La collettivizzazione
di ampi settori dell'industria, dei servizi e dell'agricoltura ha costituito
nel 1936 in Spagna uno dei tratti salienti della "rivoluzione" dettata
principalmente dall'aspirazione al superamento della separazione tra poteri
economico, politico, sociale, militare, giudiziario, aspirazione universale
di tutte le classi subalterne.
" Non abbiamo fatto la guerra per il piacere di difendere la repubblica
borghese, se abbiamo preso le armi è stato per attuare la rivoluzione
sociale" ricorda un ex miliziano.
A Barcellona, il 18 luglio 1936 i comitati direttivi della Cnt (sindacato anarchico)
avevano lanciato l'appello allo sciopero generale, ma senza impartire consegne
per la collettivizzazione. Ma già dal 21 luglio, i ferrovieri catalani
collettivizzarono le ferrovie. Il 25 fu la volta dei trasporti urbani - tram,
metro e autobus - il 26 dell'elettricità e il 27 delle agenzie marittime.
L'industria metallurgica fu immediatamente riconvertita alla fabbricazione di
veicoli blindati e di granate per le milizie che partivano per combattere sul
fronte dell'Aragona. In pochi giorni il 70 % delle imprese industriali e commerciali
erano divenute proprietà dei lavoratori.
Nelle imprese collettivizzate veniva insediato un comitato composto da membri
eletti dai sindacati, che si sostituiva al direttore. Quest'ultimo poteva continuare
a lavorare nell'impresa, ma con lo stesso salario degli altri dipendenti. Nella
maggior parte delle imprese con capitali esteri il proprietario rimaneva ufficialmente
al suo posto, ma un comitato operaio prendeva in mano la gestione.
Anche il settore agricolo vide la costituzione di collettività agrarie.
Furono collettivizzati soprattutto i latifondi, i cui proprietari erano fuggiti
nella zona franchista, o erano stati sommariamente giustiziati. Nelle piazze
dei villaggi venivano raccolti e bruciati gli atti di proprietà fondiaria.
I contadini consegnavano alla collettività tutto ciò che possedevano:
terre, attrezzi, animali da tiro ecc. La messa in comune delle terre era vista
come mezzo per battere il nemico, ma serviva anche ad evitare il frazionamento
e a favorire la modernizzazione delle colture. La gestione prevedeva un'assemblea
generale dei contadini, che eleggeva un comitato d'amministrazione, i cui membri
non ricevevano alcun vantaggio materiale.
La cosiddetta "collettivizzazione" è dunque stata un tentativo
di abolizione della proprietà privata, in funzione di un'uguaglianza
sociale.
Al giorno d'oggi il neoliberismo dilagante impone un grande rispetto della proprietà
privata, non tenendo conto degli enormi squilibri esistenti nella nostra società.
Ma qualche limite, pur marginale e non diretto ad un riequilibrio, viene imposto
alla proprietà stessa. L'art. 42 della Costituzione della Repubblica
italiana, 2° comma recita infatti: "La proprietà privata è
riconosciuta dalla legge, che ne determina i modi d'acquisto, di godimento e
i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile
a tutti". Il 3° comma aggiunge: "La proprietà privata può
essere, nei limiti previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per
motivi d'interesse generale". Tali concetti sono ripresi anche all'art.
832 del codice civile.
LEGGE 25/6/1865
N. 2359 (LEGGE FONDAMENTALE)
E' la prima legge dello Stato italiano in materia di espropriazione, ed è
valida ancor oggi per tutte le espropriazioni compiute da privati e anche per
quelle compiute da Enti pubblici, ove non siano da applicare altre leggi speciali:
per questo viene indicata come "legge fondamentale". Essa regola la
dichiarazione di pubblica utilità, individua i soggetti interessati all'espropriazione
(espropriante ed espropriato) nonché l'oggetto dell'espropriazione stessa,
definisce le procedure ammesse e detta i criteri di determinazione dell'indennità.
