Logogavnewcolbr.JPG (74054 byte)Gruppo Archeologico di Villadose

Piazza Aldo Moro 1- Villadose 45010- Rovigo Tel: +39 425 31263   e-mail.gif (25129 byte)

ONLUS R. VENETO n° RO 66

 

La sezione di archeologia sperimentale del GAV:

 

LEGIO I ITALICA

GRUPPO DANZE ANTICHE ED ETNICHE GRUPPO DI ANTROPOLOGIA SOCIALE DELL' ANTICHITÀ L'ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE
Notizie sui legionari La danza nell'antichità   Cos'è l'archeologia sperimentale
Regolamento della legio I italica     Il ruolo scientifico e didattico dell'archeologia sperimentale

 TN_GAV 98 110.JPG (72333 byte) La LEGIO I ITALICA di Villadose TN_Aalen GAV ATHESIS 2000_257.JPG (49951 byte)

    E' stata fondata nel 1996 su un’idea di Sandro Maragno, socio del GAV, per ricordare la legione reclutata dall’imperatore Nerone nel 79 d.C.

E’ attualmente composta da circa 15 legionari, appassionati di storia romana e che intendono riproporre i modi con cui i legionari romani si vestivano, combattevano e vivevano nel loro accampamento.   Circa una volta al mese si riunisce per addestrarsi sotto la guida di un istruttore. E’ possibile iscriversi alla LEGIO e partecipare alle attività, una volta che ci si sia tesserati al GAV e accettato il regolamento. Durante la rievocazione del 1 e 2 settembre sarà possibile nel foro romano di Villadose, ammirare l’accampamento dei legionari dotato di tutto l’equipaggiamento per il combattimento e la vita quotidiana. Dormiranno in tenda e mangeranno il pulsum, il tipico minestrone dei legionari romani. Saranno disponibili per spiegazioni didattiche al pubblico e per esibizioni di marcia e di combattimento.

Regolamento della LEGIO I ITALICA

a) La legione è costituita da un gruppo di persone interessate a studiare, ricostruire e presentare al pubblico il modo di vivere e di combattere dei legionari romani. Quindi l’iscrizione è aperta ad appassionati di storia romana, artigiani che intendono cimentarsi nelle varie ricostruzioni e a chi si vuole cimentare in prima persona nella vita legionaria.

b) Per essere ammessi alla Legio I Italica occore fare domanda al Presidente del GAV e al Centurione in comando e pagare la quota di tesseramento al GAV.

c) Chi viene accettato nella legione dovrà assumere il suo nome romano e partecipare al rito di ingresso durante il quale dovrà dimostrare di avere un minimo di conoscenze sulla storia delle legioni romane, sul loro armamento. Al termine del rito avverrà una simbolica consegna delle armi e verrà rilasciata una speciale tessera del GAV

d) Saranno costituite due sezioni della legione di cui una con sede a Rovigo e una con sede a Villadose.

e) Il legionario potrà usare il suo equipaggiamento personale o in mancanza, quello messo a disposizione dal gruppo.

f) La legione si dovrà riunire almeno una volta al mese per:

- approfondire conoscenze sulla storia dell’esercito romano

- fare esercitazioni di marcie e combattimento

- progettare e costruire l’equipaggiamento

g) I legionari eleggeranno (con votazione a scrutinio segreto), un centurione che resterà in carica per un anno, il quale comanderà la legione durante le uscite e terrà i contatti con i dirigenti del GAV. Il centurione sarà affiancato da un dirigente: legatus, eletto dal direttivo GAV. Sarà inoltre individuato un istruttore responsabile dell’addestramento.

h) I compensi percepiti per partecipazione a manifestazioni, saranno, detratte le spese, messi a disposizione della legione e usati per migliorare l’equipaggiamento.

i) Il presente regolamento è modificabile previo assenso della metà più uno degli iscritti al Gruppo Legionari.

NOTIZIE SUI TN_Untitled_116.JPG (53248 byte)LEGIONARI ROMANI

Dopo che Augusto nel 31 a.C. prese il potere poteva contare su 60-70 legioni per un totale di 250.000 uomini. Le legioni erano reggimenti di fanteria pesante che combattevano in ordine chiuso. Augusto ridusse le legioni a 28 per un totale di 150.000 legionari. Questi erano volontari e venivano pagati circa 255 denari all’anno.

