La Chimera

Cari ragazzi, sapete cos’è una “Chimera”?
Nel parlare comune, per "chimera" s'intende un desiderio irraggiungibile e impossibile, un'idea senza fondamento.
Ma la "Chimera" è anzitutto un personaggio della mitologia greca: un mostro terribile, alato e col corpo combinato mettendo insieme parti di animali diversi. In particolare, con tre teste: una di leone con occhi di fuoco, una di capra rabbiosa e, in cima alla coda, la testa di un grosso serpente velenoso.
La leggenda racconta che fu un eroe, Bellerofonte, che alla fine riuscì a liberare gli uomini dalle stragi, dalle devastazioni e dalle pestilenze che quel mostro seminava attorno a sé.
Ma vi sono altre Chimere in altre antiche leggende: comunque erano sempre terribili mostri.

Anche nella mia favola ce n'è una e c'è un principe forte e coraggioso che cercherà di sconfiggerla.



Al principe Fabio, da bambino, piaceva tantissimo giocare alla lotta e combattere.
Aveva ricevuto in regalo una bella spada di legno, dipinta d'oro e d'argento. Nonostante la semplicità ed il modesto valore, quel giocattolo era uno dei suoi preferiti. Gli piaceva imbracciarla e, agitandola nell'aria, immaginava di combattere contro chissà quali terribili nemici e sconfiggerli.
Fabio bambino Per fare più bello il gioco, il vecchio re, suo nonno, gli aveva regalato anche uno scudo di cartone, con il disegno di un drago colorato. Ed il nonno, spesso doveva ingaggiare con lui un finto duello, come "sparring partner", fingendo di essere il suo nemico.

Erano brevi scaramucce, brevi perché, pur con armi di legno, c'era il rischio di farsi male. Alla fine, per distrarlo quando il gioco doveva interrompersi, il nonno gli diceva:
– Caro Fabio, le armi più importanti non sono le spade e le lance, ma la tua intelligenza e la tua furbizia. È con quelle che dovrai combattere se vorrai essere certo di vincere! –

Passa qualche anno, Fabio diventa giovinetto, poi ragazzo e al gioco della guerra si sostituiscono le lezioni coi migliori maestri d'armi, che suo padre, divenuto re, chiama a corte per completare la sua educazione. Così diventa un principe coraggioso e valoroso, ma senza mai dimenticare quali siano le armi più importanti, secondo gli insegnamenti del nonno.

Diventato maggiorenne, come ogni nobile e generoso cavaliere, Fabio sente il desiderio di girare il mondo, per conoscere cose nuove e per mettere a profitto degli altri il suo coraggio e le sue virtù.
Il padre gli concede di partire in cerca di ciò che desidera, con la promessa che avrebbe fatto ritorno entro l’anno successivo.
Così, salutati i genitori, i suoi cari e gli amici, il nostro principe inizia il suo viaggio avventuroso.

Fabio cavalca per diversi giorni, seguendo il corso del sole, verso i confini occidentali del regno. In ogni nuovo luogo dove arriva si informa se lì incomba qualche pericolo o cattiva magia.
Ma le risposte sono sempre le stesse:
– Signor principe, da queste parti non c'è alcun grave pericolo che ci minacci. –
Così, non essendoci bisogno del suo aiuto, ogni mattino Fabio riparte per andare verso occidente, in luoghi ancora più lontani.

Il suo viaggio prosegue, di paese in paese, finché un giorno si trova a percorrere un sentiero lungo la riva di un fiume. È una splendida giornata e il panorama tutt'intorno è bellissimo. Certamente non è un luogo dove possano avvenire cattiverie e brutte cose. Comunque, quando incontra alcune lavandaie, Fabio vuole egualmente informarsi e le saluta dicendo:
– Buongiorno brave lavandaie! Che bello il vostro fiume, non ho mai visto un'acqua così pura e cristallina ... –
– Signor cavaliere – gli rispondono – adesso è limpido e pulito, ma non è sempre così. Purtroppo in certi giorni diventa talmente scuro e sporco che non è più possibile farci il bucato! –