La dichiarazione di pubblica utilità è pronunciata per legge,
per decreto del presidente della Repubblica, per decreto ministeriale o per
decreto prefettizio. L'espropriante è lo stesso esecutore dell'opera:
può essere lo Stato, un Ente pubblico o un privato. L'espropriato è,
il più delle volte, un privato, ma può anche essere un Ente pubblico
o lo Stato. Oggetto di espropriazione può essere qualsiasi bene, immobile
o mobile, materiale o immateriale, che risulti indispensabile alla realizzazione
dell'opera di pubblica utilità. Su richiesta dei proprietari possono
essere comprese, tra i beni da espropriare, frazioni di terreni o edifici anche
se non indispensabili alla realizzazione delle opere. La procedura espropriativa
individua due momenti significativi ai fini della determinazione dell'indennità:
il momento della dichiarazione di pubblica utilità e il momento dell'esproprio.
Per quanto riguarda le indennità, la legge prevede i seguenti possibili
casi:
1. l'espropriazione totale
2. l'espropriazione parziale
3. l'occupazione temporanea
4. l'imposizione di servitù permanente
Si presenta inoltre la necessità di una stima nel caso, contemplato dalla
legge, della retrocessione del bene al proprietario espropriato.
ESPROPRIAZIONE
TOTALE
Si ha espropriazione totale quando un proprietario viene privato integralmente
di un suo fondo. L'indennità è pari al giusto prezzo che avrebbe
avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita. Per giusto prezzo
deve intendersi il valore di mercato del bene secondo i prezzi correnti al momento
dell'espropriazione, considerato nelle condizioni in cui si trovava al momento
della dichiarazione di pubblica utilità, senza trascurare la sua eventuale
suscettività ad un ordinario miglioramento.
Se il proprietario espropriato è coltivatore del fondo, l'indennità
deve comprendere il valore dei frutti pendenti o delle anticipazioni colturali
presenti al momento dell'occupazione. Se il proprietario non è coltivatore
del fondo, l'indennità per perdita dei frutti pendenti o delle anticipazioni
colturali spetta al coltivatore.
Se il bene espropriato è gravato da diritto d'usufrutto o da altri diritti
reali, tali diritti si trasferiscono sull'indennità d'espropriazione.
ESPROPRIAZIONE
PARZIALE
In caso d'espropriazione parziale l'indennità consiste nella differenza
fra il giusto prezzo che avrebbe avuto l'intero immobile prima dell'occupazione,
e il giusto prezzo che potrà avere la sua parte residua dopo l'occupazione.
Tale criterio di determinazione dell'indennità individua il valore complementare
della parte espropriata rispetto al fondo integro.
OCCUPAZIONE
TEMPORANEA
Per l'esecuzione di un'opera di pubblica utilità possono essere occupati
temporaneamente terreni per l'estrazione di pietre, ghiaia, sabbia, argilla,
ecc., per il deposito di materiali e attrezzature, per l'installazione di magazzini
e cantieri di lavoro, per praticare passaggi provvisori, per aprire canali di
diversione delle acque e per ogni altro uso necessario alla realizzazione dell'opera.
L'occupazione temporanea non può avvenire per i terreni fabbricati né
per quelli recintati da muri. E' anche escluso il prelevamento di materiali
già accumulati dal proprietario per uso proprio. Essa non comporta il
trasferimento della proprietà all'ente esecutore dell'opera, ma fa nascere
a favore di questo un diritto reale di godimento, per il quale deve essere corrisposta
un'indennità.
L'indennità d'occupazione temporanea deve essere determinata tenendo
conto:
a)della perdita dei frutti pendenti e dell'eventuale soprassuolo arboreo;
b)dei mancati redditi durante il periodo d'occupazione;
c)delle spese necessarie a ripristinare le condizioni primitive del fondo al
termine dell'occupazione;
d)del danno conseguente ad una diminuzione transitoria o permanente di reddito,
se il ripristino della situazione primitiva richiede tempi lunghi o non è
possibile.
L'indennità deve essere pagata prima dell'occupazione. Ammesso che siano
prevedibili tutte le future perdite e spese del fondo occupato, esse dovranno
essere accumulate al momento dell'occupazione con l'uso di un saggio medio commerciale.