Augusto usò per pensionare i legionari eccedenti, la sua fortuna personale proveniente in parte dall’erario statale egiziano confiscato nel 30 a.C.

Per fare una assegnazione di terreno ai legionari, nelle varie colonie e municipi egli dichiarò di aver speso 860 milioni di sesterzi per l’acquisto dei poderi.

La ferma dei legionari era di 16 anni. Oltre alla paga regolare e all’indennità di congedo il legionario usufruiva di cure mediche gratuite e della possibilità di imparare vari mestieri.

Una legione era composta di 10 coorti di 480 uomini ciascuna di sei centurie di ottanta legionari. Compresi gli ufficiali, il personale amministrativo le staffette e i portaordini, ogni legione contava circa 6000 uomini. I centurioni comandavano una centuria di 80 uomini. I soldati erano distinti in principales (sottufficiali che ricevevano una paga doppia), immunes (soldati esentati dai lavori pesanti perchè addetti a compiti particolari) e milites (legionari con mansioni ordinarie). Fra i principales distinguiamo il signifer che era il vessillifero o alfiere, l’optio che sostituiva il centurione quando questo era assente e il tesserarius che fungeva da sergente d’ordinanza. Fra gli immunes c’erano soldati esperti in particolari lavori come architetti, infermieri, taglialegna, ecc. Questi inoltre si occupavano della riparazione delle armi e della produzione dei laterizi, usati per costruire le fortificazioni. Ogni legione aveva un nome che indicava la provincia in cui si era distinta in battaglia o dove si era formata. Per esempio la legio I italica fu formata da Nerone con reclute italiche.

I legionari indossavano una tunica di lana con maniche corte e lunga fino al ginocchio sopra cui mettevano una corazza a strisce e scaglie metalliche (lorica segmentata) che proteggeva la parte superiore del corpo. In testa avevano l’elmo e ai piedi pesanti sandali di cuoio fatti di parecchi strati di suola e guarniti di borchie (caligae). La principale arma offensiva era il pilum o giavellotto. Ogni soldato ne aveva due. Era composto da una punta temperata in ferro e da un gambo in ferro non temperato inserito in un pesante manico di legno. Al contatto col bersaglio il gambo si piegava e l’arma non poteva essere riutilizzata dai nemici. Per il combattimento ravvicinato c’era il gladius, spada corta usata di punta e portata sul fianco destro. Il fianco sinistro era coperto dallo scutum rettangolare e convesso che offriva al corpo la massima protezione.TN_Aalen GAV ATHESIS 2000_297.JPG (98379 byte)

Le legioni potevano essere appoggiate da truppe ausiliarie come fanteria leggera, cavalleria o reparti speciali come gli arcieri.

 

IL GRUPPO DANZE ANTICHE ED ETNICHE DI VILLADOSE

Il gruppo prende origine da una scuola di danza preesistente diretta dalla nostra socia Silvia Bellinello e raggruppa una ventina di ragazze.TN_Aalen GAV ATHESIS 2000_102.JPG (93604 byte)Il Gruppo Danze Antiche ed etniche  di Villadose,  da vari anni ha sperimentato e ripropone danze ispirate all’antichità. Fonte preziosa di ispirazione sono state le musiche ricostruite dal Gruppo di ricerca musicale Synaulia. L’assenza di documentazioni sulle musiche e le espressioni corporee delle danzatrici antiche, costituiscono un problema per chi vuole ricostruire fedelmente una danza antica. La disponibilità di musiche ricostruite, col loro linguaggio universale, permette di esprimere le stesse emozioni e stati d’animo dei popoli antichi. Anche i costumi vengono curati e se possibili riprodotti su modelli antichi individuati in affreschi o statue. I costumi realizzati nel 2000 riproducono quello raffigurato su una laminetta di rame lavorata a sbalzo. Il reperto è stato rinvenuto da Lauro Albieri del Gruppo Archeologico di Villadose a Beverare nel sito archeologico romano individuato nei pressi del decumano massimo della centuriazione di Villadose.