Le lavandaie Fabio si ferma, scende da cavallo: vuole rinfrescarsi in quell'acqua così invitante ed allora la più chiacchierona delle lavandaie ne approfitta per continuare il discorso:
– Quando il fiume diventa brutto, la sua acqua è più nera dell'inchiostro. Qualunque cosa ci immergiamo diventa così scura e puzzolente da doverla gettar via. In quei giorni anche tutte le sorgenti e le fontane qui attorno diventano inservibili e, finché il maleficio non si esaurisce, non possiamo usare l'acqua né per lavarci né per dissetarci. –
– Non sapete perché avvenga così? – chiede Fabio.
– Nessuno è mai riuscito a capirne il motivo – è la risposta – bisognerebbe risalire il corso del fiume per andare a vedere che cosa mai accade laggiù. –
E la donna indica a Fabio una montagna lontanissima, quasi all'orizzonte.

È una grande scura e tozza collina, diversa dai monti che le stanno attorno.
– È da là che viene il fiume? – chiede Fabio.
– Così dicono, bel cavaliere, però nessuno c'è mai stato, o meglio, nessuno di quelli che è andato fin là, è mai tornato a confermarlo e nessuno ha più il coraggio di riprovarci! –
A quelle parole Fabio avverte un fremito dentro di sé e capisce che là potrà trovare proprio quello che sta cercando!
Rimontando subito a cavallo, esclama deciso:
– Andrò io a vedere che cosa mai si nasconda su quella montagna! –

Per arrivarci a piedi occorrerebbero più di quattro giorni di cammino, ma a cavallo soltanto un paio. Lui cavalca e cavalca ancora, finché arriva sera.
Alla locanda Un giorno già è passato. Entro domani Fabio dovrebbe arrivare alla montagna, ma ormai è quasi notte, così si ferma in una locanda.
Mentre la moglie dell'oste gli riscalda una zuppa, Fabio chiede informazioni sulla montagna che vuole raggiungere.
– Non ci vada, signore mio, non ci vada! – la donna gli ripete preoccupata.
Ed il marito le fa eco: – Non consiglierei a nessuno di andare da quelle parti! –
– Ma ditemi perché, che cosa c'è di così pericoloso? –
– Signor cavaliere, domattina le basterà fare poca strada per accorgersene da solo! A poco meno di un'ora da qui, già potrà rendersene conto guardandosi attorno ... –

Un po' spazientito e confuso Fabio insiste:
– Ditemi, senza timore, cosa mai dovrei trovare ad un’ora di strada da qui? –
Abbassando la voce e chinandosi un poco verso di lui, l'uomo sussurra:
– Su quella scura, maledetta montagna abita ... la Chimera!!! –
– La Chimera? E che cos'è mai! –
– Signor cavaliere, è un essere mostruoso, la combinazione di animali brutti e feroci. Ha tre teste: una di leone crudele, una di capraccia furiosa e una di serpente velenoso! –
– Ma io non ho paura, caro oste, io posso combattere contro qualunque mostro! –

Allora la donna si avvicina a Fabio e gli sussurra a bassa voce:
– Ma come farà? Dicono che non la si deve guardare, perché la testa di leone ha occhi di fuoco che lanciano lampi che impietriscono! Trasformano in pietra gli sventurati che, apposta o senza volere, incrociano il suo sguardo. –
E il marito continua:
– Li vedrà lei stesso, mio signore, a meno di un'ora di strada da qui, già incontrerà qualche disgraziato, rimasto vittima del maleficio. Troverà sulla strada molte statue di pietra nelle posizioni più strane: sono i poveretti che per caso e per disgrazia, lì dove stanno ancor oggi, hanno incontrata la Chimera. –

E la moglie dell'oste prosegue:
– Chi si accorge della sua presenza deve subito coprirsi gli occhi e chinarsi per farsi piccino, sperando che la Chimera lo ignori e non infierisca su di lui. Chi osa alzare gli occhi resta fulminato e pietrificato all'istante, trasformato in una grigia statua di sasso dalla testa ai piedi, compresi gli indumenti e gli oggetti indossati! –
Ma più il racconto è terrificante, più si rafforza in Fabio la voglia di andare ad uccidere il mostro.
E l'indomani all'alba è già sulla strada verso la montagna della Chimera.