Fp = frutti pendenti
Vs = valore soprassuolo
Ra = reddito annuo perduto durante il periodo d'occupazione
Sp = spese di ripristino
D = danno per diminuzione transitoria o permanente di reddito dalla fine dell'occupazione
n = durata dell'occupazione
Al fine di consentire all'espropriante di iniziare le opere prima che sia ultimata la pratica d'esproprio, può essere decretata l'occupazione d'urgenza dei terreni, che non può protrarsi oltre i due anni, prorogabile di altri due. Se all'occupazione d'urgenza segue l'esproprio, l'indennità d'occupazione è data dagli interessi semplici al saggio legale calcolati sull'indennità di espropriazione per il tempo di durata dell'occupazione.
IMPOSIZIONE
DI SERVITU' PERMANENTE
Se all'esecuzione dell'opera di pubblica utilità un fondo viene gravato
da servitù, o viene a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita
o dalla diminuzione di un diritto, al suo proprietario spetta un indennizzo.
Sono indennizzabili non solo i danni dovuti alla realizzazione dell'opera, ma
anche quelli dovuti alla sua esistenza e al suo esercizio.
RETROCESSIONE
E VENDITA DEGLI IMMOBILI ESPROPRIATI
Se l'opera di pubblica utilità non è stata seguita nei tempi stabiliti
o il fondo espropriato non ha avuto la destinazione prevista, il proprietario
espropriato può ottenere la retrocessione (restituzione). Egli dovrà
pagare un prezzo corrispondente al valore di mercato del bene al momento della
retrocessione; tale valore non potrà superare l'ammontare dell'indennità
ricevuta al momento dell'espropriazione, a meno che l'espropriante non abbia
eseguito opere che hanno aumentato il valore del bene.
Gli immobili espropriati, che non servono più all'esecuzione dell'opera
pubblica, possono essere posti in vendita dall'espropriante, e i vecchi proprietari
espropriati hanno diritto di prelazione nell'acquisto.
LEGGE 15/1/1885
N. 2892 (LEGGE PER IL RISANAMENTO DELLA CITTA' DI NAPOLI)
Un'epidemia di colera scoppiata a Napoli nel 1884 provocò un gran numero
di vittime nelle zone più malsane della città e rese necessario
l'esproprio di molti stabili degradati, per abbatterli e risanare interi quartieri.
Se il pagamento delle indennità fosse stato determinato con la legge
fondamentale, il Comune avrebbe dovuto sostenere un grande onere finanziario.
Per ridurre quest'ultimo, fu promulgata la legge 15/1/1885 n. 2892, che stabilisce:
"L'indennità dovuta ai proprietari degli immobili espropriati sarà
determinata sulla media del valor venale e dei fitti coacervati dell'ultimo
decennio, purché essi abbiano data certa corrispondente al rispettivo
anno di locazione. In difetto di tali fitti accertati, l'indennità sarà
fissata sull'imponibile netto agli effetti delle imposte sui terreni e sui fabbricati".
Per valor venale si intende il valore di mercato; per fitti coacervati dell'ultimo
decennio, di data certa, si intende la somma aritmetica dei canoni riscossi
dai proprietari, anno per anno, nel decennio precedente l'entrata in vigore
della legge (cioè dal 1875 al 1884).
Se anche uno solo dei canoni risulta indeterminato, si utilizza la somma degli
imponibili degli ultimi dieci anni. Gli imponibili erano le rendite catastali.
Se i fitti hanno data certa, l'indennità risulta:
Ind =
Se i fitti non hanno tutti data certa, l'indennità risulta invece:
Ind =
LEGGE 22/10/1971
N. 865 E SUCCESSIVE INTEGRAZIONI, MODIFICHE E LIMITAZIONI
Per le espropriazioni compiute dagli Enti pubblici incomincia, a partire dal
1971,un periodo di radicali trasformazione. La legge 22/10/1971 n. 865, concernente
programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica, modifiche e integrazioni
di precedenti leggi urbanistiche ed autorizzazioni di spese per interventi straordinari
nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, è
nota anche come "legge per la casa". Essa introduce un nuovo criterio
per la determinazione dell'indennità di esproprio e di occupazione temporanea.
L'indennità viene calcolata sulla base dei valori agricoli medi (VAM)
dei terreni, considerati liberi da contratti agrari, determinati anno per anno
dagli Uffici tecnici erariali. Il valore agricolo medio viene applicato anche,
con particolari correzioni, alle aree comprese nel perimetro urbano, che deve
essere delineato in ogni Comune con apposita delibera consigliare.