LA DANZA NELL'ANTICHITA'

Nella vita sociale dei popoli la danza ha rappresentato momenti di gioia o di solennità sacra e rituale. Essa, variando i suoi ritmi a seconda che si tratti di una festa, di un matrimonio, di un funerale, di una spedizione di guerra o di un rito sacro, ha sempre accompagnato avvenimenti importanti nella vita familiare e tribale.

Presso gli Etruschi i banchetti erano accompagnati da danze dette bacchiche, ma sono note anche danze guerresche e religiose.I Greci facevano risalire le danze all’età ervica. Si distinguevano danze cicliche in cui le danzatrici si tenevano unite in vario modo con un accompagnamento musicale citaristico e le danze pirriche o guerresche, il cui nome si ricollegava a Pirro, caratterizzate per il loro carattere vivace cui prendevano parte più coppie che eseguivano le stesse figure. Nel mondo romano l’arte delle muse comprendeva il testo poetico, la melodia ed anche la danza. Questa, circoscritta all’inizio alle occasioni solenni, a partire dal II secolo a.C. entra anche nelle case private per allietare le feste e i banchetti.

Le evoluzioni erano delicate ed armoniose accompagnate spesso da crotali e cembali. Caratteristica era la danza dei Salii che percuotevano i sacri ancili con delle aste.La danza romana risentiva dell’influenza greca e richiamava entusiasmo, desiderio e gioia. Nell’arte delle muse la declamazione poetica e le evoluzioni della danza accompagnavano il canto. In breve tempo a Roma la musica si diffonde e fioriscono nuovi generi di spettacolo come il mimo e il pantomimo in cui si fondono danza e canto.Danzare al suono dell’arpa era una specialità delle donne siriane ma si diffusero anche le danze con veli e volteggi al ritmo dei crotali, antesignani delle nacchere spagnole.

GRUPPO DI ANTROPOLOGIA SOCIALE DELL' ANTICHITÀ

Alle esibizioni del Gruppo partecipano circa 40 componenti: i riti riprodotti sono: le feste cerialie in onore di Cerere TN_TN_GAV 98 260.JPG (4164 byte)

Il matrimonio TN_Aalen GAV ATHESIS 2000_063.JPG (82326 byte)secondo la descrizione di Catullo

Il rito di assegnazione delle  terre centuriate ai legionari

TN_GAV 98 145.JPG (98408 byte)ITN_GAV 98 135.JPG (55531 byte)

 

    Nel 1993 è stato rievocato il Convivium TN_GAV 1997 -_137.JPG (66973 byte)dei coloni della Centuriazione presso la Villa Casalini di Cambio ed ha inoltre partecipato a cinque edizioni della "Rievocazione del mercato della centuriazione romana" nelle piazze di Villadose all'ultimo week end di agosto dal 1996 al 2000. Nel corso della rievocazione vengono presentati riti e personaggi riferiti al I secolo d.C. La manifestazione vede una media di 5000 visitatori all'anno ed è diventata la più importante del Polesine e costituisce una delle pochissime rievocazioni di età romana in Italia.

Oltre alle rievocazioni presentate a Villadose il Gruppo insieme alla Legio I italica e al Gruppo Danze Antiche ha partecipato  nel 1999 all'inaugurazione di Piazza Ferretto a Mestre, alla rievocazione di Forum Fulvi (Alessandria) e nel 2000, alle Giornate Romane di Aalen in Germania, manifestazione internazionale che riunisce i gruppi romani europei. In queste occasioni ha sempre rappresentato il matrimonio romano.

Nel 2001 ha presentato il rito di assegnazione delle terre ai legionari in occasione dell'apertura al pubblico del Museo di Carpi, e della festa della Centuriazione romana di Borgoricco e ha ripresentato il matrimonio romano alla festa dei fiori di Paese (TV).

Nel giugno 2001 è stato invitato al festival internazionale di Sremska Mitrovica in Yugoslavia dove presentando col suo gruppo di antropologia sociale dell'antichità, un dialogo sul tema dell'uomo di fronte alla sfida del nuovo millennio, ha vinto il premio speciale della giuria per gruppi fuori concorso.