Come gli era stato detto alla locanda, lungo il cammino comincia ad incontrare le vittime del mostro. Sono scure, grigie statue di sasso, pietrificate nella posizione che avevano al momento del maleficio.
Le persone pietrificate Molte sono su un piede solo, perché bloccate nel tentativo di fuggire.
E i loro visi di pietra mostrano tante espressioni di terrore che non lasciano dubbi.
Due persone abbracciate sono diventate un’unica statua: avevano deciso di finire insieme la loro vita, consce che ormai era impossibile sfuggire.
Ecco la statua di una donna, china che tende le braccia al suo bimbo che, caduto nella corsa, allunga le mani in cerca d'aiuto: forse se non fosse inciampato non avrebbero rallentato la loro fuga ed avrebbero potuto salvarsi!
– Che disgrazie! Che dolore! – si ripete Fabio ad ogni triste incontro.

Commovendosi per le sventure che man mano incontra, dopo qualche ora di strada, Fabio finalmente giunge ai piedi della scura montagna della Chimera e comincia a risalirla attraverso la cupa boscaglia che ricopre i suoi pendii.
Il posto è davvero lugubre e terrificante solo a guardarlo: è la montagna più brutta che mai abbia visto, con la foresta più tetra.
– Il mostro s’è scelto una tana davvero adatta alla sua cattiveria! – pensa Fabio.

Avvicinandosi alla cima, comincia a sentire sordi brontolii, sempre più forti, mentre il terreno stesso trema e sussulta: gli sembra di essere sui fianchi di un vulcano.
Fabio decide allora di abbandonare il cavallo, rimandandolo a valle, e prosegue da solo, a piedi.
La cima della collina è di nuda e scura roccia. Là si apre una grotta ancora più nera: la dimora del mostro.
Fabio per il momento resta nascosto, a discreta distanza.
È sempre buona regola studiare il nemico prima di attaccarlo.

Quando la Chimera esce dal suo antro, il principe ha tutte la conferme del terrore che semina attorno a sé e della forza malvagia di quell'essere.
Scalpita come una furia e sa correre rapida come un lampo. Con le ali può poi fare balzi lunghissimi.
Ruggisce più forte del tuono, mentre la testa di capra emette muggiti disumani e quella di serpente si agita furiosa da ogni parte, lanciando sputi, sibili e fischi sgraziati.
Basterebbe soltanto vederla per perdere la voglia di combatterla. Ma il principe Fabio non ne è affatto intimidito e dopo averla osservata per un po', decide di tentare il suo attacco.
E sa bene che non deve assolutamente incrociare gli occhi fiammanti della testa di leone

La lotta Inizia la lotta!
Fabio combatte con gli occhi bendati e ben chiusi.
Si fa guidare dai rumori e, là dove li avverte, là mena tremendi colpi di spada.
Qualche fendente va a segno e ferisce la Chimera, ma non è una lotta alla pari.
Il mostro sta avendo la meglio: morsi, zampate e incornate producono altrettante dolorose ferite nel corpo del principe, che alla fine decide di ritirarsi e cercare un posto dove riprendere fiato.
Ha perso una battaglia, ma la guerra potrà continuare!

Fabio è sceso a valle in cerca d'acqua e di un riparo. Ritrova il suo cavallo e una piccola grotta in cui nascondersi insieme.
Stringendo i denti, si medica come può le ferite.
È stanco e provato dalla lotta: ha bisogno di riposare e si addormenta.
Le ferite fanno male, ma il dolore può diventare una medicina che ti aiuta a guarire e può essere il tuo amico prezioso che ti suggerisce le cose da fare.
Avviene proprio così, infatti nel sonno tormentato Fabio sogna il nonno e lo ricorda mentre gli dava i suoi saggi consigli:
– La forza non è tutto: occorrono astuzia e intelligenza! –
Nel sogno la sua mente comincia a progettare una nuova strategia per combattere la Chimera. C'è un pensiero sempre più chiaro:
– Occorre accecare la Chimera in modo da eliminare la sua arma più potente! –
Al risveglio la nuova idea si è completata e gli dà volontà e forza necessarie per riprendere la lotta.