La legge 27/6/1974 n. 247 estende il criterio di determinazione dell'indennità della legge 865/1971 a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di interventi da parte dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri Enti pubblici.
La legge 28/1/1977 n. 10, nota come "legge Bucalossi", mantiene il criterio di basare l'indennità sui valori agricoli medi, la cui determinazione non è più affidata agli Uffici tecnici erariali, ma ad apposite Commissioni provinciali.
La legge 3/1/1978 n. 1 stabilisce che le opere pubbliche, il cui progetto sia stato approvato dalla Regione, dalla Provincia o dal Comune, sono implicitamente da considerare di pubblica utilità. Non occorre più quindi una separata dichiarazione di pubblica utilità, né un apposito decreto per l'occupazione d'urgenza dei terreni.
Con una sentenza del 1980, la Corte Costituzionale dichiara illegittimi i criteri di determinazione delle indennità di esproprio e di occupazione temporanea stabiliti dalle leggi 865/1971 e 10/1977. Ma la legge 29/7/1980 n. 835 ("legge tampone") stabilisce che i criteri dichiarati incostituzionali possono valere per la determinazione di un'indennità provvisoria, da conguagliarsi secondo i criteri definitivi che saranno stabiliti da una nuova legge in materia. Una nuova sentenza del 1983 della Corte Costituzionale dichiara nuovamente illegittimi i suddetti criteri di determinazione delle indennità (l. 865/1971 e l. 10/1977), nonché lo stesso criterio dell'indennità provvisoria e del conguaglio stabilito dalla legge tampone. Successive sentenze della Corte di Cassazione hanno poi stabilito che il criterio di determinazione dell'indennità della legge 865, modificati dalla legge 10 è, in via provvisoria, applicabile alle aree agricole, mentre è da considerarsi illegittimo per le aree a vocazione edificatoria, per le quali l'indennità deve essere determinata secondo i criteri della legge fondamentale.
La legge 8/8/1992
n. 359 stabilisce che, fino all'emanazione di un'organica disciplina in materia,
l'indennità di espropriazione per le aree edificabili è pari alla
media del valore venale e del coacervo dei redditi dominicali rivalutati dell'ultimo
decennio, con riduzione del 40 per cento dell'importo così determinato.
La riduzione non si applica se, in qualsiasi momento prima che sia concluso
l'iter della procedura di esproprio, il proprietario acconsente alla cessione
volontaria.
Il decreto legislativo 30/12/1992 n. 504, disciplinante l'ICI (imposta comunale
sugli immobili), stabilisce che l'indennità viene ridotta in relazione
all'eventuale minor valore denunciato nell'ultima dichiarazione ai fini dell'applicazione
dell'imposta. Nel caso invece che il valore denunciato risulti superiore, l'indennità
sarà maggiorata di una quota pari alla differenza tra l'importo dell'imposta
pagata dall'espropriato negli ultimi cinque anni e quello risultante dal computo
dell'imposta effettuato sulla base dell'indennità.
Per la distinzione tra aree agricole e aree edificabili non vale in assoluto la perimetrazione urbana operata dai Comuni, né la destinazione delle aree indicata dai Piani regolatori. La Corte Costituzionale in due sentenze (del 1984 e del 1985) ha stabilito che anche le aree esterne alle zone edificate possono essere considerate edificabili, se ne ricorrono i presupposti oggettivi, quali: l'esistenza di strade pubbliche di collegamento con il nucleo urbano, la presenza di servizi pubblici necessari alla vita cittadina, l'esistenza di una domanda a scopo edificatorio congiunta ad una edificazione già iniziata. La legge 359/1992 conferma tale principio.
