista per settanta anni.

Restano negli occhi però le immagini strazianti dei familiari all’esterno dell’ospedale che cercano e attendono notizie sui propri parenti, nei loro occhi la speranza almeno di sapere se sono tra i ricoverati o se devono invece già piangerli.

Restano negli occhi anche le vedove nere cecene “addormentate” sui sedili del teatro. Donne per le quali alcuni giornalisti italiani (Barbara Palombelli in primis) provano pietà ed elevano a simbolo femminista. Una pietà alla quale non mi sento assolutamente di partecipare non vedendo in loro niente che possa giustificare ciò che avevano in mente, far esplodere sé stesse per uccidere degli innocenti, anche bambini di 11 anni che i ceceni considerano sufficientemente grandi per morire, per essere “puniti”. Per quelle donne più che pietà provo ribrezzo, per loro e per chi, come loro, vede la violenza come unico modo per risolvere problemi, forse anche giusti, come l’indipendenza di un popolo. No. Non è la violenza il modo migliore e la violenza chiama violenza. Così Putin ha calato il suo pugno per dimostrare al suo popolo (con un occhio, o forse entrambi, rivolti al mondo occidentale)che la Russia ha le palle per reagire a gravi situazioni interne di pericolo e il peso per essere protagonista anche a livello internazionale.

Un pugno pesante che, oltre a schiacciare i terroristi, ha schiacciato 117 civili innocenti. 117 vite.