Cari bambini, avete mai fatto un vostro pupazzo di neve? ...
Ma: uno che vi parli? ...
Ieri c’è stata una bellissima nevicata. Perciò oggi pomeriggio, appena hanno potuto, tanti bambini sono corsi a giocare nel parco.
Anche Bea è andata dopo la merenda, piena di entusiasmo.
Ora è là ed ha trovato alcuni compagni di classe, che abitano in quel quartiere, coi quali è molto affiatata.
E’ inevitabile che si siano messi a fare una bella battaglia a palle di neve, rincorrendosi fin negli angoli più lontani del giardino. Ogni tanto, anche se non necessario, il gioco permette di fare bellissimi ruzzoloni nella neve pulita ed intatta: è troppo divertente lasciarsi cadere, dove nessuno è ancora passato!
Il tempo però scorre veloce. Bea ha il permesso di fermarsi ancora un’oretta, ma per i suoi amici è già arrivata l’ora di rincasare. Qualche fratello è venuto a richiamarli, portando i solleciti delle mamme.
Bea adesso è rimasta sola soletta.
Sì, c’è qualche altro bambino, che però lei non conosce, perciò preferisce restarsene in disparte.
Cosa ha scelto di fare, allora?
E’ andata a vedere, in mezzo al prato, un pupazzo di neve che qualcuno ha iniziato ma non ha completato. I suoi costruttori si sono stancati o, probabilmente, hanno dovuto tornare pure loro a casa.
Bea, dopo avergli fatto due o tre giretti tutt’attorno, commenta tra di sé:
– E’ un vero peccato lasciarlo così … basterebbe davvero poco per terminarlo! –
E ci si mette lei di buona voglia.
Dapprima rimodella la figura del corpo, appena abbozzato, e lo rinforza pressandoci sopra con energia molte manciate di neve.
La testa le sembra troppo piccola per un pupazzo di tale altezza. Perciò la toglie e la ingrandisce rotolandola sulla neve fresca. Quindi le ridà una forma ben rotonda, la rimette al suo posto e lì la fissa con un robusto bastoncino.
Ma ormai non c’è più tempo: è ora di rincasare, altrimenti la mamma resterà in pensiero.
Con la mano saluta il suo pupazzo e promette:
– Ciao Gigi, domani tornerò qui per completarti e farti ancora più bello! –
Avete sentito che Bea ha dato un nome al pupazzo? Vi sembra strano?
No, se pensate che lei è proprio orgogliosa del lavoro che ha fatto.
E' arrivato l'indomani. Lei ha portato avanti mentalmente il progetto. Perciò ritorna nel parco portandosi dietro vari oggetti che le saranno utili: una sciarpa (sfilacciata, ma coi colori ancora brillanti), un cappello a cilindro di cartone (dello scorso carnevale e che ormai non serve più), tappi colorati di varie bibite ed un grosso turacciolo di sughero.
Con sollievo ritrova la sua opera così come ieri l'aveva lasciata:
– Per fortuna, nessuno è venuto qui a distruggere il mio Gigi! –
Piena di entusiasmo si rimette al lavoro. Due bei tappi azzurri diventano gli occhi. Il turacciolo di sughero è proprio quello che ci vuole come naso! Il cilindro nero e la sciarpa rossa gli stanno a pennello e gli ultimi coperchietti rimasti, diventano i bottoni.
Ora l'abbigliamento è completo!
Bea osserva il risultato ed è così soddisfatta che le viene in mente la storia di quel grande scultore che, compiaciuto della sua statua appena terminata, le aveva chiesto di parlare (se siete sapientini sapete che sto parlando di Michelangelo).
Anche lei ora esclama, per gioco:
– Gigi, perché non mi parli? –
Meraviglia delle meraviglie! Il pupazzo di neve le risponde, con voce debole e profonda:
– Cara, se mi fai la bocca, ti portò parlare ancor meglio di adesso! –
Bea resta di stucco:
– Com'è possibile! – esclama.