COS’E’ L’ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE di Dario Battaglia TN_GAV 99 150 +_26.JPG (329935 byte)

 Istituto Ars Dimicandi - Curno (BG)

Lo studio dell’antichità poggia su una vastissima gamma di discipline scientifiche, ognuna specializzata in un peculiare campo d’azione. L’archeologia nonostante il suo significato letterale che la definisce quale studio dell’antichità è odiernamente indirizzata ptrvalentemente agli aspetti storico artistici delle diverse civiltà, ai reperti materiali come per esempio la ceramica nonchè allo studio di tecniche di scavo e restauro. Oltre all’archeologia anche molte altre discipline scientifiche concorrono allo studio dell’antichità come per esempio la storia, la epigrafia, la numismatica, la topografia antica, la glottologia, ecc. Lo scopo finale è quello di ricostruire oggetti, tecnologie, avvenimenti dell’antichità e le procedure di studio si basano su una serie di dati certi e di ipotesi provenienti dal materiale documentario in nostro possesso. Nel caso dell’antichità romana questo è costituito dalle testimonianze degli autori latini e da materiale archeologico (statue, lapidi, oggetti, resti di officine, ecc.). Il campo d’azione è quindi ristretto a ciò che è realmente testimoniato, non producento elementi interpretativi svincolati dal reperto, ma elaborando al limite ipotesi laddove i dati certi siano mancanti, al fine di produrre una soluzione teorica per dare un senso compiuto al soggetto in esame.

L’archeologia sperimentale può essere definita come uno studio su un soggetto antico che procede mediante prove per saggiare e conoscerne le qualità o le caratteristiche. L’archeologia sperimentale pur partendo necessariamente dai risultati della ricostruzione storica raggiunge il suo scopo solo quando il soggetto risulti funzionale e al contempo conforme alle descrizioni letterarie ed iconografiche.

La disciplina tende dunque ad affrontare aspetti particolari dell’antichità, come una tecnica di combattimento, un rito sacro, una tecnica musicale con i suoi strumenti, la preparazione di un cibo, ecc, e non i grandi eventi storici. Per costruire un’arma, per esempio un gladio da fante militare, non è sufficiente forgiare un’arma e assemblarla nella forma, nel peso e con gli stessi materiali del soggetto storico, motivo per cui spesso l’archeologia sperimentale è confusa con la replica storica, ossia la riproduzione di copie o fac simili identici ad un oggetto originale; al contrario è necessario verificare di quell’oggetto le caratteristiche fisiche, la manegevolezza, la resistenza e ciò comporta in primis la sperimentazione dei metodi di lavorazione del metallo e poi alla sperimentazione dell’impiego tecnico nell’ambito del combattimento. Di conseguenza diviene necessario ricostruire l’intero equipaggiamento del fante in modo da poter sperimentare la sua impostazione schermistica sottoponendo il tutto a un vero collaudo.

Nel 1985 per esempio il Bavarese dr. Marcus Junkelmann, onde poter sperimentare una parte di accessori e di equipaggiamento da fanteria romana compose una piccola coorte di militi che partendo da Verona attraverso le Alpi a piedi fino ad Augsburg in Germania, seguendo il tragitto del generale Druso.

I Gruppi di archeologia sperimentale non vanno confusi con quelli di rievocazione storica il cui obiettivo è la riproduzione estetica di fatti o avvenimenti storici a scopo commemorativo, e nemmeno con i gruppi di re-enactment termine inglese col quale si designano quelle iniziative nelle quali una vicenda storica o un particolare oggetto diventano oggetto di un gioco di ruolo, una simulazione di tipo teatrale non destinata però allo spettacolo pubblico. Tuttavia l’archeologia sperimentale proprio in virtù delle sue caratteristiche pratiche congloba anche tutte queste realtà adattandole alle proprie finalità scientifico sperimentali e didattiche.

