ATTUALITA' - PENA DI MORTE

MARK LANKFORD - IDAHO

di Paolo Cortelli (10/10/2000)

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Il caso di Mark è dei soliti copioni tipici degli americani. Quando succede un delitto, occorre ovviamente trovare il colpevole al più presto; una volta adempiuta questa semplice formalità, il colpevole deve restare quello, anche se in seguito sorgono dubbi sulla sua colpevolezza. Tra l'altro i costi dei processi sono elevatissimi e la situazione giuridica è
peggiore di quella italiana, dato che i giudici sono eletti e quindi operano in funzione della situazione politica. Allora se il colpevole trova subito un buon avvocato e riesce a impostare correttamente il suo processo, è improbabile che finisca in galera; se invece è un povero diavolo, privo di conoscenze, e soprattutto oggetto di atteggiamenti razziali, allora la
sua sorte è già segnata.

Tanto per dare un'immagine reale della situazione giudiziaria, c'è stato un caso in cui per lo stesso crimine sono stati condannati due distinti individui in due processi diversi, e tutti e due sono stati giustiziati per il fatto che i processi non avevano vizi di forma. Quello che fa riflettere è che il governatore, davanti a un caso così lampante, non ha mosso un
dito, mentre era in suo potere intervenire.

L'atteggiamento americano si è chiaramente manifestato anche nel recente caso di Bernabei, le cui prove da sottoporre al DNA sono state misteriosamente trafugate e poi misteriosamente rimesse a posto; anche un bambino capisce che lo scopo era quello di alterarne il contenuto per poter giustiziare un innocente. Anche qui le altre tre persone coinvolte non sono neppure passate sotto inchiesta.

Nel caso di Mark abbiamo due fratelli, Mark e Brian, e un delitto; Mark è stato dichiarato colpevole e nonostante Brian abbia dichiarato pubblicamente e ufficialmente che il fratello non è colpevole in quanto l'assassino è proprio lui, sono 18 anni che Mark aspetta in prigione di essere giustiziato. La revisione del processo viene sistematicamente rimandata.

Ci sono due siti, per chi conosce l'inglese, dove potete trovare tutti i dettagli sulla vicenda: hjem.get2net.dk/micrask/free/mark.html e www.interplanet.it/mark.htm

E' molto importante che noi italiani cerchiamo di tenere i nervi a posto, in quanto sempre più frequentemente la gente, davanti a certi delitti, si dichiara favorevole per la pena di morte anche da noi, senza riflettere che la gente che oggi non finisce dentro o che ci fa solo un breve apparizione è poi esattamente quella che rimarrebbe ugualmente impunita.

Tra l'altro la pena di morte da nessuna parte si è dimostrata utile per reprimere i delitti; il nostro famoso Cesare Beccaria precisava che non è la violenza della pena, ma la sua certezza a trattenere la gente dal trasgredire la legge.

Poi occorre usare un po' l'immaginazione per rendersi conto di cosa potrebbe provocare, con una magistratura come l'attuale, la pena di morte in Italia: i casi come quelli di Tortora sono noti solo perché hanno toccano una persona rinomata, ma chissà quanti ce ne sono che non hanno appoggi. E chi avrebbe fiducia in una magistratura in cui dopo nove anni di affidamento una bambina è stata controvoglia rispedita dai genitori d'origine? O quella che ha condannato uno che ripetutamente ha telefonato a un inquilino per invitarlo a spostare la macchina per consentire agli altri di parcheggiare, la motivazione era "molestia telefonica". Certo non è roba penale, ma l'ambiente è quello.

Io sono in contatto con detenuti americani e anche qualcuno italiano e vi posso garantire che vale la pena perdere un po' del proprio tempo per occuparsi di persone che non di rado si sono trovate nel posto sbagliato e senza una solida difesa. L'orizzonte su questo campo si arricchisce di tanti elementi e si finisce per giudicare le cose in un altro modo,
soprattutto più umano.