Siamo un popolo di terroristi
compiaciuti.
Ormai nel nuovo millennio, noi italiani, non dissimili certo
in questo da quasi tutte le altre nazioni evolute e soggette
quale più quale meno ad un regime da mass-medismo, abbiamo
bisogno ogni tanto di incamminarci in una lunga passeggiata in
mezzo ai nostri boschi per entrare nella casa dal tetto di paglia.
E' una piccola, splendida casetta tutta composta da legno secco
tenuto insieme da una fittissima trama di fieno e coperta da
un simpatico tetto di paglia.
Si trova, come ho detto, al centro di quel boschetto nel quale
a volte ci rifugiamo e nel quale gli alberi sono così
alti e fitti da impedirci di scorgere il mondo circostante...
o soltanto un qualche raggio di luce proveniente dall'esterno
dove, nel frattempo, la vita continua a scorrere lenta e normale
sgocciolando progresso e buone intenzioni.
E siamo fieri di tutto questo, orgogliosi e soddisfatti di esserci
entrati un attimo prima del nostro vicino, piccolo uomo, temerario
e tendenzialmente rincoglionito.
Ci entrammo, a quanto ricordo, una decina di anni fa, per primi,
con l'avvento della guerra nel golfo, durante la quale i negozi
ed i supermercati di mezzo paese vennero presi d'assalto da una
folla post-olocaustica degna dei migliori film di Miller e del
suo Mad Max. E cosa chiedeva questo grosso animale ubriaco? Nei
film si trattava della benzina, ora la richiesta era di ZUCCHERO,
per lo più, ma anche di altri beni di prima necessità,
inscatolati, prodotti a lunga conservazione, sale, e così
via.
Cercavano la sicurezza, la salvezza per se e per la propria famiglia,
vecchiette rincitrullite memori della Guerra che non volevano
correre il rischio che una piccola guerra condotta da un'enorme
nazione alma e munifica per il bene dell'umanità contro
un piccolo paese di disgraziati governato da un disgraziato ancora
maggiore, colpevole solo di non aver voluto più fare gli
interessi di quel grande popolo di ragazzini con alle spalle
la stessa consapevolezza storica del mio cuginetto più
piccolo, si espandesse (e come??), tramutandosi in un inferno
di bombardamenti a tappeto e di sirene d'allarme, di mancanza
di cibo e di code per il pane.
Non sempre bisogna accogliere i Salvatori a braccia aperte; a
volte qualche croce è necessaria per avere poi qualche
buon senso di colpa.
E lo sguardo di quella gente...
Ti guardavano come se tu, povero ignorante, non avessi la loro
astuzia, la loro preveggenza, sognando nelle loro giuste notti
il momento in cui ti avrebbero rifiutato quel misero boccone
di pane, durante i bombardamenti e le scorrerie, quando ogni
cibo mancherà, con negli occhi il più classico:
"Te l'avevo detto!!!".
E ci sono poi anche entrati, anzi ci stanno da sempre, gli americani
col millenium bug e con altre mille paure, con famiglie che si
prostrano, quasi, per comprarsi un bunker sotterraneo in previsione
certa di tremendi eventi.
Un'altra passeggiata l'abbiamo fatta durante la guerra contro
Milosevic, un paio d'anni fa, condotta sempre da quella grande
nazione contro un altro poveraccio colpevole d'essere dittatore
mentre il presidente della suddetta nazione aveva bisogno proprio
di un dittatore per sviare l'interesse della gente da sue prestazioni
quanto meno poco presidenziali. Entrambi quei poveri dittatori
sono ancora lì al loro posto, pronti come atleti caldi
dopo lo stretching a entrare in gioco di nuovo. Ma questo non
perché il grande popolo non sia riuscito a sconfiggerli,
ma solo perché ogni tanto risulta utile tenere un po'
di male vivo, da qualche parte, tanto per far capire alla gente
che c'è sempre chi li protegge e chi sono i protettori,
nomi e cognomi. Siamo puttane che hanno bisogno di protettori...
Stefano Benni racconta, col solito sferzante amarissimo umorismo,
questa situazione:
"Tutto ciò
che un paese forte e ricco
decide, intraprende e sceglie ogni giorno
ha come conseguenza e necessità:
preparare la guerra
coltivare la guerra
prevedere la guerra
accettare la guerra
avere bisogno della guerra
scegliere, ogni tanto, per quale guerra
indignarsi e quale guerra dimenticare."
Ora nell'amena macchia verde siamo tornati di nuovo con il gran
timore della mucca pazza, malattia devastante quanto tremenda
nei modi e nel nome, che si manifesta sotto forma di encefalopatia
spongiforme... tremendo.
I colpevoli sono gli allevatori taccagni e micragnosi, che hanno
dato in pasto alle povere mucche i loro stessi parenti rendendole
cannibali e malate e, nuovo peccato originale, fonte di dannazione
anche per loro per generazioni e generazioni. E così lo
sfortunato propietario di una mandria di mucche tra cui una povera
bestia contagiata si vedrà, forse, distruggere tutti i
suoi capi. Una vita di lavoro in fumo.
E l'ordine di tutto ciò arriva dal centro del boschetto,
perché si sa, quando ci rintaniamo in noi stessi, nelle
nostre più ottuse vedute, e ci facciamo trasportare dai
sentieri dei bigottismi, dei razzismi, dell'intolleranza, dell'ignoranza
e della generalizzazione nazional popolare, ci perdiamo in quel
boschetto che si chiama PANICO. E stanchi per tutto quel vagare,
inconsapevolmente controllati da altri uomini che tirano le fila
delle nostre opinioni dall'alta torre d'osservazione dei salotti
televisivi, delle testate stampate e più su fino alle
poltrone rosse, come Machiavelli in quel di San Casciano, amiamo
tornare alla nostra casetta dal tetto di paglia, e pascerci di
quel cibo che solum è nostro e di cui il bosco è
interamente composto: la paranoia, la paura, di nuovo... il PANICO.
Lo amiamo, ne abbiamo bisogno.
Ci stendiamo sul bel tappeto di zolfo, ci rilassiamo, stiracchiandoci,
giusto un poco, e ci accendiamo un bel sigaro sorseggiando un
buon brandy, badando bene, però, di spargere cenere e
scintille un po' ovunque, compiaciuti, finalmente, nella casa
dal tetto di paglia.
Marco Zocchi
Via Grossoni, 23
21010 Cardano al Campo (VA) |