L’archeologia sperimentale si cimenta anche nella sperimentazione di aspetti psico-sociali della vita degli antichi come avviene per esempio nella ricostruzione di un campo di gladiatori o di militari o di civili nei quali vivere, anche seppure per solo alcuni giorni, alla moda degli antichi romani, consente di avere esperienze completamente nuove al proprio mondo ordinario. Una sorta di gioco di ruolo nel quale l’identificazione col tipo di cultura e di ambiente in oggetto espande la percezione personale favorendo la comprensione del modo di vivere e di socializzare degli antichi, la dinamica dei rapporti interpersonali ed altri aspetti relazionali e sociali che aiutano ad abbattere quei pregiudizi che spesso nutriamo nei confronti dei nostri antichi avi. - Dario Battaglia

 

IL RUOLO SCIENTIFICO DELL’ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE   - Antonella Nanni

.....ed arriviamo adesso al punto: l’archeologia sperimentale. Durante una ricerca scientifica, l’archeologo che trova reperti antichi (strutture, oggetti, …) si pone delle domande banali: come venivano costruiti i manufatti, per che cosa venivano utilizzati? Esistono diversi approcci per rispondere a queste domande: l’approccio puramente archeologico, di analisi scientifica di questi oggetti, quello etnografico e infine quello sperimentale. Gli artigiani contemporanei sfruttano generalmente gli stessi materiali che utilizzavano i nostri antenati e spesso usano strumenti che si sono modificati in minima parte, è utile quindi ricorrere anche al parere degli esperti nelle tecnologie moderne corrispondenti, per capire meglio le caratteristiche di oggetti o resti di strutture antiche. E’ solo in anni recenti che è sempre più cresciuto l’interesse per le applicazioni sperimentali, che fanno "vivere" l’archeologia, soprattutto per quanto riguarda gli studi sulla tecnologia antica, ampliando notevolmente le conoscenze su come venivano realizzati e utilizzati differenti tipi di manufatti. Posso qui citare diversi esempi di studio, per i quali solo attraverso l’archeologia sperimentale è stato possibile capirne la reale natura e funzione: in Olanda in una miniera di selce di IV millennio a.C., è stato sperimentata l’efficace funzione di corni di cervide (ivi trovati in grande quantità) come picconi per scalfire il calcare; oppure nell’isola di Pasqua prove sperimentali hanno dimostrato che sei scultori usando picconi di pietra (ivi trovati) avrebbero impiegato circa un anno per lavorare una statua di circa 5m. ; l’obelisco di Assuan è stato sbozzato preliminarmente con pesanti palle di dolerite, attraverso prove sperimentali si è osservato che battendo il granito con simili strumenti per circa un’ora un operatore produceva un’incisione profonda solo 5 mm; classiche sono poi le sperimentazioni di scheggiatura delle selci per la riproduzione di strumenti litici, per determinare i procedimenti impiegati, il tempo e lo sforzo spesi. Oppure dall’ osservazione di un’ usura ottenuta da un certo utilizzo di uno strumento litico si possono quindi capire per analogia, quali funzioni avessero avuto gli strumenti originali usati nel passato. Nello studio delle arti pittoriche di età preistorica l’archeologia sperimentale ha permesso, inoltre, di capire quali fossero i procedimenti adottati per stendere i pigmenti colorati sulle superfici, cercando di capire anche quanto tempo ci avessero messo per fare un’opera. In un esperimento rimasto famoso in questo ambito di ricerca, uno studioso inglese (John Coles) volle provare l’efficacia di uno scudo di cuoio dell’età del Bronzo rinvenuto in Irlanda, l’unico esemplare finora ritrovato, insieme a tutti gli altri fatti in bronzo. Si scoprì che la pelle dello scudo poteva essere indurita con acqua bollente e cera d’api; Coles armato di uno scudo in cuoio riprodotto, fece un duello con un collega con una riproduzione di uno scudo in bronzo, armati entrambi con armi simili a quelle originali (spade e lance). Lo scudo di metallo fu fatto a pezzi, mentre quello di cuoio risultò più resistente; si dimostrò e confermò con certezza che gli scudi di bronzo erano solo oggetti rituali o beni di prestigio, capendo ancora una volta che gli oggetti in materia organica erano molto più comuni e utilizzati frequentemente di quanto noi oggi possiamo solo intuire. Lo stesso discorso si può fare per oggetti in legno ( es. imbarcazioni), tessuti, ceramica, vetro, metallurgia, per i quali l’archeologia sperimentale tenta di capire meglio i segreti della loro lavorazione e funzione.

ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE E DIDATTICA

    Con il termine sperimentare si intende in senso generico: provare personalmente, fare esperienza di qualcosa. Da anni mi occupo di didattica, di didattica archeologica soprattutto per i ragazzi. Il concetto di "giocare con l’archeologia", fino a qualche tempo fa poteva suggerire un’immagine d’ irriverenza nei confronti di una disciplina così complessa come la nostra. Come può un’attività apparentemente "lieve" come il gioco, innestarsi su un fusto così serio e scientifico come quello della ricerca storico-archeologica? Si trattava di una convinzione decisamente errata, che crediamo abbia origine dalla diffidenza che il mondo adulto nutre spesso nei confronti dei giochi.

E’ ormai pienamente dimostrato dalle positive esperienze realizzate, ad esempio dalle sezioni didattiche di numerosi Musei Nazionali e Internazionali, che l’incontro tra archeologia/momento ludico/scuola non solo sia possibile, ma soprattutto stimolante e fertile, perchè "giocare con l’archeologia" rende la struttura museale un organismo vivo, in cui poter effettuare una serie di divertenti momenti didattici teorico/pratici, utili alla comprensione e al relativo approfondimento di fondamentali concetti scientifici, altrimenti poco apprezzabili attraverso passive "lezioni frontali", di tipo accademico, o semplici visite guidate.

Ricercare, scoprire, imparare, sono processi mentali continui, per i quali non esiste limite d’età; l’archeologia è una scienza che segue una metodologia in continua sperimentazione, pertanto, dato che ci offre contenuti che facilitano la ricerca, può essere un utile strumento pedagogico.

E’ per tutti sottinteso che il linguaggio ludico è quello attraverso il quale si riesce più facilmente a comunicare ai ragazzi non solo corrette nozioni di interesse storico, ma soprattutto valori molto profondi ed educativi, quali potrebbero essere, nel nostro caso, quelli di "rispetto, valorizzazione, tutela" per il bene archeologico e culturale in genere. Di fondamentale importanza nella realizzazione di un’attività didattica a tema archeologico è quindi seguire un percorso conoscitivo, durante il quale si possano efficacemente lanciare messaggi di continuo stimolo alla ricerca e curiosità. E’ di sicuro successo didattico, quindi, la realizzazione di un percorso conoscitivo basato sul "fare", sul "toccare", è soprattutto attraverso questo percorso che spesso si riesce a rispondere alla fatidica domanda: "Come si fa a capire che…?", rivolta dai ragazzi e … anche dagli adulti. E’ quindi su questo principio formativo ed educativo che mi sono attivata per proporre sempre diversi laboratori di archeologia sperimentale per ragazzi, utili a far comprendere differenti concetti, processi e genericamente attività altrimenti considerate ovvie e scontate.

E’ quindi nato il laboratorio "dell’argilla", durante il quale i ragazzi vedono, toccano, lavorano come i nostri antenati, questa materia, con la quale vengono realizzati manufatti in terracotta, fonte di dati preziosi per il lavoro degli archeologi. A questo tipo di esperienza viene spesso affiancato l’allestimento di un "forno a cielo aperto" per cuocere a fine anno scolastico i manufatti creati dai ragazzi, secondo le tecniche e i tempi antichi (esperienza che è stata ad esempio realizzata presso il chiostro del Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo o durante l’animazione estiva di Stanghella). Oppure estremamente interessanti e divertenti sono i laboratori di ricostruzione di una "capanna dell’età del bronzo", in miniatura, utilizzando materiale naturale (legno, paglia, argilla); o di ricostruzione di un "apparato centuriale" con in scala case rustiche, case coloniali, strade e canali, piccole necropoli, elementi del paesaggio antico; o ancora di lettura e documentazione grafica e fotografica di edifici antichi presenti sul territorio, realizzando tutto quello che un archeologo fa durante il suo lavoro di rilievo murario

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