NORMATIVA ATTUALE DI DETERMINAZIONE DELLE INDENNITA' D'ESPROPRIAZIONE E DI OCCUPAZIONE TEMPORANEA PER OPERE ED INTERVENTI DA PARTE DI ENTI PUBBLICI
ESPROPRIAZIONE
DI AREE AGRICOLE
Entro il 31 gennaio di ogni anno un'apposita Commissione provinciale determina,
nell'ambito delle singole regioni agrarie, il valore agricolo medio, riferito
al precedente anno solare, dei terreni considerati liberi da vincoli di contratti
agrari, secondo i tipi di coltura praticati. All'espropriando viene offerta
un'indennità provvisoria che comprende:
1.il valore dei terreni coltivati, calcolato moltiplicando la loro superficie
per il valore agricolo medio delle corrispondenti qualità di coltura;
2.il valore dell'area occupata da eventuali fabbricati o da altri manufatti,
calcolato moltiplicando la sua superficie per il valore agricolo medio della
qualità di coltura prevalente nel fondo;
3.il valore, stimato a parte, dei boschi d'alto fusto, se presenti;
4. il valore di costo di ricostruzione dei fabbricati o di altri manufatti,
tenendo conto del loro stato dei conservazione, purché non abusivi o
posti in regola con avvenuta sanatoria;
5.la somma pagata dall'espropriando per qualsiasi imposta relativa all'ultimo
trasferimento dell'immobile precedente l'espropriazione.
Se l'espropriando
non accetta l'indennità provvisoria (è sufficiente che non risponda
entro 30 giorni dalla notifica), gli viene offerta una indennità definitiva
stimata dalla Commissione provinciale sulla base del valore agricolo reale dei
terreni. Tale indennità, non più basata sui valori agricoli medi
ma su quelli reali del fondo espropriato, in caso di espropriazione totale viene
a corrispondere al valore di mercato del fondo, mentre in caso di espropriazione
parziale dovrà considerare anche la complementarietà dei terreni
occupati rispetto alla totalità del fondo.
Se l'espropriando non accetta nemmeno l'indennità stimata dalla Commissione,
ha 30 giorni di tempo per presentare ricorso alla Corte d'Appello.
Se l'espropriando accetta l'indennità provvisoria, l'espropriazione si
trasforma in una cessione volontaria: sostanzialmente diventa una compravendita,
il cui prezzo costituisce l'indennità effettiva.
Se il proprietario coltiva direttamente il fondo, l'indennità effettiva
corrisponde a quella provvisoria triplicata relativamente al valore dei terreni
coltivati e a quello dell'area occupata da fabbricati.
Se il proprietario non coltiva direttamente il fondo, l'indennità effettiva
corrisponde all'indennità provvisoria maggiorata del 50% relativamente
ai valori citati sopra. Sempre in questo caso al fittavolo, mezzadro, colono
o compartecipante che coltivi il fondo da almeno un anno prima che inizi la
procedura espropriativa, spetta un indennizzo pari al valore agricolo medio
dei terreni effettivamente coltivati.
Se sul fondo espropriato sussiste un diritto d'usufrutto, questo si trasferisce
dal fondo alla somma liquidata al proprietaria a titolo di indennità;
se l'usufruttuario coltiva direttamente il fondo, gli spetta un'idennità
aggiuntiva come al fittavolo, mezzadro, ecc.
ESPROPRIAZIONE
DI AREE EDIFICATE O A SUSCETTIVITÀ EDIFICATORIA
Per l'espropriazione di fabbricati urbani, l'indennità di espropriazione
totale o parziale è quella prevista rispettivamente dagli artt. 39 e
40 della legge 2359/1865. Se i fabbricati risultano abusivi e non sanati, la
stima dell'indennità viene fatta con riguardo al solo valore dell'area.
Per l'espropriazione di aree edificabili, l'indennità è quella
stabilita dalla legge 8/8/1992 n. 359, pari alla media tra il valore venale
dell'area (V0) e il coacervo decennale dei suoi redditi dominicali rivalutati,
con riduzione del 40% dell'importo determinato. Si avrà quindi:
Ind =
Alla riduzione del 40 % non si dà luogo se il proprietario acconsente
alla cessione volontaria.
Se l'area è coltivata da un fittavolo, mezzadro ecc. (e sussistono le
altre condizioni viste per le aree agricole), a queste spetta un indennizzo
pari al valore agricolo medio delle colture effettivamente praticate. In questo
caso l'indennità per il fittavolo, mezzadro, ecc. viene sottratta a quella
che verrà liquidata al proprietario (sentenza della Corte Costituzionale
del 3/3/1988 n. 262).
