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Non è certo tempo
sprecato spendere qualche parola sugli avvenimenti di questi
giorni che hanno interessato la città di Napoli, il capoluogo
campano è stato teatro di violenti scontri tra forze dell'ordine
e oppositori della cosiddetta globalizzazione, termine quest'ultimo altamente inflazionato da un utilizzo che sfugge ad una precisa definizione che il sottoscritto fatica ad individuare e quel che è peggio è il timore che anche molte delle persone presenti alla manifestazione con ruoli più o meno attivi non siano in grado di spiegare cosa si intende con tale termine. Le manifestazioni di contestazione ci sono sempre state,almeno in paesi in cui ciò è consentito e ci si augura che tale diritto possa essere garantito ancora a lungo, tuttavia le manifestazioni del "popolo di Seattle" hanno suscitato, ogni qualvolta si sono verificate, una valanga di polemiche: le proteste da parte dei manifestanti riguardo alla gestione degli eventi da parte delle autorità stanno diventando sempre meno credibili e continueranno su questa strada fino a quando gli organizzatori di tali manifestazioni non saranno in grado di fornire delle certezze su quelle che sono le modalità con cui manifesteranno e, cosa ancora più importante, non saranno capaci di isolare coloro che partecipano con il chiaro obbiettivo di creari tensioni che troppo spesso sfociano in violenti scontri di piazza. Chi,in nome della tutela ambientale o dei paesi più poveri, adotta un atteggiamnto poco propenso alla trattativa contribuisce certamente ad attirare l'attenzione sulle questioni interessate, ma si costruisce allo stesso tempo una immagine di persone non disposte al dialogo. Chi protesta per la durezza delle forze dell'ordine non riconosce, voglio sperare in buona fede, quanto fatto da chi, per nulla interessato ai temi della discussione,si reca alla manifestazione con caschi e bastoni contribuendo in questo modo a rendere infruttuoso il lavoro di coloro che pur manifestando nelle stesse piazze adottano un atteggiamento completamente diverso. |