ATTUALITA' - SOCIALE

AMNISTIA E INDULTO

di Emilio Cioni (3/5/2000)

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Emilio Cioni - Volontario dell'Arciconfraternita della Misericordia operante nelle carceri.

Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Consiglio
Al Ministro della Giustizia
Onorevoli Deputati e Senatori

Al Dott. Giancarlo Caselli - Direttore generale D.a.p.

A tutti gli uomini di buona volontà

APPELLO PER IL GIUBILEO DI TUTTI I CARCERATI RICORRENTE IL 9 LUGLIO 2000.

Prima il Papa In un suo precedente appello, quindi il Dott. Giancarlo Caselli, Direttore del D.a.p., in vari convegni, hanno portato alla luce il dramma di molti carcerati italiani, specialmente di quelli più poveri e diseredati, senza mezzi nè cultura, che stanno scontando pene lunghissime per reati di poco conto, di cui la maggior colpa è la provenienza familiare o le condizioni di vita.
E' per queste persone che mi appello alle Autorità più importanti e a tutte le persone di buona volontà affinchè operino per correggere questa stortura della giustizia e si battano per renderla più umana e uguale per tutti, come dovrebbe essere.
Chi vive, come me, a contatto con i detenuti, è a conoscenza che anche fra loro vi sono persone che aspettano un segno di solidarietà che li renda uguali a chi ha i mezzi adatti per uscire, a chi ha famiglie che li accolgono, a chi trova la forza per combattere la propria battaglia con una giustizia che molte volte è applicata troppo meccanicamente e non viene misurata alle situazioni particolari.
Alle persone di cui parlo, nella loro ignoranza dei procedimenti giudiziari, vengono comminate pene molto severe e velocemente, senza difese di avvocati di fiducia, molte volte sono recidive e contumaci, durante i processi non vengono richiesti né applicati quasi mai attenuanti, continuità di reato o cumuli di pena, oppure vengono loro respinti dai Giudici che non vogliono poi ritrovarli, dopo poco, di nuovo di fronte, essendo classificati abituadinari di leggeri e miseri reati. La Giustizia con loro è crudele e le pene che si sommano diventano molto lunghe rispetto ad altri reati più gravi. Le loro detenzioni così sono lunghissime, prive di affetti e del minimo indispensabile e lontano dai figli che crescono senza di loro o vanno in affidamento o adozione; in questo modo. si incattiviscono con la società e appena escono ci ricadono, quasi sempre, perchè senza sbocchi o per mancanza di aiuti. Dovrebbero essere seguiti da persone adatte durante e
dopo la detenzione, solo così potrebbero essere recuperati e accompagnati nella loro voglia di cambiare. Potrebbero esser mandati in affidamento anche prima del periodo previsto. Così facendo, oltre a diminuire la popolazione
carceraria e le spese dei contribuenti per mantenerla, si migliorerebbero le condizioni psicologiche del detenuto che più facilmente riuscirebbe ad uscire dal vortice dei reati. Molti hanno già pagato troppo per i numerosi ma piccoli reati che hanno più volte commesso! Quelli portati all'onore delle cronache, fra lo sconcerto dei cittadini, sono stati oggetto di scandalo sui giornali e, in pochissimi casi, di atto di grazia da parte del Presidente della Repubblica. Ricordiamoci che molte volte chi nasce in famiglie disagiate non ha possibilità di vivere una vita normale, il più delle volte si può dire che le colpe dei padri, in questi casi, ricadono sui figli. Questo non deve succedere!
Bisogna fare anche un esame di coscienza sui tempi della nostra Giustizia, ripresa anche dal Tribunale Europeo, tempi che rendono ancora più difficile la conoscenza di quale sarà il periodo di detenzione totale. Molte volte, quando queste persone stanno per uscire, arriva un nuovo processo, quasi sempre per i medesimi reati e vengono fatte restare in cella per altri duri mesi o anni.
Ecco quindi il mio appello per un indulto di due anni di pena, relativo esclusivamente ai reati minori, per il giubileo dei carcerati del 9 luglio 2000.
Mi appello in special modo al Presidente della Repubblica e al nuovo Ministro della Giustizia, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà che vogliono sostenere questa causa.
E se anche qualcuno dei beneficiari ci ricadesse, comunque ne avremmo salvati molti altri e avremmo fatto un atto di giustizia proprio verso gli "ultimi", quelli che in molti casi non sanno neppure perchè sono in cella e quanto ancora ci devono rimanere: sconosciuti schiavi moderni di una Giustizia molto spesso applicata meccanicamente senza ragione e senza cuore.

Emilio Cioni

Empoli 3 maggio 2000

Email : cimaverde@tin.it