OCCUPAZIONE
TEMPORANEA D'URGENZA (LEGITTIMA)
L'occupazione d'urgenza dei terreni può essere decretata per i motivi
indicati dalla legge fondamentale. Non è necessario alcun decreto per
le opere pubbliche il cui progetto sia stato approvato dalla Regione, dalla
Provincia o dal Comune, poiché i lavori sono da considerare urgenti e
indifferibili. La sua durata massima legittima, che secondo la legge fondamentale
era di due anni prorogabili di altri due, è stata portata a cinque anni
dalla legge 865/1971.
Per le aree agricole l'indennità è pari, per ogni anno intero
d'occupazione, ad un dodicesimo dell'indennità che sarebbe dovuta per
l'espropriazione e, per ciascun mese o frazione di mese d'occupazione, ad un
dodicesimo dell'indennità annua.
Per le aree edificabili, in seguito alla sentenza C.C. n. 5/1980, si deve fare
riferimento alla legge fondamentale: l'indennità sarà cioè
corrispondente agli interessi semplici al saggio legale calcolati sull'indennità
di espropriazione per il tempo di durata dell'occupazione. Al fittavolo, mezzadro,
ecc. non spetta alcuna indennità per occupazione temporanea.
OCCUPAZIONE
ILLEGITTIMA
Se l'occupazione si protrae oltre il termine massimo di cinque anni previsto
dalla legge 865/1971 senza che sia stato emesso il decreto di espropriazione,
l'occupazione diventa illegittima. Se l'opera di pubblica utilità è
stata eseguita o comunque intrapresa, l'acquisizione dei terreni da parte dell'Amministrazione
espropriante diventa irreversibili, e al proprietario spetta un vero e proprio
risarcimento di danni per occupazione abusiva. Per la sentenza della Corte di
Cassazione del 4/2/1982 n. 1755, l'indennizzo da corrispondere al proprietario
a titolo di risarcimento dei danni deve essere determinato come somma delle
seguenti componenti:
1. gli interessi semplici al saggio legale sull'ammontare di quella che sarebbe
stata l'indennità di esproprio, da calcolarsi per tutto il tempo di durata
dell'occupazione legittima;
2. il valore di mercato degli immobili al termine del periodo di occupazione
legittima, o il loro valore complementare, in caso di occupazione parziale;
3. gli interessi semplici al saggio legale sulla somma delle precedenti componenti,
calcolati per il tempo intercorrente fra il termine dell'occupazione legittima
e il momento del pagamento dell'indennizzo.
Il diritto al risarcimento per occupazione abusiva si prescrive entro 5 anni dalla scadenza del periodo di occupazione legittima. Esso si prescrive anche se l'Amministrazione espropriante offre una qualche indennità per l'occupazione abusiva. Per un'area edificabile il proprietario non può pretendere una somma superiore alla media fra il valore venale e il coacervo dei redditi dominicali, aumentata del 10 % (legge 662/1996, collegata alla finanziaria 1997)
LE PROCEDURE
ESPROPRIATIVE
Le procedure espropriative attualmente in vigore sono quelle della legge fondamentale
e della legge 856/1971. L'applicazione della procedura è distinta dall'applicazione
dai criteri di determinazione dell'indennità, così che può
darsi il caso di espropriazioni indennizzate a norma della legge 856 e seguenti
l'iter della legge 2359, e viceversa.
La procedura della legge 2359 è applicata alle espropriazioni richieste
dai privati e a quelle preordinate all'esecuzione di opere di competenza dello
Stato, realizzate direttamente da organi statali o anche da Enti delegati, purché
diversi dalle Regioni: opere dello Stato, delle Regioni stesse, delle Province,
dei Comuni e di altri Enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali.
LA PROCEDURA
SECONDO LA LEGGE FONDAMENTALE
1. Il promotore dell'opera, al fine di ottenere la dichiarazione di pubblica
utilità, rivolge domanda al prefetto, corredandola con un piano di massima
dell'opera da eseguirsi, contenente la descrizione dei fondi da occupare, e
con una relazione indicante la natura e lo scopo delle opere, la spesa presunta
da sostenere, nonché i mezzi di esecuzione e i termini d'inizio e di
completamento dei lavori.
2. La domanda, corredata dal piano di massima e dalla relazione, viene affissa
per un periodo minimo di 15 giorni all'albo del Comune dove l'opera sarà
eseguita e al foglio degli annunzi legali della Provincia. Durante il periodo
di pubblicazione, chiunque abbia interesse può avanzare osservazioni
e presentare reclami.
