ATTUALITA' - COSTUME

LA CASA DAL TETTO DI PAGLIA

di Marco Zocchi (22/1/2001)

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Siamo un popolo di terroristi compiaciuti.
Ormai nel nuovo millennio, noi italiani, non dissimili certo in questo da quasi tutte le altre nazioni evolute e soggette quale più quale meno ad un regime da mass-medismo, abbiamo bisogno ogni tanto di incamminarci in una lunga passeggiata in mezzo ai nostri boschi per entrare nella casa dal tetto di paglia.
E' una piccola, splendida casetta tutta composta da legno secco tenuto insieme da una fittissima trama di fieno e coperta da un simpatico tetto di paglia.
Si trova, come ho detto, al centro di quel boschetto nel quale a volte ci rifugiamo e nel quale gli alberi sono così alti e fitti da impedirci di scorgere il mondo circostante... o soltanto un qualche raggio di luce proveniente dall'esterno dove, nel frattempo, la vita continua a scorrere lenta e normale sgocciolando progresso e buone intenzioni.
E siamo fieri di tutto questo, orgogliosi e soddisfatti di esserci entrati un attimo prima del nostro vicino, piccolo uomo, temerario e tendenzialmente rincoglionito.
Ci entrammo, a quanto ricordo, una decina di anni fa, per primi, con l'avvento della guerra nel golfo, durante la quale i negozi ed i supermercati di mezzo paese vennero presi d'assalto da una folla post-olocaustica degna dei migliori film di Miller e del suo Mad Max. E cosa chiedeva questo grosso animale ubriaco? Nei film si trattava della benzina, ora la richiesta era di ZUCCHERO, per lo più, ma anche di altri beni di prima necessità, inscatolati, prodotti a lunga conservazione, sale, e così via.
Cercavano la sicurezza, la salvezza per se e per la propria famiglia, vecchiette rincitrullite memori della Guerra che non volevano correre il rischio che una piccola guerra condotta da un'enorme nazione alma e munifica per il bene dell'umanità contro un piccolo paese di disgraziati governato da un disgraziato ancora maggiore, colpevole solo di non aver voluto più fare gli interessi di quel grande popolo di ragazzini con alle spalle la stessa consapevolezza storica del mio cuginetto più piccolo, si espandesse (e come??), tramutandosi in un inferno di bombardamenti a tappeto e di sirene d'allarme, di mancanza di cibo e di code per il pane.
Non sempre bisogna accogliere i Salvatori a braccia aperte; a volte qualche croce è necessaria per avere poi qualche buon senso di colpa.
E lo sguardo di quella gente...
Ti guardavano come se tu, povero ignorante, non avessi la loro astuzia, la loro preveggenza, sognando nelle loro giuste notti il momento in cui ti avrebbero rifiutato quel misero boccone di pane, durante i bombardamenti e le scorrerie, quando ogni cibo mancherà, con negli occhi il più classico: "Te l'avevo detto!!!".
E ci sono poi anche entrati, anzi ci stanno da sempre, gli americani col millenium bug e con altre mille paure, con famiglie che si prostrano, quasi, per comprarsi un bunker sotterraneo in previsione certa di tremendi eventi.
Un'altra passeggiata l'abbiamo fatta durante la guerra contro Milosevic, un paio d'anni fa, condotta sempre da quella grande nazione contro un altro poveraccio colpevole d'essere dittatore mentre il presidente della suddetta nazione aveva bisogno proprio di un dittatore per sviare l'interesse della gente da sue prestazioni quanto meno poco presidenziali. Entrambi quei poveri dittatori sono ancora lì al loro posto, pronti come atleti caldi dopo lo stretching a entrare in gioco di nuovo. Ma questo non perché il grande popolo non sia riuscito a sconfiggerli, ma solo perché ogni tanto risulta utile tenere un po' di male vivo, da qualche parte, tanto per far capire alla gente che c'è sempre chi li protegge e chi sono i protettori, nomi e cognomi. Siamo puttane che hanno bisogno di protettori... Stefano Benni racconta, col solito sferzante amarissimo umorismo, questa situazione:

"Tutto ciò che un paese forte e ricco
decide, intraprende e sceglie ogni giorno
ha come conseguenza e necessità:
preparare la guerra
coltivare la guerra
prevedere la guerra
accettare la guerra
avere bisogno della guerra
scegliere, ogni tanto, per quale guerra
indignarsi e quale guerra dimenticare."

Ora nell'amena macchia verde siamo tornati di nuovo con il gran timore della mucca pazza, malattia devastante quanto tremenda nei modi e nel nome, che si manifesta sotto forma di encefalopatia spongiforme... tremendo.
I colpevoli sono gli allevatori taccagni e micragnosi, che hanno dato in pasto alle povere mucche i loro stessi parenti rendendole cannibali e malate e, nuovo peccato originale, fonte di dannazione anche per loro per generazioni e generazioni. E così lo sfortunato propietario di una mandria di mucche tra cui una povera bestia contagiata si vedrà, forse, distruggere tutti i suoi capi. Una vita di lavoro in fumo.
E l'ordine di tutto ciò arriva dal centro del boschetto, perché si sa, quando ci rintaniamo in noi stessi, nelle nostre più ottuse vedute, e ci facciamo trasportare dai sentieri dei bigottismi, dei razzismi, dell'intolleranza, dell'ignoranza e della generalizzazione nazional popolare, ci perdiamo in quel boschetto che si chiama PANICO. E stanchi per tutto quel vagare, inconsapevolmente controllati da altri uomini che tirano le fila delle nostre opinioni dall'alta torre d'osservazione dei salotti televisivi, delle testate stampate e più su fino alle poltrone rosse, come Machiavelli in quel di San Casciano, amiamo tornare alla nostra casetta dal tetto di paglia, e pascerci di quel cibo che solum è nostro e di cui il bosco è interamente composto: la paranoia, la paura, di nuovo... il PANICO. Lo amiamo, ne abbiamo bisogno.
Ci stendiamo sul bel tappeto di zolfo, ci rilassiamo, stiracchiandoci, giusto un poco, e ci accendiamo un bel sigaro sorseggiando un buon brandy, badando bene, però, di spargere cenere e scintille un po' ovunque, compiaciuti, finalmente, nella casa dal tetto di paglia.

Marco Zocchi
Via Grossoni, 23
21010 Cardano al Campo (VA)