Lungo la riva del fiume Fabio va a cercare la sabbia depositata dalla corrente e con quella comincia a strofinare la superficie di metallo del suo scudo. Sempre più delicatamente e con sabbia sempre più fine.
Man mano che procede ne aumenta la lucentezza, sempre di più, finché, soddisfatto, può verificare che il suo viso si riflette benissimo sullo scudo, che è diventato quasi uno specchio.
Ha seguito gli insegnamenti del vecchio nonno, ha usato la sua intelligenza. Ora ha quello che gli mancava per combattere e vincere.

Sentendosi pronto è pieno di nuova forza, risale di nuovo la montagna fino alla grotta della Chimera: ecco là il mostro. Fabio gli si avanza contro con la spada sguainata, riparandosi gli occhi e il viso dietro allo scudo.
Appena lo vedono, le tre teste del mostro lanciano le loro sgraziate grida di esultanza, certe di poterlo sopraffare come già era avvenuto.
Il serpente sputa, si allunga e si torce, schioccando il suo corpo nell'aria come una frusta.
La capra muggisce feroce e scalpita con mille scintille sotto agli zoccoli.
Fra tremendi ruggiti il leone comincia a lanciare i suoi dardi accecanti dagli occhi di fuoco.
Ma lo scudo è diventato uno specchio che può rimandarli indietro.

L'astuzia di Fabio ha successo: i raggi di fuoco, riflessi, stanno tornando là da dove provengono, colpendo il leone dentro ai suoi stessi occhi, ferendo la belva con le sue stesse armi!
Il leone accecato da se stesso sta perdendo la sua arma invincibile: ora non può più impietrire col suo sguardo!

Lo scudo riflette La lotta è diventata favorevole al principe che adesso può guardare il mostro e menare con precisione tremendi colpi di spada.
Ecco che recide netta la testa del serpente con forza tale da farla volare alta nell'aria. Pur se mozzata ancora stride, poi ricade sulla roccia, dove scava un buco nero e profondo da cui continuano ad uscire i suoi sibili.
Il leone accecato e disorientato è ora così stordito e rabbioso che nella furia finisce per addentare la propria testa di capra. La stringe tra le mascelle e, nonostante i belati disperati, la sbrana tra stridenti scricchiolii di ossa.
Manca un ultimo colpo preciso: Fabio mira al suo cuore e lì infila fino all'elsa la spada, tra zampilli di sangue più nero del carbone.
Il lamento, il ruggito della Chimera è spaventoso. Tutta la valle ne rimbomba. Il mostro indietreggia, cercando un ultimo, inutile rifugio nella sua nera grotta. Ma ormai è ferito a morte!

La montagna comincia a tremare. Il terremoto è sempre più forte e Fabio comprende che deve fuggire e discende di corsa, riattraversando tutta la foresta.
Appena in tempo! La nera cima del monte comincia a franare.
La montagna sembra sul punto di esplodere, ma non avviene così, al contrario: sta divorando se stessa.
Sta diventando più bassa, poi ancora di più e di più, per poi scomparire del tutto.
Al suo posto ora c'è un vasto, piatto pianoro con al centro la sorgente del fiume.

Fabio è molto provato e stanco, ha bisogno di riposare e s'addormenta. Al risveglio è già scesa la sera.
La scura montagna della Chimera non c’è più. Al suo posto si possono vedere le stelle del cielo ed una grande magnifica luna, che sembra voglia dirgli:
– Ora, torna a casa! –
E lui, soddisfatto delle sue imprese coraggiose, inizia il cammino di ritorno verso gli affetti e la sua città.
Sta cavalcando verso oriente: là dove domani sorgerà il sole.
Il suo cuore è contento: sarà una giornata bellissima!


L'alba



G.A.

Ritorno alle altre Favole



© Copyright Giorgio Altichieri - 4/2015 Tutti i diritti riservati.