Non crede alle sue orecchie, se le tocca due, tre volte, ma le sembrano proprio le stesse che ha sempre avuto.
Passato il primo attimo di stupore, si riprende e domanda:
– Davvero tu puoi parlare ... tu? –
– Te l'ho appena detto, cara: ho bisogno soltanto che tu mi crei una bocca, allora le mie parole ti arriveranno più chiare. –
Bea, eccitata, va a cercare nel prato e nel vialetto qualcosa che possa servire. Trova un bel rametto; gli toglie le foglie rimaste, lo accorcia e lo incurva un pochino.
Non rimane che posizionarlo sulla faccia del pupazzo nel punto giusto, in modo da sembrare una grande bocca sorridente. Fatto! Sembra ok!
Gigi subito ringrazia:
– Grazie Bea, ora mi sento a posto e completo. Ero un semplice mucchio di neve e se tu non mi avessi trasformato nel pupazzo che ora sono, sarei rimasto inutile e insignificante fino alla fine dell'inverno.
Ti ringrazio tantissimo. Sono così felice che se potessi ti darei un bacio, per dimostrarti quanto ti voglio bene! –
Bea, toccata dai suoi modi così affettuosi, gli risponde subito:
– Ti ho fatto io, Gigi, anch'io ti voglio bene! –
E non sa trattenersi dal buttare le braccia attorno al pupazzo, restandogli attaccata e ben stretta, nonostante il freddo della neve.
Riapre il suo abbraccio solo quando Gigi le sussurra preoccupato:
– Stai attenta Bea, ancora un po' e mi farai sciogliere ... vedi ho già alcune gocce, che mi scendono come lacrime, ma sono lacrime di gioia! –
Bea si stacca e dice raggiante:
– Caro Gigi, ho pensato di portarti un regalo, che ti farà ancora più bello. So costruire delle stupende stelle di carta colorata. Ne farò una proprio per te e te la metterò qui sul petto! –
Ma il pupazzo, saggiamente le fa osservare:
– Bambina mia, se sarà una bella stella, qualcuno vorrà portarmela via, non credi? –
– E’ vero, Gigi, allora te ne farò una piccolina – lei replica.
– Sarebbe meglio che tu la nascondessi un poco. Puoi mettermela qui sul petto, coprendola con un una manciata di neve, non credi? –
– Molto bene Gigi, domani faremo così come tu dici. –
Puntuale, l’indomani la bimba è lì sul prato dal suo amico. Ha costruito una bellissima stellina di carta plastificata, intrecciando ben tre colori diversi: è davvero un piccolo capolavoro di pazienza.
Bea scava un buchetto in centro al petto del pupazzo e lì la nasconde. Quindi richiude e liscia la zona con la neve, in modo che nessuno possa immaginare che celi qualcosa all’interno.
– Sono proprio soddisfatta – conclude.
– Lavoretto perfetto! – commenta allora il pupazzo e aggiunge – Cara Bea, questa stellina adesso è il mio cuore! –
Siccome a Gigi è piaciuta molto la stellina, Bea gli parla di sé e delle altre cose che le piace fare a scuola e nel tempo libero. Poi chiede anche a lui:
– E tu cosa fai quando stai qui tutto solo? –
– Mi piace guardare i bambini che giocano: è bello vederli così felici.
Ma guardo anche gli adulti che passano qui accanto tutti frettolosi ed indaffarati. Allora cerco di immaginare dove vadano e che cosa facciano. Se poi passa qualcuno col viso scuro e rattristato, cerco di pensare che la giornata diventerà bella anche per lui.
Insomma: vorrei che tutti fossero felici! –
– Caro Gigi, ti voglio ancora più bene, perché tu, anche se sei un pupazzo, parli come un uomo buono ... anzi: più buono di tanti uomini che conosco! –
– Bambina mia, io sono così perchè sono vecchio, ovvero, è vecchia l'acqua di cui sono fatto: vecchia quasi come il mondo. Perciò ha visto e conosce tutto degli uomini! –
A Bea piace parlare col suo pupazzo ed al momento di salutarlo gli promette che tornerà a trovarlo ogni volta che potrà.