3. Con l'approvazione del piano di massima, viene dichiarata la pubblica utilità
dell'opera da parte dell'autorità competente. La dichiarazione avviene
per lo più con decreto prefettizio, ma, in certi casi, il decreto può
essere emanato dal Ministero dei LL.PP. o dal presidente della Repubblica.
4. Il promotore dell'opera deve presentare un piano particolareggiato, con l'elenco
degli immobili da espropriare individuati dai dati catastali, l'elenco dei proprietari
espropriandi e i prezzi offerti per l'esproprio.
5. L'autorità competente (Ministero dei LL.PP.) approva il piano particolareggiato
dell'opera. Dopo l'approvazione, il piano, con gli elenchi e i prezzi offerti
di cui al punto precedente, viene depositato per ordine del prefetto in ciascun
Comune interessato all'esecuzione dell'opera e pubblicato agli albi comunali
per 15 giorni. Ogni proprietario interessato può avanzare osservazione
e presentare reclami.
6. Esaminati i ricorsi presentati e prese le decisioni in merito, il prefetto,
con proprio decreto, rende il piano esecutivo.
7. Gli espropriandi che accettano il prezzo offerto ne danno comunicazione scritta
al sindaco, che la trasmette al prefetto. Questa ordina all'espropriante il
pagamento dell'indennità direttamente agli interessati, o il suo deposito
alla Cassa depositi e prestiti. Dopo che il pagamento, o il deposito, è
avvenuto, il prefetto emette il provvedimento che autorizza l'occupazione dei
terreni.
8. Se gli espropriandi non accettano il prezzo offerto, il sindaco ne prende
atto e comunica al prefetto l'elenco dei proprietari dissenzienti. Il prefetto
trasmette l'elenco, assieme al piano particolareggiato, al Tribunale competente.
Il Tribunale nomina entro tre giorni un perito o un collegio di te periti, a
cui affida l'incarico di determinare l'indennità spettante ai proprietari
che non hanno accettato il prezzo offerto; fissando il termine di presentazione
della perizia. I periti devono dare avviso, con pubblicazione all'albo di ogni
Comune interessato fatta con anticipo di almeno tre giorni, del giorno e dell'ora
in cui procederanno al sopralluogo per la stima. Le spese di perizia sono a
carico dell'espropriante, se l'indennità stimata è superiore al
prezzo offerto per più di un decimo di quest'ultimo; sono a carico dell'espropriato,
se l'indennità stimata è inferiore al prezzo offerto per più
di un decimo; sono divise a metà fra espropriante e espropriato, se la
differenza fra indennità stimata e prezzo offerto è inferiore
ad un decimo di quest'ultimo:
9. Il prefetto ordina all'espropriante il deposito dell'indennità stimata
presso la Cassa depositi e prestiti. Avvenuto il deposito, il prefetto emette
il decreto d'espropriazione.
10. Entro 15 giorni dall'emissione dell'autorizzazione all'occupazione dei terreni
o del decreto d'esproprio, con i quali la proprietà dei beni passa dagli
espropriati all'espropriante, questi dovrà provvedere alla trascrizione
degli atti di trasferimento e alle volture catastali.
11. Contro la misura dell'indennità stimata dal perito del Tribunale
l'espropriato o l'espropriante possono presentare ricorso al pretore o al Tribunale.
Contro il prezzo offerto dall'espropriante e accettato dall'espropriato è
altresì ammesso ricorso da parte di terzi aventi diritto sull'indennità.
LA PROCEDURA
SECONDO LA LEGGE 22/10/1971 N. 865
1. L'Ente che promuove il procedimento di espropriazione deposita presso la
Segreteria del Comune, nel cui territorio si trovano gli immobili da espropriare,
una relazione esplicativa delle opere da realizzare, corredata dalle mappe catastali
su cui sono rappresentati i terreni da occupare, dall'elenco dei proprietari
e dalle planimetrie dei piani urbanistici vigenti.
2. Il sindaco, entro 10 giorni, notifica agli espropriandi l'avvenuto deposito
e ne dà pubblica notizia mediante avviso affisso all'albo del Comune
e inserito al foglio degli annunzi legali della Provincia.