Passano alcuni giorni.
Gigi è così ben costruito che nessun bambino osa andare a distruggerlo o rovinarlo.
C'è solo il pericolo che lo possa sciogliere il sole, quando si fa vedere in cielo, o che qualche merlo nero o uccelletto affamato venga a strappargli un coperchietto colorato, immaginando che si tratti di cibo.
Il parco dove sta Gigi è quasi sul percorso che Bea deva fare per andare e tornare da scuola.
Finora, come promesso, lei al ritorno allunga volentieri la strada per fargli una visitina.
Si ferma per salutarlo, stare con lui e risistemarlo, se il sole o gli uccellini lo hanno danneggiato.
Gigi è molto felice di poterla rivedere e di chiacchierare insieme.
Insomma: finora i due hanno continuato a restare buoni amici.
Ma le cose di questo mondo difficilmente rimangono sempre le stesse, perciò anche qui arriva il cambiamento.
Infatti, è già da qualche giorno che Bea non va più a trovare Gigi. I suoi impegni scolastici si prolungano con attività nuove, che la obbligano a rientrare a casa di gran fretta per un'altra strada.
Invece, Gigi è sempre là, al centro del suo prato.
Fino a ieri era rimasto abbastanza intatto, ma oggi un tiepido sole si è fatto vedere per alcune ore, sciogliendolo un po’.
Risultato: la sua testa si è deformata ed il tappo del naso è rotolato chissà dove, nel prato.
Passa ancora qualche giorno.
Il pupazzo ha perso completamente il suo aspetto: si è trasformato in un mucchio di blocchi neve.
Il suo abbigliamento è sparito!
Un cagnolino gli ha rubato la sciarpa, portandola per gioco in un angolo lontano.
Due ragazzini hanno deciso che il cilindro di cartone poteva diventare un pallone e si sono divertiti prendendolo a calci, fino a distruggerlo del tutto.
Dopo una settimana al posto di Gigi non è rimasto altro che un basso, indistinto cumulo di neve.
Davvero tutto sparito?
Ma no! Qualcosa di diverso, di particolare lì c'è ancora.
Se provaste a scavare in mezzo a quel cumulo di neve, potreste riuscire a trovare la stellina colorata, che Bea aveva celato in mezzo al petto di Gigi, al posto del cuore.
Nessuno lo sa: soltanto Bea che gliel'ha donata.
Forse a primavera qualcuno la troverà e la raccoglierà in mezzo all’erba. I cuori non si possono sciogliere. Sarà una lieta sorpresa e Bea avrà un altro amico senza averlo conosciuto.
Ma, a parte la stellina, è tutto finito così: in niente?
No, cari miei! Ci sono cose che non si cancellano, perché lasciano, pur se debole, la loro traccia. Diciamo: un soffio, un eco o qualche segno nel cuore e nell’anima, che prima o poi ritorna.
Quindi, possiamo pensare che Bea, anche da grande, non perderà del tutto il ricordo di Gigi, quando ripenserà a quel periodo della sua vita. E poi, le tornerà certamente in mente, anno dopo anno, ogni volta che vedrà un pupazzo di neve.
Per quanto poi riguarda Gigi, l’acqua di cui è fatto non è andata perduta.
Come avete studiato a scuola, è stata assorbita dal terreno per raccogliersi in qualche ruscello, poi in un fiume, che l'ha portata fino al mare. Quando da lì evaporerà, si condenserà in una nuvola, pronta a ricadere prima o poi sulla terra.
Forse c’è proprio lui in quelle gocce di pioggia che, dispettose, vanno a bagnare la fronte ed il ciuffo di Bea? Lei, distratta, oggi s’è dimenticata a casa l’ombrello.
Ma sì, è proprio così: quelle gocce di pioggia sono carezze di Gigi!
G.A.