3. Trascorsi 15 giorni dall'avvenuta pubblicazione, entro i quali gli interessati
possono depositare nella Segreteria del Comune le loro osservazioni scritte,
il sindaco, entro i successivi 15 giorni, trasmette tutti gli atti, assieme
alle eventuali osservazioni del Comune, al presidente della Giunta regionale.
4. Entro 30 giorni dal ricevimento, il presidente della Giunta regionale, con
decreto costituente provvedimento definitivo, dichiara la pubblica utilità
nonché dove occorre, l'indifferibilità e urgenza delle opere.
Indica altresì l'ammontare dell'indennità provvisoria. In caso
di inadempimento del presidente della Giunta regionale, il decreto è
emesso dal Ministero dei LL.PP. Il decreto è pubblicato sul bollettino
ufficiale della Regione e sul foglio degli annunzi legali della Provincia. L'ammontare
dell'indennità provvisoria è comunicato ai proprietari espropriandi
a cura del presidente della Giunta regionale.
5. Entro 30 giorni dalla comunicazione dell'ammontare dell'indennità
provvisoria, i proprietari espropriandi possono convenire con l'espropriante
la cessione volontaria. Entro lo stesso tempo, i proprietari comunicano per
iscritto al presidente della Giunta regionale e all'espropriante se intendono
accettare l'indennità provvisoria. In caso di silenzio, l'indennità
si intende rifiutata.
6. Decorso il termine di 30 giorni, il presidente della Giunta regionale ordina
all'espropriante il pagamento, entro 60 giorni, delle indennità che siano
state accettate unitamente alle maggiorazioni previste dalla legge.
7. Effettuato il pagamento, l'espropriante rivolge al prefetto richiesta volta
ad ottenere il decreto d'esproprio. Entro 15 giorni dalla richiesta, il prefetto
emana il decreto definitivo d'esproprio. Questo viene notificato ai proprietari,
inserito nel foglio degli annunzi legali della Provincia e trascritto in termini
d'urgenza nei registri immobiliari.
8. Se l'indennità provvisoria non viene esplicitamente accettata nei
termini previsti, il presidente della Giunta regionale richiede alla Commissione
provinciale la determinazione dell'indennità definitiva, che dovrà
avvenire entro 30 giorni dalla richiesta. La Commissione comunica l'ammontare
dell'indennità definitiva all'espropriante. L'espropriante comunica l'indennità
agli espropriandi e deposita la relazione della Commissione provinciale alla
Segreteria del Comune. Il Comune provvede, entro 10 giorni dal deposito, a darne
pubblico avviso mediante affissione all'albo comunale e inserzione al foglio
degli annunzi legali della Provincia.
9. Entro 30 giorni dalla pubblicazione della relazione della Commissione provinciale,
i proprietari espropriandi possono ricorrere presso la Corte d'Appello contro
l'indennità definitiva.
10. Decorso il termine di 30 giorni dalla pubblicazione della relazione, il
presidente della Giunta regionale ordina all'espropriante il pagamento dell'indennità
definitiva a favore dei proprietari che non hanno fatto ricorso in appello e,
per gli altri, il deposito dell'indennità presso la Cassa depositi e
prestiti.
11. Effettuato il pagamento o il deposito, l'iter procede come al precedente
punto 7. Se il pagamento o il deposito avvengono oltre i 60 giorni dall'ordine
emesso dal presidente della Giunta regionale, sono dovuti all'espropriato gli
interessi in misura pari a quella del tasso ufficiale di sconto.
12. Se l'opera, oltre che di pubblica utilità, è stata dichiarata
anche urgente, il decreto d'occupazione d'urgenza è emanato dal prefetto
per le opere di competenza statale, dal presidente della Giunta regionale per
le opere di competenza regionale, dal sindaco o dal presidente della Provincia
per le opere di importanza locale. Tale decreto perde efficacia se, entro tre
mesi dalla sua emanazione, l'occupazione non avviene.
L'indennità di occupazione è determinata dalla Commissione provinciale.
Entro 30 giorni dalla comunicazione dell'indennità e contro la medesima,
gli interessati possono presentare ricorso alla Corte d'Appello.